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Isolone di Bertolla, scrigno di biodiversità al centro di Torino

All'isolone di Bertolla, poco lontano dalla città torinese, la natura ha un progetto: quello di riprendersi i suoi spazi.

  • Laura Succi
  • Marzo 2020
Venerdì, 27 Marzo 2020
Airone cenerino in volo  Airone cenerino in volo

L'Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese (che a inizio luglio si unirà alle Aree protette del Po vercellese-alessandrino con il nome di Parco naturale del Po piemontese) sta provvedendo, grazie alla concessione da parte dell'Agenzia del Demanio, a rinnovare la gran parte di quell'area 'naturale' - non tutta però, perché su una porzione di terreni IREN e SMAT hanno impianti - e a ricostruire proprio quell'ambiente a rada vegetazione fluviale che c'era in origine sull'isola.

L'Isolone di Bertolla, che fa blocco con il Parco del Meisino, è una riserva naturale anomala e preziosa, incastonata com'è nel bel mezzo del tessuto urbano della Città di Torino, ma allo stesso tempo inserita nella Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità.

E conservare la biodiversità, come nel caso dell'isolone, significa anche fare interventi risolutivi: rimuovere pioppi da coltivazione piantati una trentina di anni fa, che oggi sono marcescenti oppure schiantati a terra, e liberarsi della vegetazione esotica, talmente vigorosa e tappezzante da non lasciare crescere nient'altro che le sue liane fogliose.

Un laboratorio di progetti 

Sono proprio queste le indicazioni di Arpa Piemonte l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale che si occupa di valutare le potenziali interferenze negative dei progetti ricadenti in Rete Natura 2000: "La rimozione dei pioppi è un intervento preparatorio al ripristino dell'ecosistema fluviale, un ambiente dinamico regolato dalle piene fluviali, caratterizzato da forme e depositi alluvionali molto diversi e soggetto a condizioni di umidità variabili a cui corrispondono altrettanti tipi di habitat; nel mosaico golenale ci sono ambienti a bosco maturo a grandi alberi, boschi pionieri a piccoli alberi, ma anche radure erbacee, a volte anche stranamente aride, greti ghiaiosi a rada vegetazione, macchie di arbusti e zone umide temporanee o relativamente stabili, in una varietà che crea i presupposti per un'alta ricchezza di specie animali e vegetali", spiega Enrico Rivella, biologo di Arpa Piemonte.

"I tentativi fatti nei decenni scorsi di coltivare questi terreni introducendo una monocoltura intensiva come quella del pioppeto industriale, fatta con ibridi clonali che non hanno a che vedere con le specie spontanee adattate a questi ambienti come il pioppo nero e bianco, ha di fatto bloccato la libertà delle acque di plasmare l'ambiente di pertinenza fluviale, sottraendo spazi all'interazione tra le specie e arrecando anche un danno sociale per la loro facile scalzabilità in caso di piena che va a generare erosione e dissesto a valle. La rimozione di questi alberi non autoctoni non va quindi vista come una perdita di patrimonio arboreo, precisa perciò Rivella, ma come un'operazione di ingegneria ecologica, per favorire il restauro di condizioni in cui anche le comunità boschive possono ricrescere più stabili e funzionali, anche in termini di resistenza alle piene. Siamo poi in una fase storica nella quale anche nelle nostre città bisogna ribaltare la logica della tutela di singole piante arboree per passare a costruire comunità complesse in equilibrio con elementi naturali come i fiumi".

La costruzione di comunità complesse

Per aggiungere ancora altra materia si può dire che la costruzione di comunità complesse va ben oltre la sfera del mondo vegetale, ma permea tutti gli esseri viventi, umani compresi, e quindi ha un grande impatto sulla nostra salute come ben hanno spiegato a Giovedì Scienza Paola Bonfante, professoressa emerita di biologia vegetale all'Università di Torino, e Renato Bruni, docente di Botanica e Biologia farmaceutica all'Università di Parma: "Quel che avviene nel suolo, sulle foglie e persino dentro alle piante non è un fenomeno unico: anche quando noi umani sorseggiamo un tè non siamo mai davvero soli. Ci fanno compagnia molti miliardi di organismi sparsi tra il nostro intestino e la nostra pelle, commensali silenziosi e più o meno controllati. In alcuni casi esiste un filo che collega queste relazioni e il suo capo termina nell'agricoltura, nella salute e nella conoscenza del mondo che ci circonda". 

Perciò, per ricostruire l'ecosistema dell'isolone di Bertolla, è stata coinvolta dall'Ente parco, con una convenzione, l'azienda agricola Gramaglia: Barbara e Bruno, un centinaio di pecore, 8 asini, dei pony e alcune capre (ci sono anche degli agnellini e degli asinelli nati da pochi mesi): le pecore e gli animali da pascolo sono infatti degli aiutanti indispensabili per tenere sotto controllo le specie invasive e hanno il vantaggio intrinseco di concimare il terreno, fattore indispensabile affinché il suolo sia in grado di accogliere, in un secondo momento, nuove piante autoctone.

L'impegno è grande per i Gramaglia, non rimuovono solo le piante invasive ma anche materassi, bidoni e plastica portata dall'incuria e dalle varie alluvioni "Lo scorso novembre c'è stata una piena del Po e il Meisino è stato sfollato. L'isolone solo un poco più in alto, l'acqua stava già salendo, altri dieci centimetri e si sarebbe portata nel fiume i tronchi marci che sono sul terreno" racconta Bruno.

La garzaia di aironi cenerini

C'è pure una garzaia di aironi cenerini sull'isolone e quell'area giustamente è off limit, lì non viene fatto alcun intervento per evitare qualsiasi disturbo. Negli ultimi anni il loro numero è comunque diminuito spiega Gianfranco Alessandria, coordinatore regionale per conto del GPSO (Gruppo Piemontese Studi Ornitologici) del progetto garzaie dell'Università di Pavia e membro del Comitato scientifico di AVES Piemonte che da 30 anni segue gli aironi e le specie di uccelli legati all'ambiente di risaia: "Non sappiamo con certezza che cosa succederà in futuro, magari scomparirà del tutto oppure si rinnoverà, ha avuto una punta massima negli anni '80 con un centinaio di nidi, poi un marcato decremento, dopo al 2018 hanno ripreso a risalire e nel 2019 ne sono stati rilevati una trentina".

Ma qual è la ragione di queste variazioni numeriche? "Secondo me c'è una relazione con la chiusura della discarica di Basse di Stura, spiega Alessandria. "Anche il nibbio bruno che nidificava, e nidifica ancora, a Bertolla, formava colonie in tutta l'area a nord di Torino che nel tempo si sono disperse. Un altro fattore che può essere determinante è il freddo, infatti inverni con temperature molto rigide possono anche essere causa di morte per gli adulti, a maggior ragione quindi se si ripresentassero inverni molto freddi la mortalità aumenterebbe perché dopo tutta questa sequenza di stagioni calde non sarebbero più abituati a sopportarli. Un altro motivo può essere dovuto ai trasferimenti e alla riproduzione nelle garzaie dei dintorni, che sono perfettamente naturali per questa specie, la garzaia di Bertolla fa infatti parte di una corona di garzaie che circonda l'area metropolitana torinese".

Nessuno disturba gli aironi e nulla è lasciato al caso a Bertolla. Gli interventi sono realizzati seguendo delle regole precise e tutti i lavori vengono monitorati: parte della superficie non viene assolutamente toccata, tutte le piante autoctone sono conservate e perfino qualche pioppo schiantato è lasciato a terra volutamente, perché il legno che marcisce serve da nutrimento per gli insetti e per i piccoli animali del sottobosco, pure per i vermi, e per un'infinità di esseri che magari nemmeno vediamo ma che partecipano tutti insieme alla danza della vita; quelli di cui scrive Olga Tokarczuk, la scrittrice polacca premio Nobel nel 2018, nel libro Guida il tuo carro sulle ossa dei morti: "Comuni tronchi d'albero si rivelarono regni di Creature che scavavano corridoi, celle, passaggi e lì deponevano le loro preziose uova. Boros sollevava lo strame e mi mostrava altri tipi di insetti rari e meno rari... Gli chiesi quali fossero utili, e questa domanda indignò molto Boros. Dal punto di vista della natura non ci sono creature utili e inutili. E' solo una differenziazione poco intelligente adottata dagli uomini".

Nel suo libro Olga dà molto valore al personaggio che chiama Buona Novella e una natura rinnovata è sempre una buona novella. E in termini più concreti è un grande vantaggio per tutti.

 

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