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Quando i parchi sono socialmente utili

La legge prevede i cosiddetti 'lavori di pubblica utilità' come un'alternativa alla detenzione per reati non gravi. In Piemonte è possibile svolgerli anche in alcune aree naturali protette. 

  • Alessandro Paolini
  • Febbraio 2020
Lunedì, 17 Febbraio 2020
Lavori di Pubblica Utilità al Po torinese: bonifica di terreno da rizomi di bambù - Foto Orazio Dominici Lavori di Pubblica Utilità al Po torinese: bonifica di terreno da rizomi di bambù - Foto Orazio Dominici

Quando si parla di funzione sociale dei parchi si pensa, innanzitutto, alla tutela e alla conservazione dell'ambiente naturale, fondamentale sia per noi che per le generazioni che ci seguiranno, oppure alle occasioni ricreative e turistiche che ci offrono abitualmente. 

Ma c'è un'altra funzione sociale delle aree naturali protette - non molto conosciuta per la verità, eppure particolarmente interessante da raccontare - che consiste nell'offrire a chi ha arrecato un danno alla collettività l'opportunità di rimediare con la prestazione di un "lavoro di pubblica utilità" in un parco, volontario e non retribuito, che vada a beneficio di tutti e a "riparazione" dell'errore commesso.

Cosa sono i lavori di pubblica utilità

La legge prevede che, in alcuni e limitati casi, coloro che hanno commesso un reato, purchè non grave, possano venire "messi alla prova" ed evitare così il carcere.

Si parla di reati "lievi", intendendo quelli punibili con il pagamento di una sanzione pecuniaria o con una reclusione massima di quattro anni.

L'avvocato dell'imputato chiede al giudice la sospensione del procedimento penale e l'accesso in alternativa alla detenzione ai Lavori di Pubblica Utilità; se stabilito dal giudice, il procedimento è sospeso in attesa della conferma del buon esito del programma di recupero redatto dall'assistente sociale dell'UEPE (Ufficio esecuzione penale esterna) che ha in carico il soggetto.

La "messa alla prova" (questo il nome dell'istituto giuridico) può essere concessa al richiedente una sola volta ed è subordinata alla "prestazione di un lavoro di pubblica utilità, cioè non retribuito (assegnato tenendo anche conto delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell'imputato) e di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti od organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato".

Se la prova viene superata, il reato viene dichiarato estinto e non lascia traccia sulla fedina penale, anche se restano applicabili le sanzioni amministrative previste: se - ad esempio - è prevista la sospensione o la revoca della patente per un caso di guida in stato di ebbrezza, l'estinzione del reato non determinerà il venir meno di tali sanzioni.

Si tratta di un vantaggio evidente per chi non ha precedenti penali che evita - in questo modo - tutte le conseguenze negative che la commissione di un reato comporta, sia in campo sociale che lavorativo. Pensiamo a quelle professioni per le quali occorre essere incensurati. Ma è meglio anche per la collettività. Le statistiche raccontano di un sistema carcerario nazionale prossimo al collasso, con oltre 60.000 detenuti stipati in celle sovraffollate in cui si vive in condizioni critiche ed a costi crescenti per il bilancio pubblico e – dunque - per noi tutti.

Dove è possibile svolgere i lavori di pubblica utilità

Gli enti disponibili ad accogliere questi soggetti devono convenzionarsi con il tribunale competente per territorio ed entrano così a far parte di un elenco, pubblicato sul sito del tribunale stesso, cui gli interessati possono attingere.

In Piemonte, oltre a Comuni, Aree metropolitane e associazioni varie, sono al momentro presenti tre Enti di gestione e, più precisamente, gli Enti di gestione delle aree protette del Po torinese, dei Parchi Reali e del Parco Paleontologico Astigiano, mentre sarà attivata a breve la convenzione anche con un quarto, le Alpi marittime.

L'esperienza nel settore 'vigilanza' del Po torinese

L'Ente di gestione delle aree protette del Po torinese, grazie a una consolidata collaborazione con l'UEPE del Tribunale di Torino, dal 2012 ad oggi ha accolto 70 persone, mediamente da 6 a 10 all'anno: operai, artigiani, professionisti, soprattutto uomini (pochissime le donne). Nel 2019 ha potuto avvalersi di sei persone che hanno svolto lavori di pubblica utilità per complessive 426 ore.

Orazio Dominici, Responsabile della vigilanza del Po torinese, è anche referente presso l'UEPE per il coordinamento dei lavoratori di pubblica utilità e li segue direttamente durante le loro attività. "La tipologia delle persone che hanno lavorato per il nostro parco è molto varia: si tratta di persone giovani e meno giovani, di livello culturale modesto o elevato, che a volte ricoprono posizioni di responsabilità. Tra quanti sono stati da noi abbiamo avuto notai, ingegneri, presidenti di associazioni di importanza nazionale, agenti di borsa, tutte professioni per le quali è importante non avere precedenti penali", spiega il guardiaparco. 
"Nel periodo in cui lavorano per il parco sono considerati come dipendenti; tutta la burocrazia è a carico dell'Ente che deve assicurarli per responsabilità civile, accertare che abbiano già seguito dei corsi di formazione sui rischi del lavoro e, in caso contrario, pagarglieli per un minimo di otto ore, cui vanno aggiunte altre ore in base all'ente dove lavorano. Per il Po torinese, che è considerato a 'rischio medio' devono frequentare altre 4 ore. Infine bisogna iscriverli all'INAIL (il che non comporta costi). Ognuno di loro è seguito da un assistente sociale che deve predisporre un programma da seguire; hanno l'obbligo di firmare un registro per attestare la loro presenza negli orari e nei luoghi previsti e possono essere sottoposti a controlli da parte della polizia o dei vigili. Le tipologie di lavoro che svolgono vanno da quelle più semplici, come le pulizie dei locali della sede o del parco, il lavaggio delle auto di servizio, la raccolta delle foglie, la manutenzione degli spazi verdi e degli edifici, fino a lavori di tinteggiatura, potatura, o mansioni di ufficio (come la scansione e l'archiviazione di documenti, l'inserimento di dati, la sistemazione e ordinamento degli archivi e così via). Alcune delle persone che sono state da noi hanno anche aiutato i guardiaparco a rimuovere i rifiuti che vengono abbandonati nelle scarpate o a contenere lo sviluppo delle piante infestanti", aggiunge in responsabile della vigilanza. 

"Personalmente, ho ereditato questo compito dal mio predecessore, Gianni Abbona, che si era impegnato a fondo perchè anche il nostro parco potesse accogliere queste persone. La mia esperienza è positiva, nel senso che ritengo questa funzione importante e utile, anche se non si può negare che sia impegnativa per l'ente che accoglie. Si tratta infatti di seguire passo passo chi viene da noi: vanno formati, affiancati e ciò richiede la presenza del personale anche in orari non 'canonici', in quanto la normativa dispone che i lavori di pubblica utilità debbano essere svolti compatibilmente con gli impegni di lavoro, studio, famiglia e salute dell'imputato. Può così capitare di dover essere presenti in affiancamento anche in orari serali o in giorni festivi. Inoltre non è facile trovare persone che possono offrire un contributo lavorativo concreto e sostanziale. Ciononostante si tratta di un'esperienza che giudico di grande valore sociale e umano: con molte delle persone passate negli anni al Po torinese si sono instaurati rapporti di amicizia e alcuni di essi hanno modificato il loro modo di pensare e alcuni preconcetti che avevano nei nostri confronti, avendo l'opportunità di 'lavorare sul campo. Altri, addirittura, una volta terminato il periodo di messa alla prova, ci hanno chiesto di poter continuare a lavorare gratuitamente e volontariamente".

Cosa ne pensa chi è stato 'messo alla prova'

A.F. è fra coloro che hanno svolto un periodo di messa alla prova presso il Parco del Po. Ci racconta che ha scelto di svolgere la sua esperienza di 'recupero' in un parco perchè aveva voglia di svolgere un'attività diversa dalla propria: "Lavoro in ufficio e trascorro otto ore al giorno alla scrivania, al chiuso. Inoltre l'area attrezzata delle Vallere, a Moncalieri,  non è lontano da casa e la conosco bene perchè da bambino la frequentavo regolarmente", racconta. 

"Ho lavorato al parco per tre mesi (da ottobre a dicembre 2019) con un impegno limitato a otto ore alla settimana. Ho scelto di svolgerle alternativamente il sabato o la domenica, perchè il resto della settimana sono impegnato con il mio lavoro e volevo conservare un giorno libero nel weekend da dedicare alla famiglia, visto che sono padre di una bambina. Così, d'accordo con Orazio, abbiamo concordato un calendario che potesse andare bene a entrambi. Siccome era autunno sono stato impegnato soprattutto in attività di pulizia delle foglie nelle aree esterne come le aiuole e i vialetti. Quando pioveva potevo svolgere attività in ufficio: in particolare mi sono occupato di immettere e ordinare i dati relativi agli abbattimenti di cinghiali nel territorio del parco, un'attività che non conoscevo e di cui ho appreso l'importanza". Ma consiglierebbe a chi è in "messa alla prova" un'esperienza di lavoro in un parco? 
"Sicuramente sì. Tra le ragioni, oltre a quelle più scontate come l'opportunità di lavorare all'aperto e a contatto con la natura, credo sia importante 'restituire' qualcosa di quello che ci viene dato. Io sono stato, e sono tuttora, fruitore dei parchi e, anche come genitore, ritengo importante aver fatto qualcosa di utile per un luogo che viene frequentato da tante persone e offre un'opportunità di svago e benessere a chi vive in città".

La testimonianza dell'assistente sociale

"Io consiglio sempre a miei assistiti un'esperienza di lavoro in un parco" ci dice Tiziana Spinosa, l'assistente sociale dell'UEPE che ha seguito l'esperienza di A.F. alle Vallere.

"Oltre alla possibilità di operare all'aperto, a contatto con la natura, gli addetti del parco, come nel caso del signor Dominici, assegnano lavori utili, modulati in base alle capacità e alle esperienze delle persone. Si tratta di esperienze che aiutano a cambiare: abbiamo avuto il caso di un cacciatore che, proprio su indicazione del giudice, ha prestato servizio presso un parco e grazie a questa esperienza ha modificato il suo modo di vedere e vivere la natura e il suo rapporto con gli animali selvatici. Ritengo che sarebbe utile che tutti i parchi piemontesi si convenzionassero al fine di poter offrire l'opportunità di svolgere lavori di pubblica utilità e credo che questo non sia ancora avvenuto perchè si tratta di un'opportunità poco conosciuta dagli stessi Enti".

 

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