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Al Ticino, la biodiversità va in tavola (ma non solo)

Dalla biodiversità genetica a quella che arriva nel nostro piatto. Di questo e molto altro si è parlato nella manifestazione 'Biodiversità a tavola' organizzata dall'Ente parco del Ticino e Lago Maggiore 

  • Emanuela Celona
  • Ottobre 2018
Martedì, 16 Ottobre 2018
 Foto Pixabay Foto Pixabay

Si fa in fretta a parlare di biodiversità. In realtà, però, ce ne sono di diversi tipi. Lo ha spiegato, in un intervento molto interessante, il professore Riccardo Fortina, dell'Università di Agraria di Torino, intervenuto all'iniziativa 'Biodiversità a tavola', organizzata lo scorso 13 ottobre a Villa Picchetta dall'Ente parco del Ticino e Lago Maggiore.

Esiste, infatti, una biodiversità ecosistemica che riguarda più ambienti e che scongiura la banalizzazione di ciascuno; poi una biodiversità specifica che spiega le specie che abitano ogni ambiente e verso la quale l'uomo è più sensibile, evocando spesso specie ormai estinte: pensiamo al quagga, al dodo, e via di questo passo. Infine, esiste una biodiversità genetica che è quella più importante in agricoltura e che riguarda la varietà di razze e di specie.

Ed è su quest'ultimo tipo di biodiversità che Fortina si è concentrato, spiegando che oggi le razze di bovino più cosmopolite sono quella della frisona e la razza bruna: da queste due razze deriva il 98% del latte e dei formaggi che portiamo sulla nostra tavola, mentre soltanto il 2% arriva da altre razze.

A proposito di biodiversità genetica

La biodiversità genetica è un aspetto molto importante nell'allevamento: basti pensare che ci sono, nel mondo, oltre 6mila razze domestiche allevate anche se, ogni settimana, ne perdiamo almeno un paio, il che significa mille razze perse ogni anno e il 33% a rischio di estinzione.
Da qui la necessità di un piano di conservazione nazionale delle razze, dove anche gli enti parco possano fare la loro parte nel preservare le specie che caratterizzano il proprio territorio.

L'excursus sulle razze degli animali allevati in Piemonte illustrato dal professore di Agraria è stato davvero sorprendente, perché non è così scontato conoscere tutte le varianti di specie bovina che caratterizzano il territorio regionale: dalla razza piemontese (quella forse più diffusa), alla barà, alla pustartaler (di origine austriaca ma che oggi troviamo solo più in Piemonte), alla rara tortonese che conta oggi poco più di 350 capi distribuiti tra Alessandrino e Tortonese, alla pezzata rosso di Oropa.
Il panorama è proseguito sulle razze ovine di cui il Piemonte è piuttosto ricco: dalla ciuta (la pecora più piccola delle Alpi), alla saltasassi (di cui si contano solo più 40 capi tra il Verbano e il Novarese), alla biellese. Non sono state dimenticate neppure le capre, cosiddette piemontesi come: la camosciata (più diffusa in Valle d'Aosta), la vallesana allevata soprattutto per la sua bellezza e la sua resistenza a un clima piuttosto rigido, la nera di Verzasca che troviamo tra Piemonte, Lombardia e Svizzera e la sempione, una razza sempre più rara di cui sopravvivono in Baraggia solo più una trentina scarsa di esemplari, dopodiché sarà persa per sempre.

Il paniere del parco

Oltre alla biodiversità delle razze autoctone, sono stati molti i temi toccati durante l'incontro: i prodotti del territorio, le buone pratiche, lo sviluppo sostenibile in agricoltura, fare impresa e le strategie di valorizzazione dei prodotti del paniere del parco nei numerosi interventi di Michele Bove (Parco del Ticino Lombardo), Emanuele Goio (dell'azienda GOIO), Cirio Claudio (dell'Azienda agricola Falasco), Eraldo Teruggi (ProLoco di Fontaneto d'Agogna e Luca Platini (Sloow Food Colline novaresi), Andrea Polidori (dell'ordine degli Agronomi vercellesi e biellesi), Raffaella Bisconti (di Ortofood) e Emanuele Gnemmi (Restaurant Managementi Consulting). Già, perché scopo della manifestazione è stato anche quello di creare un paniere rappresentativo delle peculiarità e tradizioni dei territori di tutte le aree protette in gestione dall'Ente parco, nel ripsetto di una filosofia rispettosa della sostenibilità ambientale.

Momento clou della mattinata, la degustazione del 'Piatto del parco' ideato e cucinato dagli studenti delle scuole alberghiere di Stresa, Novara e Gattinara che sarà poi il biglietto da visita proposto ai ristoranti del territorio, come presentazione delle aree protette, dei loro prodotti e delle loro pratiche sostenibili. Una forma di promozione e comunicazione 'diversa' imparata non a scuola, non in una sala convegni ma bensì a tavola.

Il 'Piatto del parco'

Sono stati gli aspiranti chef delle scuole alberghiere di Stresa, Novara e Gattinara a cimentarsi in una gara all'ultimo fornello per aggiudicarsi il titolo di 'ideatore' del 'Piatto del parco'. 
Comune denominatore delle ricette proposte, il riso: prodotto bandiera scelto dall'Ente parco del Ticino e Lago Maggiore nell'ambito del progetto regionale 'Parchi da gustare' nonché protagonista della manifestazione Exporice.

Gli studenti hanno quindi realizzato un piatto di riso utilizzando il paniere dei prodotti del parco, proponendo a una giuria di esperti temi innovativi nelle modalità di cucinare il riso e rispettosi della sostenibilità dei prodotti scelti: facili da reperire, poco impattanti sulla natura, frutto di etiche pratiche agronomiche.
Al momento del giudizio finale la giuria ha deciso di non decretare nessun vincitore ma di premiare tutti i ragazzi, in nome di quell'impegno e quell'attenzione dedicati alla territorialità dei prodotti usati nelle ricette, come la cipolla bionda di Cureggio e Fontaneto d'Agogna.
Noi, però, essendo mebri della giuria, una 'preferenza' l'abbiamo avuta. Da qui la proposta di una ricetta davvero prelibata che sa raccontare la storia di un territorio, usando prodotti locali: risotto con polline di fiori e miele di castagno. Un piatto che - se mantecato a dovere - rilascia sapori delicati dolciastri, con un retrogusto deciso. Provare per credere!

 

 

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