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Parchi e cinghiali: esempio di un virtuoso connubio

Continua la nostra inchiesta su come i territori su cui insiste un'area naturale protetta affrontano il problema "cinghiali": il ruolo dei parchi è fondamentale, a volte decisivo, come il caso dell''Ente di gestione delle Aree protette dell'Appennino piemontese.

  • Andrea De Giovanni, Giacomo Gola, Gabriele Panizza, Paolo Tardito, Lorenzo Vay
Venerdì, 31 Agosto 2018
Parchi e cinghiali: esempio di un virtuoso connubio

Da ormai più di quindici anni l'Ente di gestione delle Aree protette dell'Appennino Piemontese (ovvero ex Capanne di Marcarolo) opera sulla gestione del cinghiale, con una strategia coordinata tra interventi di controllo e studi di popolazione (produttività endocrina, sopravvivenza, densità) in collaborazione con Università e Istituti italiani ed esteri (es. UNITO, ISPRA, ONC francese, ecc.).

Questo approccio ha permesso di analizzare negli anni parametri ottenuti dalla cattura complessiva di quasi 500 animali a scopo di ricerca, in prevalenza tramite la tecnica cattura-marcatura-ricattura (CMR), attuata dal 2004 al 2009. Lo sforzo perseguito dall'Ente è stato motivato dalla necessità di predisporre un modello gestionale per la specie basato su dati scientifici (raccolti grazie a un applicativo informatico), attuabile nelle Aree protette e nei territori di maggior pregio agroambientale del Piemonte. La redazione della D.G.R. n. 26-14329 del 14/12/2004, basata sulle linee guida ISPRA e sull'esperienza maturata in materia di controllo dall'allora Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, ha rappresentato il primo provvedimento regionale per la messa in opera di una strategia gestionale coordinata sulla specie, e uno dei primi in Italia.

Dopo quasi 15 anni da quella prima esperienza regolamentare, le porzioni di territorio regionale dove vengono attuati interventi standardizzati di controllo e gestione del cinghiale per la prevenzione dei danni durante tutto l'anno, rimangono le sole Aree protette, tramite interventi coordinati da una specifica normativa predisposta dal Settore di riferimento (Biodiversità e Aree naturali) che impone una raccolta dati standardizzata e l'applicazione delle Linee Guida I.S.P.R.A.
Non va dimenticato che la Regione Piemonte rimane un territorio a spiccata vocazione agricola con produzioni di pregio. In tal senso, è opportuno sottolineare come il modello gestionale attuato dalle Aree protette abbia ampiamente dimostrato come il cinghiale non rappresenti affatto una specie di difficile gestione, se vengono attuate poche regole basilari e un controllo costante a presidio delle aree più sensibili. Per fare questo occorre una seria ed efficace pianificazione, la collaborazione responsabile del mondo venatorio e il coordinamento di Enti territoriali supportato dall'attività di vigilanza. Per questo motivo risulterebbe senz'altro utile estendere l'esperienza e il modello gestionale sperimentato dai parchi al territorio agricolo piemontese di maggiore pregio, equiparandolo, a livello socio-economico, ad Aree protette.

Il successo delle strategie adottate nei parchi è dovuto anche al grande ruolo svolto dal personale volontario che collabora alle operazioni di prevenzione e controllo: gli Operatori selezionati (già Selecontrollori). Esempio virtuoso di collegamento tra l'Ente gestore e la popolazione residente, gli operatori selezionati monitorano la presenza dei cinghiali nelle aree sensibili del territorio protetto (colture, prati da sfalcio, ecc.) e, coordinati dal personale dipendente, pongono in essere le azioni di contenimento più idonee così come individuate dalla pianificazione vigente.

Possiamo a questo punto, in base all'esperienza maturata e ai risultati ottenuti, elencare alcune "regole d'oro" per una corretta gestione del cinghiale:
1) il cinghiale è l'ungulato selvatico che presenta la più elevata facilità di cattura, essendo fortemente dipendente dal cibo. Questo fatto permette di catturare con relativa facilità numerosi esemplari ad esempio in recinti o gabbie;
2) occorre evitare lo spostamento forzato (ad esempio con cani) dei branchi e di animali singoli, intervenendo localmente per l'abbattimento con tecniche idonee (gabbie, girata, appostamento), presidiando le aree agricole di pregio;
3) occorre incidere sulle classi di età giovanili, preservando, nei casi in cui è possibile, gli individui anziani che si spostano meno;
4) evitare di alimentare gli animali se non come esca in occasione degli abbattimenti (vedi anche recente normativa di riferimento;
5) affidare le attività di controllo al personale di vigilanza o ad Operatori selezionati, opportunamente formati;
6) la caccia in braccata dovrebbe essere attuata soltanto in aree a bassa vocazione agricola e soggetta a una regolamentazione che preveda il completo controllo dell'area di caccia al fine di impedire che gli animali, inseguiti dai cani, si irradino sul territorio con conseguente aumento dei danni e di incidenti stradali.

La soluzione del problema cinghiale, ovvero la difficoltà a eliminare la pericolosità e l'emergenza danni dovuta alla presenza della specie, deve per forza passare attraverso pragmatiche ed efficaci, nonché coraggiose, decisioni gestionali e strategiche.
La gestione della specie e di conseguenza la convivenza dei diversi interessi (agricoli, ambientali, venatori, turistici) in questo modo, forse, risulterà possibile.

Leggi anche l'intervista a Laura Gola, referente scientifica del Piano di gestione e controllo demografico della popolazione del cinghiale nel Parco del Po vercellese alessandrino

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