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Malesia, paradiso della biodiversità a rischio

Paese fra i più ricchi di biodiversità al mondo, la Malesia deve affrontare i pesanti impatti del cambiamento climatico e dei processi di modernizzazione in corso.

  • Claudia Patrone
  • Dicembre 2023
Lunedì, 11 Dicembre 2023
Gli effetti della deforestazione nella zona dei Penan - Foto © Survival International  Gli effetti della deforestazione nella zona dei Penan - Foto © Survival International

Hanno l'aspetto di un sofficissimo e gonfio tappeto di muschio, viste dall'alto: le foreste pluviali, in apparenza, sembrano l'ambiente più impenetrabile che esista, in considerazione dell'eccezionale densità che presentano. In parte, è certamente così. Ad uno sguardo che prova ad avvicinarsi al di sotto di quella fitta volta, invece, si rivelano in tutta la loro dinamica attività, laddove esseri viventi di ogni genere e specie proliferano, legati gli uni agli altri, in un modello perfetto di ecosistema. La nebbia che si eleva dagli alberi nel primo mattino, formando isole di verde in un mare candido, contribuisce alla vita di innumerevoli varietà vegetali e di un'invidiabile ricchezza animale. Habitat fra i più competitivi e complessi, sul pianeta. I gibboni, con le loro urla di richiamo. Il fruscio dei buceri in volo. Le tigri, gli elefanti pigmei. La fauna minore e l'affascinante universo dei microrganismi. Le dodici ore di sole che sono garantite ogni giorno, per tutto l'arco dell'anno, insieme agli abbondanti e regolari rovesci di pioggia, rendono le regioni tropicali il luogo della crescita per eccellenza. La massima biodiversità al mondo si trova in questa fascia terrestre. In Malesia, in un ettaro di foresta pluviale sono state contate oltre centottanta specie di alberi, mentre il corrispondente in una foresta decidua delle zone temperate è di una decina.

Grandi strategie di sopravvivenza di un ambiente complesso e competitivo

Capire come un tale rigoglio si conservi e si sviluppi nella catena biologica è un viaggio straordinario della conoscenza. Ci sono meccanismi e tecniche di sopravvivenza che conducono le cose a compimento e sorprendono per la loro assoluta compiutezza. Fiori colorati di grandi dimensioni, dai profumi considerevolmente intensi, sono così capaci di attirare gli impollinatori. Il vischio di Sarawak lo fa con i beccafiori, con il suo rosso brillante: i petali sfiorati dai volatili di passaggio si aprono, consentendo di cedere il carico di nettare. La rafflesia, con corolle enormi che costituiscono il primato al mondo per estensione, produce un odore nauseabondo di carne in decomposizione e somiglia ad una carcassa, al fine di catturare le mosche e gli scarafaggi necrofagi che le assicurino la fecondazione. I fichi, che sono le piante più diffuse della foresta pluviale e la fonte di cibo più importante per gli animali che si nutrono di frutta nelle zone tropicali di tutti i continenti, che di conseguenza ne disperdono i semi, grazie a questa popolarità arrivano dovunque: ad alimentarsi sullo stesso albero, proprio nella penisola malese, sono state osservate, in sole tre ore, ben quarantasette diverse specie di uccelli. Crescono fino a conseguire misure massime, nel calore di quelle latitudini, anche le mantidi: ve ne sono di spettacolari, che ricordano forme floreali e si celano con efficacia fra le orchidee, conquistando l'attenzione degli insetti, che cercano di mangiare invece finiscono attaccati.

Confrontare i ritmi frenetici delle città del Sudest asiatico consente di considerare la Malesia un territorio dal carattere calmo, nel complesso. Nello specifico, nelle aree rurali e nella parte insulare. Il Paese, in effetti, è composto da due porzioni completamente distinte, per non dire delle altre ottocento terre emerse di dimensioni contenute: la zona continentale peninsulare, ad occidente, che si allunga dalla bassa Thailandia verso lo Stretto di Malacca, davanti a Sumatra; con una distanza di circa ottocento chilometri in direzione di levante, occupati dal Mar Cinese Meridionale, la cosiddetta Malesia orientale è invece costituita dal terzo settentrionale dell'isola del Borneo. L'una più popolata e urbanizzata, quest'ultima assai ricca di risorse naturali. Di là non mancano le piantagioni di tè sulle montagne un tempo gestite dai coloni britannici, celebri spiagge e centri storici di pregio, la capitale multiculturale Kuala Lumpur dal carattere contemporaneo. Di qua la giungla abitata da diversi popoli autoctoni, considerevoli cavità e formazioni carsiche di particolare rilievo geologico, cime che superano i quattromila metri sul livello del mare, coste coralline e condizioni ambientali dall'eccezionale e controverso interesse economico.

Bellezza naturale, habitat straordinario, sfruttamento e diritti territoriali

Con caratteristiche naturalistiche pressoché uniche, il territorio consiste in uno dei più elevati tassi di diversità biologica, con millecinquecento specie di vertebrati terrestri e centocinquantamila di invertebrati, almeno quindicimila di piante da fiore, non citando gli innumerevoli microrganismi. Fra riserve di mangrovie e parchi marini, habitat forestali e oceanici, copiosi bacini di acqua dolce, comunità locali dalla cultura ancestrale e dalle conoscenze ecologiche applicate, la sfida della conservazione e dello sviluppo consapevole deve richiamarsi – ancora una volta – al concetto di sostenibilità. Contraddizioni e contrasti nella gestione del luogo da parte delle autorità governative e di compagnie commerciali private comportano la creazione di problemi e di crescenti disagi che richiedono di concentrare l'attenzione e l'impegno su più alti obiettivi e valori. Cambiamenti climatici, costruzioni di grandi dighe e deforestazione compromettono con sempre maggiore evidenza e costrizione l'esistenza di popoli indigeni cacciatori e raccoglitori che, da sempre, vivono in completo nomadismo. Per quanto concerne l'organizzazione sociale e i diritti umani, è stato documentato ampiamente il condizionante e pregiudizievole fenomeno della scolarizzazione forzata: una pratica che è già stata di frequente capace di compromettere la crescita di generazioni di bambini e ragazzi che erano stati sradicati dalle loro famiglie, dai loro gruppi etnici e dalle loro collettività, da politiche combinate al fine di conformarne l'educazione al modello dominante. Un modello che non comprende comportamenti e stili di vita a contatto e in rispetto della natura, improntati ad una totale autonomia, su terre generose di cibo, che vengono preservate da centinaia di anni proprio nella misura in cui costituiscono l'essenza della concezione della casa e del riparo, del nutrimento e della sopravvivenza. Terre oggi a rischio di sfruttamento anche dal turismo di massa, che cerca e chiede esperienze di autenticità con il paradosso di contribuire a consumarle inesorabilmente.

 

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