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Apuane, un patrimonio sempre a rischio

Tra boschi di castagno e faggete, geositi e sorgenti carsiche, viaggio nel versante massese del parco regionale da un ingresso d'eccezione: l'Orto botanico Pellegrini – Ansaldi

  • Silvia Paterlini
  • Gennaio 2021
Venerdì, 12 Marzo 2021
A dicembre, rosso di sera - Tramonto in vetta nel cuore delle Alpi Apuane | Orto Botanico Pellegrini - Ansaldi A dicembre, rosso di sera - Tramonto in vetta nel cuore delle Alpi Apuane | Orto Botanico Pellegrini - Ansaldi

La strada s'inerpica tra boschi di castagno punteggiati di uliveti. Il mare alle spalle, saliamo verso il passo del Vestito alle pendici del Monte Tambura in direzione Arni, lungo la strada panoramica che collega Massa alla Garfagnana, puntando dritto al cuore delle Alpi Apuane.

Il parco regionale omonimo, coi suoi 509 chilometri quadrati di territorio compresi tra la Versilia (lato marittimo delle Apuane), la Garfagnana e la Lunigiana offre sin dal versante massese un caleidoscopio di paesaggi che vanno dalla macchia mediterranea alla faggeta di montagna su una scenografia di vette aspre, dai versanti profondamenti incisi, gelose custodi di abissi, antri, grotte e doline: un parco in cui gli amanti dell'outdoor possono sbizzarrirsi tra sentieri storici lungo la Linea Gotica sulle tracce dei partigiani, salite più impegnative come quella al Pizzo d'Uccello (1781 mt) o alla Pania della Croce (1858 mt), passeggiate nei boschi vista mare.

L'Orto Botanico Pellegrini – Ansaldi: un balcone di roccia sul mare

Per abbracciare questa straordinaria varietà in uno sguardo, saliamo lungo la Valle del Frigido per fare tappa all'Orto Botanico Pellegrini- Ansaldi, una ventina di minuti d'auto da Massa in località Pian della Foba. L'Orto, nato nel 1966 e di proprietà del Comune di Massa, è gestito dall'associazione Aquilegia Natura e Paesaggio Apuano Onlus animata oggi dal giovane presidente Andrea Ribolini, una laurea in Scienze forestali all'Università di Torino, che ci accompagna in questo viaggio.

Dimenticatevi l'immagine rassicurante dell'orto-giardino: qui siamo su un balcone di roccia affacciato sul mare a quasi mille metri di altezza dove tutto (o quasi) cresce in maniera spontanea, tanto da offrire uno spaccato reale dell'ambiente apuano, un piccolo scrigno di biodiversità e un racconto esaustivo del suolo locale, con grezzoni sulla cima (caratteristici del suolo carsico e scisti porfirici alla base). Anche se la stagione non è propizia, ci è facile immaginare la ricchezza di colori e vita che fiorisce in questo angolo scosceso, tra arbusti e piantine affioranti dalle rocce come la Globulaira incanescens simbolo dell'Orto.

"Se si eccettuano alcune conifere alloctone – racconta Andrea Ribolini mentre ci inerpichiamo lungo il sentiero ad anello che in una quindicina di minuti porta alla cima – l'Orto ospita numerose specie endemiche, alcune delle quali esclusive delle Apuane".

I pannelli esplicativi sono in fase di miglioramento, così come la staccionata di sicurezza che delimita il percorso; di recente, è stato inserita un'arnia didattica e anche per il piazzale antistante, che separa l'ingresso dell'Orto dal Rifugio Città di Massa, "i soci di Aquilegia" non smettono di immaginare un futuro migliore. Qui, come altrove in zona, ristagna un certo qual senso di abbandono che contrasta "la passione e l'impegno delle guide dell'Orto Botanico".

Mentre l'associazione Aquilegia riempie programmi didattici per far conoscere l'Orto alle scolaresche e lancia iniziative come "Rosse di Sera", camminate invernali con tramonti rosacei sulle Apuane vista mare, promuovendo come può le opportunità turistiche montane di Massa, i boschi di castagno non sono manutenuti, i borghi si spopolano, gli smottamenti sono sistemati ma le strade restano chiuse per anni. "Massa, pur avendo la maggior parte del proprio territorio in montagna, non viene considerata e non si sente un comune montano – prova a spiegare Ribolini - Inoltre, ancora oggi, relativamente poche persone del luogo sono consapevoli del grande valore ambientale e paesaggistico delle Alpi Apuane, compreso il fatto che recentemente sono state riconosciute Geoparco UNESCO."

Il marmo da Michelangelo al filo diamantato

Nell'inventario delle contraddizioni di questo territorio ricchissimo che ci si ostina a ignorare, non può mancare l'attività estrattiva. Camminando sullo sperone di roccia dell'Orto, con 300 milioni di anni di storia geologica sotto piedi, si notano gli ingressi di diverse cave. Solo all'interno del parco regionale ne sono censite una sessantina, secondo i dati fornitici dall'Ente di gestione (su un totale di circa 600 nel comparto).

Macchina fotografica con potente zoom alla mano, Alberto Grossi, originario di Forno, è tra gli ambientalisti più attivi sulla questione. "Dicono che le cave occupano solo il 3,1% del suolo – ci spiega – ma in questa percentuale di impatto non sono incluse le polveri sottili, l'inquinamento acustico, gli sversamenti nei fiumi. Oggi si rafforzano gli argini a Massa e Carrara perché i letti dei fiumi si alzano a causa della "marmettola" che cementifica (polvere sottile di scarto dell'attività estrattiva ndr). Queste montagne possono assorbire fino al 90% delle precipitazioni portandole in profondità grazie al sistema carsico: compromettere questo equilibrio vuol dire alluvioni e falde che non si ricaricano".

Tra conflitti di competenze, leggi vecchie, sovrapposizioni di enti e ricorsi al Tar, lo spettacolo delle cave a macchia di leopardo proseguendo nel viaggio verso Arni, è a tratti sconsolante.

Una cava-vista sulla strada Massa-Arni

E' vero che l'estrazione fa parte della tradizione e dell'economia del territorio, ci spiegano, ma viste così le Apuane sembrano davvero giganti arresi. Tanto più che il mito di Michelangelo sull'Altissimo è stato da tempo sorpassato dall'avvento del filo diamantato e delle tagliatrici a catena nell'estrazione: qui le montagne si tagliano come burro. Gli addetti alle cave diminuiscono a favore delle macchine e, come del maiale, non si butta via niente: anzi, gli scarti oggi sono anche più preziosi dei blocchi per la produzione del carbonato di calcio.

"Si parla di coltivazione del marmo – rincara il presidente del Cai Toscana, Giancarlo Tellini – ma da qui non nasce nulla. Non abbiamo nessun pregiudizio ideologico sull'attività estrattiva, ma serve tutela altrimenti in qualche decina d'anni le Apuane non ci saranno più".

Da Pian della Foba a Isola Santa

Lasciamo l'Orto botanico salendo verso il Passo del Vestito per arrivare a Isola Santa, antico borgo un tempo abbandonato arroccato nei pressi della sorgente della Pollaccia, la seconda delle Alpi Apuane per portata.

Per arrivare in quello che oggi è un rifugio domenicale per famiglie vista Panie, si attraversa la Valle della Turrite Secca, e si può osservare da vicino quanto vario è questo paesaggio, come ci spiega sempre Andrea Ribolini: dal castagno nel versante più esposto siamo passati al faggio, e si può osservare l'acqua inabissarsi in fiumi carsici dove la roccia, viceversa emergere prepotente dove il suolo cambia e trasformarsi in sorgente.

Un itinerario che stupisce e che non si fa mancare geositi di grande importanza come le marmitte dei giganti, depressioni a forma di pozzo dovute all'erosione fluviale: quando provarono a scavare anche qui, qualcuno disse basta e nacque il parco regionale. Una spinta dal basso che anche oggi potrebbe aiutare questo territorio.

Identikit del Parco regionale delle Alpi Apuane

Anno di nascita: 1985. Dal 2012, il parco è entrato a far parte della rete dei Geoparchi mondiali UNESCO.

Regione: Toscana

Province: Lucca e Massa Carrara

Comuni: Camaiore, Careggine, Carrara, Casola in Lunigiana, Fabbriche di Vallico, Fivizzano, Gallicano, Massa, Minucciano, Molazzana, Montignoso, Pescaglia, Seravezza, Stazzema, Vagli Sotto, Vergemoli

Confini: Gli ambiti geografici del parco sono la Garfagnana (provincia di Lucca, versante interno delle Alpi Apuane), Massa Carrara e la Versilia (versante marittimo delle Alpi Apuane).

Estensione: circa 200 chilometri quadrati.

Altitudine massima: Monte Pisanino, 1947

Centri di visita: ApuanGeoLab di Equi Terme Museo interattivo di Scienze della Terra Fivizzano (MS), Centro visitatori di Seravezza (LU), Centro visite di Bosa di Careggine (LU), Centro Visite di Massa (MS)

Orto botanico Pellegrini- Ansaldi: info su Facebook www.facebook.com/ortobotanicoalpiapuane

Sito web: http://www.parcapuane.it 

Tre motivi per visitare il parco

Un viaggio lungo cinque milioni di anni di storia geologica. Con sessanta chilometri di gallerie e pozzi, l'Antro del Corchia, situato nel versante meridionale del parco in località Levigliani (Comune di Stazzema, Lucca) è il più vasto sistema carsico italiano e uno dei maggiori in Europa con una profondità massima di 850 metri. Informazioni sugli accessi alla grotta turistica sul sito corchiapark.it.

Il sogno dell'Abate matematico e geografo Domenico Vandelli. Una strada per collegare Modena e Massa, scavalcando Appennino Tosco-Emiliano, Garfagnana e Apuane in un ardito collegamento tra Pianura Padana e Tirreno. Con i suoi 350 chilometri, la via Vandelli fu costruita in meno di 15 anni e inaugurata nel 1751 sotto il Duca Francesco D'Este. E' stata riscoperta una ventina d'anni per il trekking e la bici da montagna. Molte agenzie di escursionismo propongono il tratto più spettacolare della via che va da Resceto (500 mt) al Passo Tambura (1600 mt).

La via dei pani delle Alpi Apuane. Rotondi, schiacciati, ovali e grandi, dalla crosta scura, ai profumi inebrianti di basilico e rosmarino e, ancora, conditi con olive o noci. Dall'alta Versilia alla Garfagnana alla Lunigiana, i pani delle Apuane sono un caleidoscopio di sapori con tre costanti: materie prime del territorio (granoturco, patate, farro, castagne), farine macinate a pietra e cottura in forno a legna.

Per saperne di più

Paolo Fantozzi, Storie e leggende delle Alpi Apuane (pgg. 248, Apice Libri – novembre 2020)

Francesco Greco, Escursioni sulle Alpi Apuane e dintorni (pgg. 144, Editoriale Programma – luglio 2020)

Piefrancesco Poggi, La banda del tamburello. Un'indagine del commissario Passalacqua (pgg. 301, Solferino – ottobre 2019)

Giulio Ferrari, La via Vandelli. Antica strada, nuovo cammino (pgg. 112, Edizioni Artestampa – maggio 2018)

 

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