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Dolomiti d'Ampezzo, dove ci sono le regole delle Regole

Fin dalla sua istituzione il Parco Naturale delle Dolomiti d'Ampezzo è stato affidato in gestione alla Comunanza delle Regole d'Ampezzo, che lo amministrano con amore e competenza. Direttore dell'area protetta è da sempre Michele Da Pozzo, appassionato botanico e grande fotografo.

  • di Claudia Reali
  • Ottobre 2020
Venerdì, 16 Ottobre 2020
 Foto M. Da Pozzo Foto M. Da Pozzo

 

Come si può conciliare il turismo di massa con la salvaguardia ambientale? Come si preserva un'area Patrimonio Mondiale dell'Umanità alle porte di Cortina d'Ampezzo, la Regina delle Dolomiti, località montana tra le più celebri e mondane d'Italia? Il caso del Parco Naturale delle Dolomiti d'Ampezzo, meraviglioso scrigno di biodiversità, è unico e fa rima con "Regole". Che non sono le norme a cui ci si deve attenere essendo una zona protetta, ma sono le proprietà collettive nate molti secoli fa nella conca ampezzana allo scopo di gestire l'uso comune (e sostenibile) di pascoli e risorse forestali, fonti essenziali di sostentamento degli abitanti. I Regolieri, capifamiglia discendenti dal ceppo originario, amministrano ancora oggi questo territorio secondo i "Laudi", le antiche leggi. Un patrimonio in comproprietà, da trasmettere ai figli, dove uso conservativo e produttivo coincidono. Le Regole d'Ampezzo sono diventate tutrici del parco, fin dalla sua istituzione il 22 marzo 1990, un'area di 12.500 ettari che abbraccia i gruppi montuosi della Tofana, Fanis, Col Bechei, Croda Rossa d'Ampezzo e Cristallo, rispettivamente divisi dalla Val Travenanzes, Val di Fanes, Alta Valle del Boite e Val Felizon. Protagonista della gestione di quest'area è Michele Da Pozzo. «La mia esperienza è quasi unica in Italia. Il Parco è nato trent'anni fa e io sono stato nominato subito direttore. Sono in carica quindi da tre decenni», racconta. «Questo record ha una spiegazione. Il Parco delle Dolomiti d'Ampezzo non è un ente pubblico e la sua amministrazione non è legata agli avvicendamenti politici ma alle decisioni delle Regole. Le discriminanti per far parte dello staff sono la competenza, la professionalità, il legame con il territorio. Io sono nato qui. Mi sono laureato in scienze forestali all'università di Padova e mi sono specializzato nella parte naturalistica botanica. Sono anche un alpinista e conosco ogni angolo del parco». La gestione delle Regole è per antonomasia partecipativa e democratica. I consigli di amministrazione hanno turnover molto veloci e coinvolgono persone diverse con esperienze differenti, dal maestro di sci al falegname, dalla guida alpina allo spazzino. Chiunque avente diritto può fare il suo turno in amministrazione. L'obiettivo comune è la salvaguardia della proprietà. L'autonomia di cui godono le Regole si esercita in maniera più restrittiva rispetto a ciò che viene stabilito dai riferimenti normativi regionali del Veneto. «Per esempio, qualche anno fa nell'ambito delle politiche di incentivazione delle energie rinnovabili sono stati approntati diversi progetti di sfruttamento delle vie d'acqua. Uno di questi coinvolgeva una valle incontaminata dell'Ampezzano. Abbiamo organizzato un'assemblea generale con 600 persone che al 97% ha votato un ampliamento del parco di 300 ettari per includerla e proteggerla. Anche in altre occasioni abbiamo agito controcorrente. Sulla questione degli schianti di Vaia, cioè del legname recuperato dopo la tempesta di due anni fa che ha colpito tutto il nord-est. In certe località italiane, per dimostrare una certa efficienza, hanno preferito rimuovere tutto in fretta e svendere il legno a lobby straniere. Noi ci siamo presi il tempo di capire cosa fare e poi abbiamo scelto di affidarne l'esbosco e il commercio a persone del luogo, lasciando comunque in situ metà del materiale – rami e tronchi secchi – così che possano degradarsi in modo naturale», sottolinea Da Pozzo.

Le strategie di salvaguardia

Le Regole d'altra parte sono chiamate a vigilare su un territorio in cui il turismo è pane quotidiano da metà Ottocento. A Cortina nel 1910 si contavano già 36 alberghi. L'offerta invernale oggi comprende 85 chilometri di piste con il 95% di innevamento programmato, con la possibilità di accedere al comprensorio sciistico Dolomiti Superski di cui Cortina fa parte, uno dei caroselli sciistici più grandi al mondo con 450 impianti di risalita inclusi in un unico skipass. D'estate, invece, centinaia di chilometri di sentieri possono essere percorsi senza soluzione di continuità, andando alla scoperta di alpeggi, canyon, cascate e boschi. E quando arriva il tramonto, le cime si incendiano di rosa e di rosso. È il fenomeno dell'"enrosadira", uno spettacolo che da solo sarebbe motivo sufficiente per far accorrere visitatori da ogni angolo del Pianeta. «Noi nel Parco non ci occupiamo di promozione turistica», dice Da Pozzo. «Le nostre iniziative – incontri didattici e culturali, dibattiti – si rivolgono soprattutto ai locali e alle scuole perché vogliamo che conoscano perfettamente il territorio che amministrano. Una volta i Regolieri erano profondamente legati alla loro terra perché qui svolgevano le loro attività silvo-pastorali. Adesso non è più così. Tante famiglie lavorano nel terziario o in altri ambiti e quindi dobbiamo farli appassionare al parco così che possano dare ogni giorno il loro contributo per la sua salvaguardia». E di cose da fare ce ne sono tante. «Il controllo dei flussi turistici, innanzi tutto. Quest'anno poi con l'emergenza sanitaria sono arrivati più italiani che stranieri e purtroppo non si distinguono per l'educazione e il rispetto delle regole. Un fenomeno sempre più frequente e pericoloso è quello delle persone che, munite di metal detector, cercano i cimeli della Grande Guerra. Scavano anche con i picconi facendo danni notevoli. C'è poi la mania di tirare funi (slacklines, Ndr) tra una guglia e l'altra e l'uso esagerato dei droni. Un problema per gli elicotteri e per gli uccelli a grande apertura alare». La soluzione? Rendere meno accessibili le aree del parco che vanno maggiormente preservate, incentivandone altre che possono accogliere i turisti senza problemi. «Siamo convinti che la concentrazione di flussi di persone in certi periodi dell'anno e in alcune zone del Parco sia meglio di una fruizione totale nel tempo e nello spazio. Bisogna avere la prontezza di sacrificare un'area piccola del Parco per salvaguardare il resto».

Passione fotografia

Nell'area protetta la biodiversità è molto elevata. Si contano 160 specie di vertebrati (31 di mammiferi, 113 di uccelli e 16 di anfibi, rettili e pesci). Non manca il lupo, presente in due branchi, ben tollerati perché predano soprattutto ungulati che sono molto abbondanti nel Parco per la bassa pressione venatoria. Dal punto di vista botanico ci sono 68 specie di alberi e arbusti, 32 specie di felci ed equiseti e oltre mille specie di fiori, una decina delle quali è endemica delle Dolomiti. Si distinguono anche 35 specie di orchidee. «Nel mio peregrinare nei sentieri del parco una volta ho fatto un incontro davvero speciale. Ho scorto quella che viene chiamata "orchidea fantasma". Il suo nome scientifico è Epipogium aphyllum. Fiorisce una volta e poi sparisce anche per cinquant'anni. Ne avevo solo sentito parlare e quando l'ho riconosciuta ho provato un'emozione grandissima». Michele Da Pozzo, oltre a essere un attento osservatore ed esperto botanico è anche un eccezionale fotografo. «La fotografia naturalistica è una passione che coltivo da sempre e mi dà grande soddisfazione. Negli ultimi anni, però, con l'esplosione dei social, ho un po' il timore di pubblicare le mie foto. C'è stato per esempio il caso del Lago di Sorapis, un vero incanto con le sue acque turchesi. Noi del parco ci siamo guardati bene dal promuoverlo nell'ottica di proteggerlo, eppure sono bastate due o tre foto postate su Instagram e Facebook per farlo diventare una meta ambitissima. E questo nonostante l'accesso sia difficile. Si deve passare uno alla volta da una cengia esposta e si creano code infinite. Stiamo ancora valutando come intervenire. Quindi con la fotografia sto particolarmente attento. Ci vuole sempre un filtro critico e consapevole». Scattare può essere anche pericoloso. «È capitato che un giorno abbia visto camminare appena sotto il sentiero in cui mi trovavo Roger, uno stambecco anziano noto ai guardiaparco per il suo carattere scontroso. Ho iniziato a fotografarlo ma lui non ha affatto apprezzato. Mi ha puntato e mi ha incornato. Sono vivo per miracolo. Non ho detto nulla perché in fondo un po' mi vergognavo per non aver previsto questo epilogo. In seguito è stato deciso di elitrasportarlo in una zona interna dell'area protetta meno frequentata dai turisti. Mi hanno chiesto il permesso di farlo e ovviamente ho acconsentito con gioia». A lui, domandiamo infine quale sia il luogo imperdibile del parco e ci risponde la Tofana di Rozes. «È la montagna ampezzana per antonomasia, la più bella di Cortina. Qui ci si arrampica, si cammina, si fanno foto splendide». Di certo lo è. Ma ci sono tanti altri posti meravigliosi che non verranno mai svelati finché la loro bellezza incontaminata verrà protetta con amore dai Regolieri, custodi da mille anni di questo angolo di Paradiso.

 

 

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