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Donne più forti del destino

In occasione dell'8 marzo, Giornata internazionale della donna, riproponiamo - dal nostro archivio 2020 - la storia di Milena Béthaz, guardiaparco del Parco nazionale Gran Paradiso che, più di vent'anni fa venne colpita gravemente da un fulmine. Un esempio di coraggio e forza di volontà che si è meritato il titolo di Cavaliere della Repubblica. 

  • Claudia Reali
  • Settembre 2020
Martedì, 8 Marzo 2022
Milena con alle spalle un camoscio  Milena con alle spalle un camoscio

 

Corre l'anno 2000. E mentre l'umanità tira un sospiro di sollievo per aver superato il salto del secolo senza soccombere al "Millenium bug" e alle profezie apocalittiche di Nostradamus, Milena Béthaz, una giovane ventottenne di Valgrisenche, in Valle d'Aosta, guarda fiera l'orizzonte segnato da cime che toccano i quattromila metri. Da tre anni ha terminato i suoi studi in Scienze naturali a Torino e da marzo è diventata guardiaparco del Parco nazionale Gran Paradiso. Un grande sogno realizzato. Tre mesi dopo, a luglio, sale anche sul podio come campionessa mondiale di corsa in montagna vincendo la mezza maratona da Zermatt a Cervinia. L'anno 2000, fino a quel momento, è dunque tra i più belli e intensi della sua vita. Ma come accade nelle migliori fiabe tutto cambia improvvisamente.

Giovedì, 17 agosto 2000

Succede il pomeriggio di giovedì 17 agosto. Milena si trova a 2800 metri sul Colle di Entrelor, in val di Rhêmes, in compagnia del suo collega guardiaparco Luigi Fachin, un uomo gentile ed esperto, appassionato fotografo, che la sta avviando al mestiere. Prima di partire per quel servizio di pattugliamento saluta la famiglia (la sorella Carla la ricorda mentre si allontana da casa con la sua coda di cavallo, dondolante e felice). Avrebbe dato notizie di sé presto, aveva detto. Quel giorno però il cielo diventa plumbeo senza preavviso e un fulmine spezza per sempre la vita del guardaparco Luigi e poi attraversa il corpo di Milena, entrando dall'orecchio destro e uscendo dal piede. Le ricerche disperate dei due iniziano già dalla sera stessa. Le loro ricetrasmittenti mute a ogni appello innescano l'allarme. Il giorno dopo due corpi devastati vengono trovati nella forra, scaraventati lì dalla violenza della saetta. Il fratello Marco stenta a riconoscere quello della sorella ormai morente. Ma dagli occhi spuntano due piccole lacrime, il segno che Milena non vuole proprio arrendersi. Da lì la corsa all'ospedale di Aosta e poi a quello di Torino. Un coma lungo e pessime prospettive. Nessuno avrebbe immaginato che invece Milena avrebbe iniziato una nuova vita.

Vent'anni dopo

Sono passati esattamente vent'anni. Due decenni di imprese, tra operazioni, ricoveri, terapie, riabilitazione dove Milena ha dovuto imparare di nuovo tutto: a deglutire, parlare, scrivere, camminare. «Sono viva grazie allo sport che praticavo da ragazza perché mi ha insegnato a soffrire. Un passo dopo l'altro di corsa sui sentieri di montagna senza fermarmi di fronte alla fatica e alle difficoltà. Se non avessi avuto la tempra forte non ce l'avrei fatta. Il 2000 è stato l'anno perfetto e quello della disgrazia», racconta Milena. «Dopo l'incidente ho perso tanta vita che non ricordo. E così, ogni attimo della mia esistenza ora vale ancora di più perché è conquistato. Naturalmente devo ringraziare la mia famiglia che mi ha sostenuto ogni istante con coraggio e pazienza. D'altra parte siamo tutti degli sportivi, combattenti e amanti della montagna. Mio zio è guida alpina, mio fratello è maestro di sci, i nipoti e le sorelle adorano fare lunghe camminate». La madre di Milena invece ha dimostrato la sua forza quando ha perso il marito ha dovuto tirar su quattro figli da sola. Era sempre un giovedì 17 ma di dicembre. Era il 1981 e Milena aveva solo 9 anni. «Mio padre era cantoniere e sindaco del paese in cui abito, Valgrisenche. È stato travolto da una valanga. Lo hanno ritrovato sotto venti metri di neve dopo un mese. È stata una tragedia enorme. La montagna con me è stata crudele due volte ma non ho mai smesso di amarla».

E l'amore è così grande che nel 2015 Milena corona per la seconda volta il suo sogno e torna a essere guardiaparco. «Dopo ogni caduta bisogna sapersi rialzare e ripartire. E così ho fatto. Dopo 15 anni dal mio incidente ho ricominciato a esercitare in parte la mia professione da guardiaparco alternando il lavoro al computer con quello sul campo a Orvieille, in Valsavarenche, dove c'è un centro studi sulle marmotte. Affiancata dai miei colleghi che mi seguono con affetto e pazienza osservo i comportamenti di questi mammiferi. Ho visto le loro lotte per difendere il territorio, le cure parentali, le pulizie del mantello, i piccoli che giocano. A ciascuna abbiamo dato un nome. Insieme formano grandi e meravigliose famiglie. Nella bella stagione partecipo anche ai censimenti su camosci, stambecchi, aquile, gipeti e caprioli», continua Milena. «Lavorare sul campo in mezzo alla natura, tra paesaggi bellissimi, nel silenzio e con l'aria tersa che ti sferza il viso mi riempie il cuore di gioia e mi fa sentire viva. Sono consapevole di non essere come i miei colleghi guardiaparco e sono grata ogni giorno di poter tornare a solcare i sentieri di un tempo. In questa impresa mi piace sottolineare l'importanza che hanno avuto alcune figure del parco come l'ispettore capo Stefano Cerise, che mi ha spronato con la sua vicinanza e sensibilità, e il veterinario Bruno Bassano, che mi coadiuva nella raccolta dati dei censimenti. Tutto questo è fondamentale affinché la mia disabilità psicofisica non si trasformi in handicap e disagio sociale. Oggi sono la mascotte del Parco. Mi vogliono tutti bene. Lo sanno che quello che è accaduto a me avrebbe potuto succedere anche a loro».

La salita sulla cima

Ci sono anche i momenti difficili: «A volte mi chiedo perché il buon Dio abbia scelto proprio me. Mi rispondo che l'ha fatto perché sono una ragazza forte che sa reagire». Eccome se sa farlo. Sempre nel 2015 Milena compie un'impresa incredibile. «Un giorno la mia amica Luisa mi chiede di salire sul Gran Paradiso con lei. Mi sembrava impossibile ma poi ho iniziato a crederci e abbiamo organizzato una piccola squadra. C'era anche mio zio. Non è stato facile. Sono caduta diverse volte, ma mi sono sempre rialzata. E infine sono arrivata alla statua della Madonna del Gran Paradiso, a 4.061 metri. Mi batteva forte il cuore. Sono stata tanto fiera di me».

Nel 2017 Milena è stata insignita del titolo di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, un riconoscimento assegnato ai cittadini che si distinguono per atti di eroismo e impegno civile. Il motivo dell'onorificenza consegnata direttamente dalle mani del Presidente Sergio Mattarella è stato quello di rappresentare un "encomiabile esempio di forza di volontà". Milena sa di avere una "fibra" unica, ma non perde occasione per spronare tutti a vivere con pienezza e consapevolezza. «La montagna è oro e ti insegna tanto. Stando a contatto con la natura ho imparato a guardare l'esistenza mettendo a fuoco i veri valori della vita: la salute, il lavoro, la famiglia, le amicizie. Smettiamola di lamentarci per cose banali e inutili, di piangerci addosso. Bisogna spegnere la luce sulle cose brutte e accendere i riflettori sulle quelle che fanno stare bene». Se è vero che vent'anni fa il fulmine ha cambiato i piani di Milena, non c'è dubbio su chi dei due alla fine abbia vinto.

 

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