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La ginestra aquilana, bella e avventurosa

Frugale, avventurosa, resiliente, la ginestra aquilana, scoperta nel 2003 sui Monti di Arischia, nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, sta dimostrando di avere una grande capacità di far fronte alle avversità: ultima, in ordine di tempo, l'incendio divampato tra luglio e agosto nel parco che ha rischiato di bruciarne tutto il patrimonio esistente. 

  • Ludovica Schiaroli
  • Ottobre 2020
Sabato, 10 Ottobre 2020
Genista pulchella subsp. aquilana | Foto D. Tinti Genista pulchella subsp. aquilana | Foto D. Tinti

 

L'hanno salvata i Carabinieri forestali e la naturalista e botanica Daniela Tinti. "La bella ginestra aquilana è stata raccolta per la prima volta nel 2003 e dopo uno studio durato due anni si è arrivati alla descrizione di quella che oggi si chiama, scientificamente, Genista pulcella subsp. aquilana", racconta Daniela Tinti, che lavora come botanica al parco e da anni si prende cura del piccolo arbusto, mentre spiega come sia una tra le specie di ginestre più rare e a rischio di estinzione, in quanto presente solo sui Monti di Arischia in un'area caratterizzata da una strada e da un boschetto artificiale di pini.

L'aspetto è quello di un piccolo arbusto a portamento quasi strisciante, non un grande cespuglio come quello della più nota Ginestra odorosa (Spartium junceum) o della sua parente Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), ma ha il fascino delle cose rare.

Resiliente per natura

Tra le avversità che la piccola Genista aquilana ha dovuto affrontare la prima è stata la convivenza con l'uomo, che nel corso dei secoli ha completamente modificato l'ambiente in cui il piccolo arbusto si era adattato talmente bene da differenziarsi in una nuova entità botanica. Ma quello che era l'ambiente ideale, caratterizzato da praterie aride, un po' scoscese e sassose, e da una boscaglia fatta di piante di ornello, carpino e quercia è stato via via modificato, lasciando spazio a una strada e a una pineta artificiale. "Molte piante vennero sacrificate - racconta Daniela Tinti - si salvarono solo quelle che crescevano sul bordo della strada, sulle scarpate, dove non era stato possibile piantare i pini".

Operazione salvataggio

Sono gli ultimi giorni di luglio quando sui Monti di Arischia scoppia un incendio devastante. Il fronte del fuoco dura diciotto interminabili giorni, brucia la pineta e brucia anche il 60 per cento della popolazione di ginestre censite. "C'era una situazione di caos - continua Daniela - ma il secondo giorno decisi di avvicinarmi all'incendio e, accompagnata dai Carabinieri forestali, cercare di salvare i semi delle piante non ancora bruciate". Daniela conosce la posizione di tutte le ginestre, la difficoltà è che crescono sulla scarpata. "Sono riuscita ad arrampicarmi e raccogliere un po' di semi, altri per fortuna erano già stati disseminati dalla pianta, ed è stato un bene. Però adesso, domato l'incendio, il problema è il dissesto idrogeologico che viene a crearsi perché su questi valloni, ora privi di copertura arborea dove anche il soprassuolo è venuto via, non c'è più contenimento per le acque meteoriche e si formano dei canali in cui scorre l'acqua e dilava tutto a valle".

"Giusto pochi giorni dopo l'incendio è bastata una pioggia nemmeno troppo forte per creare un fiume nero che ha investito l'abitato di Arischia, che si trova poco più a valle".

Un fortunato ritrovamento

Ma quando tutto sembrava perduto e che non restasse altro da fare se non contare e segnalare le piante rimaste, Daniela trova, in un'area fuori dal parco, un nucleo di ginestre sconosciuto. Alla popolazione residua adesso si andrà ad aggiungere la nuova, senza contare i semi raccolti che sono già stati mandati al Centro nazionale di biodiversità a Pieve di Santo Stefano, dove già sono custoditi altri esemplari di ginestra aquilana. "Oggi siamo in attesa che inizino i lavori di ripristino - continua Daniela - intanto aspetteremo la prossima stagione vegetativa per vedere cosa succede spontaneamente, certamente andrà risistemato l'habitat creando delle radure per facilitare la crescita della ginestra".

La speranza è quella che ora che la pineta artificiale è bruciata le essenze autoctone riprendano da sole lo spazio che era stato loro sottratto. "Le ginestre, in quanto piante pioniere, sono frugali, con poche esigenze ecologiche e con una grande capacità di colonizzare ambienti inospitali... potrebbe anche succedere".

Un progetto per garantirne il futuro

Daniela Tinti non è la sola a preoccuparsi della piccola ginestra aquilana. Insieme a lei ci sono i ricercatori dell'Università di Camerino, l'Ente Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, i Carabinieri della forestale. Però non basta. "Qualche mese fa abbiamo presentato un progetto europeo nell'ambito del Programma LIFE proprio per salvare la ginestra aquilana - racconta Daniela Tinti mentre spiega come il progetto si articoli in tre fasi: raccogliere i semi, diradare la pineta, fare spazio a nuove piantine di ginestra".

Per saperne di più

Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

Daniela Tinti oltre a lavorare come botanica per il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è ideatrice del progetto "Libera divulgazione impertinente"

 

 

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