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Dai Picos all’Estremadura

Un sistema di aree protette ricco e articolato tutela una natura tra le più varie del Vecchio continente. Dopo decenni di polemiche e conflitti, la competizione tra centro e periferia oggi fa bene ai parchi spagnoli

 

  • Giulio Ielardi
  • maggio 2010
Mercoledì, 12 Maggio 2010

Una rete di 1.587 aree naturali protette che interessa complessivamente 6 milioni di ettari, vale a dire l'11,8% della superficie di un Paese grande più di una volta e mezza l'Italia. Più o meno mille Comuni coinvolti. Il 36 % delle coste protette. Personale degli enti gestori che supera le 4.000 unità. Una forte identità d'impronta centrale che si accosta però alle esperienze delle Regioni autonome, sempre più robuste e radicate.
Questi oggi i tratti salienti dei parchi e della natura protetta di Spagna, una realtà che in Italia gli appassionati della prima ora hanno imparato a conoscere dai pioneri – ma indimenticabili – documentari di Félix Rodriguez De La Fuente, a più riprese trasmessi dalla Rai negli anni Settanta e Ottanta. Lobo, oso, àguila sono adesso i testimonial di maggiore prestigio di un sistema di gestione territoriale estremamente articolato, avviato verso una reale integrazione nella vita sociale ed economica del Paese iberico.
Dall'istituzione del primo parco spagnolo, quello nazionale di Covadonga (oggi ampliato e ridenominato Picos de Europa), sono passati oltre novant'anni. Era il 1918. Due anni dopo nasce a San Juan de la Peña il primo Sitio Nacional, una diversa categoria di area protetta presto affiancata dai Monumentos nacionales. Occorrerà attendere diversi decenni per la nascita di nuovi parchi nazionali: nel 1969 arriva il Doñana, nel 1973 le Tablas de Daimiel, nel 1974 Timanfaya. «È soprattutto Doñana" - il parco sorto a proteggere lo straordinario ambiente costiero delle foci del Guadalquivir - "a rappresentare la prima azione di conservazione effettivamente rivolta ai valori naturalistici e non piuttosto a quelli paesaggistici», secondo il presidente onorario di Europarc–España Antonio Lopez Lillo.
Nel 1971 viene istituita l'ICONA (Istituto nazionale per la conservazione della natura), mentre è del 1975 l'approvazione della legge sulle aree protette che istituisce fra l'altro la figura del parco naturale con l'intento dichiarato di armonizzare le esigenze della conservazione con quelle dello sviluppo rurale. Molti siti d'interesse nazionale vengono allora "promossi" a parco naturale: la Dehesa di Moncayo (1978), il magico Torcal de Antequera (1979) e via via molti altri. La poderosa spinta al decentramento propria della Costituzione del 1978 porta con sé anche l'affidamento alle Autonomie regionali della competenza in materia di aree protette, coi risultati che si faranno evidenti in particolare nella seconda metà degli anni Ottanta.
Se nel 1970 la Spagna contava solo lo 0,2% di territorio protetto, è il decentramento ad avviare una vera e propria rivoluzione verde. Nel solo 1987 vengono istituite in Spagna 181 nuove aree protette, quando nel periodo 1918-1987 erano state solo 50. Molti i parchi naturali, che si moltiplicano nell'intera penisola. Una nuova legge sulle aree protette, la flora e la fauna viene promulgata nel 1989, e per la sua previsione di affidare esclusivamente allo Stato la gestione dei parchi nazionali viene impugnata da numerose Comunità autonome davanti alla Corte costituzionale. Con successo. La sentenza del 1997 è lo spunto di una nuova legge, che sancisce il coinvolgimento nella gestione dei parchi nazionali tanto dell'amministrazione centrale che di quelle periferiche. Nel 2007 una nuova sentenza della Corte costituzionale (che in Spagna si chiama Tribunal Constitucional) affida totalmente alle Comunità autonome la gestione dei parchi nazionali.
Attualmente i parchi nazionali spagnoli sono 14. L'ultimo ad essere stato istituito nel 2006 è forse il più straordinario dal punto di vista faunistico, quello di Monfrague, cuore rupestre di una regione – l'Estremadura – dove molte specie di elevato valore conservazionistico (dalle aquile agli avvoltoi, agli uccelli di steppa) conservano la propria roccaforte europea.
Il più esteso è il parco della Sierra Nevada, che assomma 86.208 ettari; il più piccolo è quello delle Isole Atlantiche della Galizia, appena 1.195 ettari. La proprietà dei terreni è per l'81 % del totale pubblica, percentuale assai maggiore di quella esistente per i parchi naturali dove è mediamente dimezzata. E da mettere in conto ci sono anche le riserve marine. Lungo i circa duemila chilometri di costa sono 14, tra cui siti ben noti come le isole Medas.
Nonostante l'accelerazione degli ultimi anni, molte aree protette spagnole restano ancora senza piano. Ce l'hanno 10 parchi nazionali su 14, nonché la metà di quelli naturali (che in tutto sono circa 160) e delle riserve. Quanto al personale, quello dei parchi nazionali conta 1.288 persone compresi i collaboratori esterni, vale a dire circa 100 a parco (ma Doñana da solo ne ha 234) oppure una persona ogni 255 ettari. Nel complesso dei parchi naturali lavorano invece 2.795 persone, con media assai più bassa di 23 unità a parco. Gli investimenti a favore dei parchi nazionali nel 2006 sono stati pari a 24 milioni di euro, in forte calo rispetto agli anni precedenti. Ai parchi naturali sono andati invece 103 milioni di euro (dati 2005 relativi a 108 parchi), ben 37 dei quali erogati dalla giunta dell'Andalusia.
È proprio la Regione autonoma con capoluogo Siviglia a rivestire il ruolo più dinamico, davanti alla Catalogna. Attualmente la RENPA, Red de Espacios Naturales Protegidos de Andalucia, è la più ampia dell'intera Unione europea con 153 aree protette in base alle legislazioni nazionali e regionali, più 86 siti individuati in base a normative internazionali. Un milione e settecentomila ettari (la metà di tutte le aree protette italiane) sono protetti da parchi e riserve "regionali" che rappresentano il 18,8 % della superficie totale.
Tale abbondanza di numeri, naturalmente, oltre alla passione e al lavoro di tanti professionisti, nasconde l'essenza stessa del sistema spagnolo di aree protette. Un eccezionale concentrato di natura come pochissimi altri Stati della vecchia Europa possono ormai vantare. Dai profili vulcanici delle isole Canarie ai solenni scenari pirenaici di Ordesa, agli stagni salmastri delle Aiguamolls de l'Empordà e del Delta dell'Ebro in riva al Mediterraneo, i parchi rappresentano il più straordinario catalogo del paesaggio nazionale. Quanto a biodiversità, poi, non sono secondi a nessuno. Ai turisti con binocolo e macchina fotografica i pieghevoli dei parchi possono promettere lupi e orsi, linci pardine, avvoltoi a migliaia (con tutte e quattro le specie europee: gipeto, monaco, grifone e capovaccaio), aquile reali e imperiali e in più la rara Bonelli, lucertole ocellate e genette, gobbi rugginosi che si alimentano negli stagni, endemismi vegetali multicolori, leccete buie e steppe a perdita d'occhio, e bianconi e nibbi talvolta numerosi come fossero cornacchie. E poi ghiandaie marine, occhioni, galline prataiole e otarde, gruccioni, strillozzi, grillai: tutte quelle specie ornitiche, cioè, che la trasformazione delle campagne sta facendo scomparire dal resto del continente.

 

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