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Filo e nuove perle per la collana dei parchi francesi

Consolidate le esperienze dei parchi nazionali figli degli anni '60, la Francia si proietta nel futuro con la formula della nuova legge del 2006: una scommessa che si sta rivelando vincente e che ha già portato alla luce due nuovi parchi (Guyane e Réunion) dando vita a Parcs Nationaux de France

  • Giulio Caresio
  • maggio 2010
Mercoledì, 12 Maggio 2010

Esistono momenti in cui la capacità di pensare in grande e sognare, con un salto ambizioso non privo di quel rischio che rende le imprese cosa viva, si traduce in realtà.
L'impressione è che i parchi nazionali francesi stiano vivendo proprio questa esperienza.
Fino a ieri Vanoise, Ecrins, Mercantour, Pyrénées, Cévennes, Port-Cros e Guadeloupe erano sette meravigliose isole di natura nate tra il 1963 e il 1989 da una volontà centrale, che poggiava sulla legge nazionale del 1960, e lasciate libere negli anni di muoversi autonomamente e prendere confidenza con il loro compito e con un territorio di riferimento, su cui risultavano calate "dall'alto".
Consolidate le singole esperienze viene il tempo di unirle, metterle a frutto, prepararsi e balzare verso il futuro, cambiando le carte non funzionali a giocare una mano vincente oggi e domani. Così è nata la formula proposta con la nuova legge del 2006: maggiore presenza delle comunità locali nei consigli di amministrazione, libertà di adesione per i comuni all'ex zona periferica (oggi appunto "area di adesione") sancita con una carta che viene rivista ogni quindici anni, strumenti giuridicamente più solidi per la gestione delle aree marine e dell'area centrale posta sotto ferma tutela che prende il nome di "cuore", creazione di nuovi parchi e di una nuova ossatura e identità per completare, consolidare e unire il sistema nel suo complesso.
Insomma in Francia il salto è stato spiccato, e oggi possiamo dire che sembra proprio nella giusta direzione. Non solo infatti dal 2006 si sono aggiunte due preziose perle oltremare (Guyane e Réunion) e ne nascerà a breve un'altra a tutelare le splendide Calanques marsigliesi, ma soprattutto ha visto i natali Parcs Nationaux de France (PNF), un filo robusto, forse poco visibile all'occhio del visitatore, ma fondamentale per legare queste dieci perle in un'unica collana.
Ma procediamo con ordine nelle novità.
Partiamo dall'eden della Guyane, una delle prime terre continentali d'America toccate da Colombo nel corso del suo terzo viaggio nel 1498, poi colonia francese fino al 1946, oggi "département d'outremer" della Francia. Un "triangolino" del continente sudamericano delimitato dal Brasile (a sud e a est), dal Suriname (a ovest) e dall'Oceano Atlantico (a nord-est) con quel tratto di costa magnifica e selvaggia cui, tra gli altri, approda nel 1916 Corto Maltese, presso Saint Laurent du Maroni, nel suo viaggio verso un "Appuntamento a Bahia". Guyane che nel dialetto "amerindio" originario significa "terra senza nome", ovvero terra tanto sacra da non poter essere nominata; "residenza" di quell'Eldorado che solo l'ottusità della conquista occidentale, con un'interpretazione letterale, fece diventare basso mito di ricchezza puramente materiale. E proprio alla ricerca di quell'oro si deve ancora oggi la maggiore pressione locale sull'ambiente: l'attività legale e illegale di "orpaillage" (il setaccio delle sabbie fluviali per trovare le preziose pagliuzze) che causa dissesto, deforestazione, intorbidimento delle acque e il loro avvelenamento a causa del mercurio utilizzato per amalgamare le particelle aurifere.
Quel che resta di un più sano Eldorado è invece proprio la natura tutelata dal neonato parco nazionale che risulta, tra l'altro, l'area protetta francese ed "europea" di gran lunga più estesa: un polmone di 34.000 kmq di foresta Amazzonica, la cui biodiversità è a dir poco inestimabile e in gran parte sconosciuta.
Per farsi un'idea della varietà, basti pensare che un solo ettaro di questa terra ospita un numero maggiore di specie arboree di quelle presenti sul territorio di tutta l'Unione Europea. Una ricchezza vegetale che ha dato vita ad ambienti umidi interessantissimi e costituito la salvezza di molte specie nei periodi di siccità e di glaciazione, motivo per cui la grande diversità si estende a tutti i viventi: mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e insetti.
Un mosaico naturale in equilibrio, in cui anche l'uomo, tramite l'organizzazione sociale delle tribù originarie, si inserisce in armonia. Ecco perché l'obiettivo ecologico è qui, più che altrove, inseparabile da quello umano: nella foresta vive senza impatti ambientali una popolazione poco numerosa che desidera conservare le sue pratiche di auto-sussistenza (caccia, pesca, raccolta, ecc...) e aprirsi a uno sviluppo delicato e graduale, fondato su ecoturismo, artigianato, agricoltura e attenta gestione delle risorse forestali. In tal senso, a garanzia del coinvolgimento diretto nel progetto del Parco Nazionale della Guyane, proprio grazie alle disposizioni della nuova legge francese, il neonato consiglio di amministrazione vede tra le sue fila una consistente rappresentanza delle comunità etniche originarie: Wayana, Wayapi, Teko e Aluku.
Preziose radici di un passato remoto dell'uomo sulla terra che mancano invece nell'isola della Réunion, scoperta nel 1500 dalle navi europee sulle rotte per le Indie e colonizzata solo a partire dal 1665 dai francesi.

Completamente differente dalla Guyane, ma altrettanto esotica con il suo clima insulare e tropicale, la Réunion è un puntino in mezzo al mare appena visibile su di un planisfero, collocato 700 km a est del Madagascar. Non è altro che la sommità di un enorme e giovane vulcano, sorto meno di tre milioni di anni fa dalle profondità dell'Oceano Indiano, le cui pendici bucano la superficie del mare dopo 4000 metri di risalita per svettare a più di 3000 metri d'altitudine con la cima ormai inattiva del Piton de Neige (3071 m), e poco più in basso con quella di uno dei coni vulcanici più attivi del mondo: il Piton de la Fournaise (2600 m).
Proprio grazie alle singolari origini e condizioni geomorfologiche non mancano gli elementi d'eccezione: bellezza paesaggistica mozzafiato, chiare dinamiche dell'evoluzione naturale, ricchezza di endemismi e specie da farne un "hot spot" per la biodiversità mondiale. Un insieme di valori che hanno portato di recente a chiederne l'ammissione nella lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO.
Tornando nel Vecchio Continente, più che il progetto delle Calanques che andrà sicuramente in porto entro il 2011, interessa raccontare la visita effettuata a Montpellier, dove dal maggio scorso si è insediata l'équipe di Parcs Nationaux de France: il nuovo soggetto pubblico frutto della legge del 2006 che tesse una rete, un filo comune, per le dieci perle nazionali francesi.
Ho trovato ad accogliermi, in un'atmosfera amichevole ed entusiasta, una trentina di volti sorridenti, per lo più giovani e in piena attività su molti fronti: creare scambi e legami tra i parchi, centralizzare una serie di servizi ed esigenze comuni, rafforzare l'immagine e la comunicazione del sistema e far nascere una sua voce capace di parlare con forza e chiarezza alla Francia e al mondo. Non credo esistesse modo migliore per concretizzare quella volontà ribadita da Chantal Jouanno, segretaria di Stato per l'Ecologia, di «mettere in risalto il valore dei parchi nazionali», per dare forma all'idea, in cui lo stato ha dimostrato di credere fortemente, così ben espressa dalle parole di Jean Pierre Giran (deputato che ha seguito come una buona levatrice la gestazione della legge ed è ora presidente di PNF), secondo cui «i parchi nazionali sono gli ambasciatori naturali della Francia nel mondo dell'ambiente».
In Francia, vien proprio voglia di lavorare per lo stato.

 

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