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Le politiche europee per la protezione della natura

Nel Vecchio Continente le aree protette sono 76mila e coprono il 18 % del territorio. Un grande patrimonio fatto di natura che però sconta la mancanza di un linguaggio e di una strategia di gestione comuni

  • Federica Thomasset, Gabriella Negrini, Renzo Moschini
  • maggio 2010
Mercoledì, 12 Maggio 2010

I congressi mondiali promossi dall'IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) hanno progressivamente orientato le politiche di conservazione verso una maggior integrazione con le politiche dello sviluppo, in una visione ideale della natura quale caposaldo per uno sviluppo equo, fondato sull'obbiettivo del miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini. Lo stesso concetto di Area Protetta (AP), è profondamente mutato. Le motivazioni che hanno portato all'istituzione dei primi Parchi in America, a fine Ottocento, preservare alcuni territori di indiscussa bellezza e ricchezza di risorse da ogni forma di sfruttamento ... per il godimento delle generazioni attuali e future, sono progressivamente evolute. Fin dagli anni '60 del secolo scorso, alla duplice finalità originaria della conservazione e della pubblica fruizione, si aggiunge una terza importante finalità, quella dello «sviluppo economico e sociale delle comunità locali». Ciò è avvenuto in particolare in Europa con la crescita dei Parchi Regionali, che hanno investito territori sempre più umanizzati, tra cui quelli urbani, come mostra l'elevata incidenza di AP localizzate proprio nel cuore dell'Europa. Tale finalità ha assunto un peso notevole anche nei paesi del Sud del Mondo, nei quali l'apertura a una gestione delle risorse naturali da parte delle comunità indigene, sta proponendo delle prospettive di sviluppo tendenti a frenare, in parte, i fenomeni di povertà e di marginalizzazione.L'attenzione si è spostata dalla difesa delle specie e degli habitat naturali alla gestione degli ecosistemi, compresi quelli agronomici; i problemi gestionali investono in maniera sempre più evidente il rapporto tra AP e contesto; diventa cruciale la valutazione del beneficio che le AP possono produrre sui territori che le includono. Per arginare il rischio di "isolamento" delle Aree Protette si pone l'accento sulla necessità di promuovere politiche di sistema a livello nazionale (IUCN, 1998), in grado di dialogare con le politiche economiche e sociali. L'ultimo Congresso mondiale dell'IUCN4 ha sancito che debbano essere considerate non solo le azioni dirette a conservare le risorse naturali, ma anche quelle in grado di intervenire sulle cause che ne possono determinare la progressiva perdita5. L'orientamento è «garantire una gestione durevole ed equa della biodiversità a livello globale e locale» e «dare una prospettiva ambientale alle politiche multisettoriali per lo sviluppo sostenibile». I temi legati ai cambiamenti climatici, all'utilizzo energetico, alla gestione degli ecosistemi in funzione del benessere dell'uomo, ai nuovi investimenti produttivi più sostenibili, s'intrecciano sempre più con le strategie ambientali, in una visione dinamica, che incorpora anche i temi delle nuove tecnologie.
Si precisa in questo senso anche una più articolata definizione di AP6 che rafforza il concetto di natura con quello di biodiversità, associandolo alle funzioni di servizio ecosistemico e ai valori culturali che incorpora. Si chiarisce la complementarietà dei valori da difendere (tra cui quelli etici e religiosi, le tradizioni, la ricreazione e l'uso sostenibile delle risorse), auspicando la diversificazione dei modelli gestionali, la co-gestione e il coinvolgimento delle comunità. Le nuove missioni delle AP si specificano, assumendo un ruolo in un campo d'azione allargato (il territorio circostante) e tran-scalare (la formazione di reti sovra-locali).
L'obiettivo di conservazione delle specie e degli habitat implica anche il mantenimento e la produzione di biodiversità, da diffondere sull'intero territorio. Il coinvolgimento delle popolazioni diventa il motore per sperimentare forme innovative di sviluppo sostenibile. La missione educativa e formativa evolve verso la promozione socio-culturale di nuove forme di rapporto tra uomo e natura, nel suo quadro di vita anche quotidiano (la natura per tutti e non per pochi).
Luci e ombre nel Vecchio Continente
In questo quadro le politiche europee per la conservazione della natura, soffrono di una marcata settorializzazione (acque, suolo, energie, rifiuti, inquinamento, aree protette) che difficilmente riesce a determinare politiche coordinate e di sistema. Si diffonde in Europa fin dagli anni '90 il concetto di rete ecologica, come strumento in grado di superare la frammentazione degli spazi naturali e rurali. La Direttiva "Habitat" 92/43/CEE costituisce indubbiamente il tentativo più importante di coordinamento delle politiche dei paesi europei nel campo della conservazione della natura7 e ha concorso a un allargamento della superficie protetta, sulla base di criteri scientifici e procedure coordinate. Il programma risente, però, di un approccio top-down, legato a modelli centralistici di gestione, incapace di confrontarsi con i problemi dello sviluppo, causa di numerose conflittualità, e di cogliere il legame tra i processi evolutivi degli ecosistemi e le interferenze antropiche e naturali a cui sono sottoposti (a partire dai cambiamenti climatici). I Siti individuati costituiscono un insieme di aree le cui connessioni non sono sufficientemente considerate dalla stessa Direttiva, rischiando di rendere vano il principio della rete. Ancor più problematica è la relazione dei Siti Comunitari con i sistemi nazionali delle AP, alle quali i Siti stessi solo in parte si sovrappongono.
La superficie delle AP in Europa copre oltre il 18% del territorio europeo (al netto dei Siti Comunitari), con dinamiche di incremento positivo che persiste anche negli ultimi anni (vedi box). Le politiche delle AP in Europa sono dipese in larga parte dalla storia, dagli apparati legislativi ed istituzionali, dalle culture e tradizioni pianificatorie dei diversi paesi e, ancora oggi, si sconta la mancanza di un linguaggio comune8. Ciò è tanto più grave in quanto le AP europee, oggi, rappresentano una molteplicità di soggetti, che sono stati in grado di costituire "reti" diramate in tutta Europa, che hanno acquisito esperienza, conoscenze, capacità di coinvolgere, comunicare, educare e sensibilizzare sui temi ambientali, come dimostrano diversi programmi di cooperazione avviati, che hanno costruito nuove geografie transnazionali9. Il quadro si complica se si considerano le designazioni internazionali, quali le Biosphere Reserves dell'Unesco, i Ramsar Sites, i World Heritage Sites dell'Unesco. L'insieme delle AP europee costituisce quindi una realtà difficile da conoscere, da gestire e da coordinare, ma anche un patrimonio importante di territori e soggetti che oggi scontano la carenza di adeguate politiche di sistema a livello europeo.
Orientamenti e prospettive
Una politica più efficace in Europa presuppone l'assunzione di orientamenti applicativi per:
a) integrare la gestione delle AP con la gestione del territorio in cui sono inserite. La prospettiva è quella di orientare e specificare il ruolo delle singole AP per coniugare le misure di protezione interne a esse con le strategie di difesa attiva e di sviluppo sostenibile dei territori coinvolti10, attraverso nuovi strumenti di governance e di pianificazione che rafforzino la cooperazione verticale e orizzontale.
b) promuovere la formazione della rete ecologica pan-europea11, a scala locale, regionale e continentale. Prospettiva che guarda ad una considerazione unitaria dei Siti Comunitari e delle AP, a una maggior integrazione tra le AP marine e quelle terrestri, con la definizione di adeguate fasce di continuità nei diversi sistemi ambientali, in grado di costituire delle vere e proprie armature ambientali (green infrastructures).
c) integrare le AP nelle politiche del paesaggio. La rilevanza dei valori paesistici nelle AP europee e le politiche avviate dal Consiglio d'Europa con la Convenzione Europea del Paesaggio (CEP, 2000), pongono l'Europa in una posizione innovativa rispetto al dibattito internazionale sul collegamento tra difesa della biodiversità e valorizzazione del paesaggio.
Tali orientamenti possono trovare in Europa un campo applicativo assai fecondo, come dimostrano i dati sul sistema delle AP e i numerosi programmi e strategie internazionali.

Una fase critica
A Parcolibri 2009, a Pisa, presentammo il libro Parchi d'Europa - Verso una politica europea per le aree protette (ETS, 2008)
Il libro offriva e offre una ricca e inedita documentazione aggiornata e puntuale grazie al prezioso lavoro che da anni svolge il centro studi del Politecnico di Torino diretto da Roberto Gambino. Le cifre consentono di cogliere al tempo stesso la dimensione complessiva di un fenomeno per molti aspetti nuovo, e le diverse situazioni dei vari Paesi e aree della vecchia e nuova Europa. L'Italia non vi sfigura per quello che si è riusciti a fare in questi anni. Da allora però la situazione ha registrato e registra un allarmante aggravamento, che non riguarda soltanto il nostro Paese. L'Unione Europea, infatti, attraversa una fase preoccupante e fatica moltissimo anche sulle materie ambientali a svolgere quel ruolo complessivo, specie dopo l'ingresso dei nuovi Paesi. Ma le difficoltà crescenti del nostro Paese sono solo in minima parte riconducibili al quadro europeo. Anzi è proprio in riferimento a quel contesto che l'Italia registra oggi delle battute d'arresto. Le nostre infrazioni comunitarie in campo ambientale – non dimentichiamo che sono oltre 200 gli atti comunitari che regolano la materia – sono cresciute, e spesso riguardano proprio aspetti e questioni inerenti alle aree protette. Si pensi agli innumerevoli Protocolli, Convenzioni, Trattati internazionali e comunitari (da quella di Berna sulla Biodiversità, a quella di Barcellona sul Mare, a quella europea sul Paesaggio, alla Convenzione alpina fino all'istituzione del cosiddetto Santuario dei cetacei) che sia pure con diversa incisività e "cogenza", come si dice, configurano gli approcci sovranazionali, spesso poco presenti nell'impegno e nell'iniziativa concreta; basti pensare, per quanto ci riguarda, alla Convenzione alpina, che figura da anni, ma con scarsa fortuna, anche in una legge nazionale, la 426.Ora, l'accresciuto peso e ruolo specifico dei parchi e delle altre aree protette non soltanto consente di rilanciare le politiche e le finalità presenti in questi importanti documenti, ma richiede assolutamente il coinvolgimento più diretto e armonizzato dei parchi. Basta pensare ai 25.000 siti di Rete Natura 2000 che coprono il 17% della superfice dell'UE, e che nel nostro Paese sono spesso situati all'interno dei parchi nazionali e regionali. Ma mentre la Commissione europea sollecita e stimola strumenti di pianificazione territoriale in grado fronteggiare in tutte le realtà nazionali tanto i problemi di tutela della biodiversità quanto il paesaggio, in Italia sono proprio questi strumenti che specialmente negli ultimi tempi sono stati pesantemente penalizzati e messi in crisi. Mentre la Convenzione europea del paesaggio rilancia l'esigenza di una tutela che faccia tutt'uno con la natura e l'ambiente, il nuovo Codice dei beni culturali entrato in vigore a fine 2009 sottrae ai piani dei parchi proprio il paesaggio. E c'è anche di peggio, se si pensa che vi sono ministri che prima propongono l'abrogazione dei parchi regionali o che puntano su una gestione delle aree protette marine lontana mille miglia da quelle politiche di gestione integrata delle coste che, anche recentemente, sono state rilanciate con un nuovo importante provvedimento. (R. M.)

Le aree protette in Europa *

76.000 Aree Protette
•oltre 90 milioni di ettari protetti
•quasi il 18 % del territorio
•circa ¼ della popolazione coinvolta
•distribuzione geografica squilibrata: Centro (29,4%), Sud (8,4%), Nord (16%),
ma capillare nelle ripartizioni sub-nazionali (solo il 12% non ha AP),
•distribuzione squilibrata anche nelle regioni biogeografiche:
34% nella bioregione continentale
25% in quella alpina
12% in quella mediterranea
•crescita continua: +23,5% nel decennio 1996-2006
•aumento caratterizzato da piccole aree: la dimensione media è passata dai 1400 ettari prima del 1996 agli 845 nel decennio successivo (media mondiale 18.000 ha)
•rapporto generalmente molto stretto dello spazio naturale col patrimonio storico e culturale e con lo spazio rurale; oltre il 52% delle AP è classificato nella Categoria IUCN "Paesaggi Protetti" (contro il 3% a livello mondiale)
•esposizione generalmente elevata ai processi di insularizzazione e di frammentazione ecosistemica: 1/3 della superficie protetta interferisce con territori a forte influenza urbana; il 16% con territori rurali a medio-alta interferenza urbana
•fasce di continuità non del tutto scontate: nei sistemi montuosi (che raccolgono 1/3 della sup. protetta), lungo i grandi fiumi europei, nel sistema costiero (molto diffuse, ma di piccola dimensione), nei sistemi policentrici delle aree urbane (che raccolgono il 5% della sup. protetta, nei territori rurali (che raccolgo più di ¼ della sup. protetta)
•elevata sovrapposizione con i siti di Natura 2000, che rappresentano poco più del 50% della superficie delle Aree Protette.

*   Ricerca Parks for Europe. Towards a European Policy for Protected Areas, svolta dal CED PPN (Centro Europeo di Documentazione sulla Pianificazione dei Parchi Naturali - dipartimento Interateneo Territorio del Politecnico e Università di Torino), in collaborazione con Federparchi e AIDAP; Coordinamento Prof. Roberto Gambino, 2007-2008; pubblicata nei tipi di ETS Edizioni, Pisa, 2008, Gambino R., Talamo D., Thomasset F. (a cura di), con titolo Parchi d'Europa. Verso una politica europea per le aree protette.

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