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Quel pasticciaccio sul Monte Arci

Doveva essere una centrale eolica sulla cima del monte in provincia di Oristano,  ma le 34 pale si rivelano tecnologicamente superate, il sito viene abbandonato e la centrale diventa una discarica. Dopo trent'anni di lotte sono iniziati finalmente i lavori di bonifica. 

  • Ludovica Schiaroli
  • novembre 2019
Martedì, 26 Novembre 2019
Parco eolico - Foto Adriano Ardu Parco eolico - Foto Adriano Ardu

Isolato e prezioso come l'ossidiana, la pietra che custodisce al suo interno, il Monte Arci si staglia alto dai suoi 812 metri s.l.m. a sud di Oristano, incurante del fascino che da secoli esercita su viandanti e amanti dell'archeologia. L'area, sin dalla preistoria è conosciuta e frequentata dai popoli del Mediterraneo per l'ossidiana, pietra vulcanica dai mille utilizzi che già nel neolitico gli uomini modellavano creando utensili, monili e frecce. Per gli aspetti collegati alla sua estrazione, dichiarati dall'Unesco Patrimonio d'interesse Internazionale, il Monte Arci costituisce l'area 1 del Parco Geominerario della Sardegna.

Ma il Monte Arci custodisce anche un immenso patrimonio naturale fatto di querce, corbezzolo, macchia mediterranea, animali come la poiana e il falco pellegrino e una rete escursionistica di oltre 200 km che hanno portato nel 1998 alla costituzione del Consorzio Parco Naturale Regionale del Monte Arci.

Le 34 pale sul Monte Arci

L'idea di costruire un parco eolico sulla cima del monte Arci, dove il vento soffia 365 giorni all'anno è venuta ad Erga, società del gruppo Enel nel 1988. Energia pulita, si diceva, da fonti rinnovabili. Poi qualcosa è andato storto.

A riavvolgere il nastro della storia ci pensa Renzo Ibba, sindaco di Morgongiori, presidente del Consorzio del Parco Monte Arci e da subito motore della battaglia contro il parco eolico sul Monte Arci.

"Il progetto è partito male fin dall'inizio - racconta Ibba - l'impianto era obsoleto, le pale hanno funzionato solo pochi mesi, non hanno creato i posti di lavori promessi, né benefici in ambito energetico, al contrario hanno impattato in modo enorme sul nostro territorio, visto che dopo pochi anni erano già diventate un ammasso di ferraglia".

Eppure "sulla carta" doveva trattarsi di un progetto all'avanguardia quello del parco eolico, invece è diventato un eco-mostro: 34 pale ognuna di 24 metri che svettano tra la vegetazione incontaminata del Parco. Imponenti e inutili.

La centrale viene installata nel 1993 e inaugurata con grande sfarzo nel 2000. Contemporaneamente arrivano le prime polemiche da parte dei sindaci dell'alta Marmilla, Morgongiori, Ales e Pau, i comuni che avevano dato i terreni in concessione a Enel.

Seguono lettere, innumerevoli diffide, ricorsi e un'ordinanza di sgombero, ma nulla si muove fino a quando nel marzo 2010 Ibba scopre che l'impianto, che non aveva mai funzionato, era stato disattivato e abbandonato. Subito contatta Enel e chiede lo sgombero e il ripristino del sito. Le richieste vengono accolte parzialmente ma solo una parte dell'area viene messa in sicurezza. Enel, infatti, non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro, l'anno successivo richiede la valutazione di impatto ambientale per il ripristino dell'impianto che la Regione blocca, a cui Enel risponde facendo ricorso al T.A.R..

Gli anni passano e si arriva al dicembre del 2013 quando il Consiglio comunale di Morgongiori emette un'ordinanza di sgombero con il relativo ripristino dei luoghi. "Fui io stesso a firmare il documento - spiega Ibba - l'obiettivo era quello di liberare l'area da tutti quei rottami e tutelare l'ambiente e il Parco. Ma nemmeno quella volta riuscimmo ad ottenere molto".

Ci vorranno altri quattro anni, ma alla fine, nel dicembre del 2018 viene scritta la parola fine quando durante una conferenza di servizi indetta tra le amministrazioni comunali di Morgongiori, Pau e Ales, il Corpo forestale, l'Arpas e l'assessorato regionale alla tutela del paesaggio viene deciso di smantellare il parco eolico con le sue 34 pale. Poco dopo arriva l'ok anche da Enel.

"Il cantiere è pronto, i lavori stanno per iniziare e a breve tutto verrà smantellato - racconta oggi con soddisfazione Ibba - però - aggiunge - ora dobbiamo verificare eventuali situazioni di inquinamento del sottosuolo e quali opere la società elettrica dovrà realizzare per compensarci del danno subito".

Ibba insieme agli altri sindaci dell'alta Marmilla non chiede soldi ma le giuste opere compensative per ripristinare un territorio da trent'anni in sofferenza.

Un parco da scoprire

"La sommità della precipite falesia rossastra è ammantata da una coltre verde con predominanza di lecci, filliree e altre specie tipiche della macchia mediterranea mentre il piano arboreo della piana sottostante è dominata da una formazione di roverelle ormai vetuste, maestose, stanche, perlopiù mutilate dal tempo e dalle intemperie nonché dalle avide e non disinteressate attenzioni delle genti... Viene quasi da raccogliersi in silenzio al cospetto di questi muti testimoni del tempo, monumentali e austeri, vetusti eppure ancora vigorosi, solitari o in densa formazione, vere torri viventi, spettatori silenti di vicende antiche e sconosciute, spesso simbolo di una natura che, in un passato lontano, ha assunto un ruolo rilevante anche sotto l'aspetto magico e religioso..."

Con queste parole il naturalista Gianni Paba descrive il paesaggio del Parco nel suo libro "Il monte Arci la montagna dell'oro nero" dove segnala anche 13 itinerari naturalistici per scoprire il territorio, non solo da un punto di vista ambientale, ma anche storico e culturale.

D'altronde questa è una terra bellissima e aspra, un po' come l'ossidiana di cui è ricca.

"Abbiamo un territorio di grande valore da un punto di vista storico culturale, archeologico e naturalistico - conferma il presidente del Consorzio del Parco Monte Arci - ma c'è ancora molto lavoro da fare per farlo conoscere". Il Consorzio che è nato nel 1998 dovrebbero diventare Parco a breve, "dobbiamo incontrare l'assessore regionale per capire i tempi per iniziare il percorso verso la costituzione giuridica del Parco", aggiunge Ibba. "Un passo importante", spiega ancora il presidente, "per poter creare delle sinergie e mettersi in rete anche con altri parchi".

Al momento sono stati creati itinerari tematici che abbracciano gli undici comuni afferenti al parco: "l'ossidiana è presente in tutti i comuni del Monte Arci, poi ci sono itinerari storico culturali, gastronomici, naturalistici, archeologici; abbiamo una rete di sentieri di 200 chilometri che ci piacerebbe rendere più fruibile con una segnaletica adeguata così come andrebbe migliorata la ricettività delle strutture".

Quello di cui sembra esserci più bisogno però è un piano turistico che valorizzi le aree interne.

Itinerari consigliati

I sentieri dell'ossidiana

In sardo la chiamano "sa pedra crobina", letteralmente, la roccia nera come il corvo, l'ossidiana, un vetro naturale di colore scuro che si origina dall'attività vulcanica e di cui il Monte Arci è particolarmente ricco. A Pau c'è l'unico museo al mondo dedicato all'oro nero dell'antichità, mentre nelle piazze del borgo, è possibile ammirare sculture in ossidiana di grandezza da guinness dei primati. Da qui partono diversi sentieri, da località Senisceddu è possibile percorrere il Sentiero dell'Ossidiana, un trekking di un'ora e mezza su migliaia di frammenti del prezioso minerale nel fitto di un bosco di lecci.

Da Morgongiori parte invece un sentiero che porta alla cava di Conca Cannas, dove è possibile osservare un filone di ossidiana.

Mentre a poca distanza da Masullas, si trova un complesso monastico trasformato in centro congressi e museo mineralogico.

Altri sentieri e percorsi si trovano ad Ales, Marrubiu, Palmas Arborea, Santa Giusta, Siris, Usellus, Villaurbana, Villaverde, gli altricomuni all'interno del Parco.

Informazioni utili possono essere trovate sul sito internet del parco

 

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