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La Val Lemme contro il cemento

Poteva essere l'ennesimo smacco ambientale e invece la mobilitazione di cittadini e istituzioni blocca la costruzione della cava e la distruzione di due sorgenti nel Parco Capanne di Marcarolo.

  • Ludovica Schiaroli
  • ottobre 2019
Venerdì, 18 Ottobre 2019
Monte Tobbio dal parco Capanne di Marcarolo - Foto Ugo Roffi Monte Tobbio dal parco Capanne di Marcarolo - Foto Ugo Roffi

Una battaglia fatti di sit-in e picchetti, irruzioni delle forze dell'ordine, ricorsi al Tar, interventi della Commissione europea e due sentenze del Consiglio di Stato per affermare che l'acqua costituisce un bene primario della vita dell'uomo e quale risorsa, a disponibilità limitata, va salvaguardata.

Incastonato tra Liguria e Piemonte, all'estremo sud della provincia di Alessandria, il Parco naturale Capanne di Marcarolo, vive la contaminazione due territori diversi ma contigui, d'altronde il mare è a pochi chilometri in linea d'aria e lo si percepisce quando il vento soffia forte portando tra il verde dei boschi l'umidità della costa.

Eppure la vicinanza con il capoluogo ligure non ha alterato la bellezza di un territorio ancora incontaminato e selvaggio, caratterizzato da altipiani, laghi artificiali e monti dalle vette modeste, ma dal fascino indiscutibile come il Monte Tobbio, chiamato con rispetto "Sua Maestà" dagli escursionisti che ogni giorno ne calpestano i sentieri.

Una miniera nel parco

La storia inizia nel 1987 quando Cementir ottiene una concessione mineraria per estrarre marna di cemento in località Monte Bruzeta, nel comune di Voltaggio, ma la coltivazione della cava non parte subito e i primi dieci anni filano lisci se si esclude la contrarietà, manifestata anche con atti formali, dei comuni di Carrosio e Gavi.

"Doveva essere una miniera a cielo aperto che si estendeva in un territorio incontaminato di 195 ettari compromettendo per sempre le sorgenti del Rollino che forniscono l'acqua ai comuni di Carrosio e Gavi, senza contare il danno ambientale che avrebbe provocato all'intera valle", racconta Emilia Calcagno, attivista e membro del Comitato contro l'apertura della cava.

"Nella zona c'era un'altra miniera, sempre di Cementir - continua Mario Bavastro, anche lui protagonista della battaglia per difendere la Val Lemme - ma si stava esaurendo, o meglio il metodo utilizzato dalla compagnia cementifera era di tipo predatorio: prendere la parte migliore e lasciare il resto, un po' come quando si mangia una torta e si mangia solo la crema... per questo avevano bisogno di un'altra cava".

Nel 1999 Cementir ottiene dal governo il rinnovo della concessione mineraria, gli viene però imposto la costruzione di un acquedotto per sostituirela distruzione delle sorgenti del Rollino, che lo sfruttamento della cava avrebbe comportato. Per la captazione viene individuato il Rio Acque Striate (il cui tratto iniziale scorre dentro il Parco Capanne di Marcarolo) con la prescrizione che la presa venga effettuata all'esterno del Parco. Nel 2001 però il governo invia un'altra nota, questa volta alla Regione Piemonte con l'invito di attivarsi per procedere alla costruzione dell'acquedotto all'interno del Parco. "Tutto questo avviene nonostante le posizioni contrarie espresse dai comuni di Carrosio e Gavi, dal Parco Capanne di Marcarolo, dalla Comunità Montana Alta Val Lemme ed Alto Ovadese e di tantissimi cittadini", conclude Calcagno.

Il popolo dell'acqua contro il cemento

La mobilitazione vera e propria inizia nel 2001 quando Cementir dà il via ai lavori di costruzione del nuovo acquedotto, si tratta di manifestazioni spontanee ancora non organizzate, in cui un ruolo determinante lo gioca il comune di Carrosio, organizzando assemblee e incontri pubblici per illustrare i danni che avrebbe causato al territorio l'apertura della cava. "Tra i motivi di grande preoccupazione - spiega Emilia - c'era la distruzione delle sorgenti del Rollino da cui scaturiva un'ottima acqua oligominerale che sarebbe stata sostituta da quella del Rio Acque Striate, che invece è acqua di scorrimento e in più contiene nichel e amianto."

"La prima azione è partita dal suggerimento di un ragazzo, Francesco - aggiunge Mario Bavastro - poi ne sono seguite moltissime: facevamo picchetti e blocchi stradali per impedire alla Cementir di iniziare i lavori di scavo, cercavamo di coinvolgere quante più persone possibile. Il nostro merito è stato quello di rallentare l'opera ma è stato fondamentale l'impegno dei comuni di Carrosio e Gavi e del Parco Capanne di Marcarolo".

Saranno proprio Emilia ed altri, in quei giorni a fondare il circolo di Legambiente Val Lemme: "avevamo capito che l'associazione ci avrebbe aiutato e supportato nella battaglia".

Operazione Trota

Gianni Repetto è stato presidente del parco Capanne di Marcarolo dal 2001 al 2011 e ricorda bene quei giorni. "Appena sono diventato presidente del parco, mi sono subito trovato in prima linea, è stato molto impegnativo".

Mentre il "popolo dell'acqua" prosegue la lotta con marce, assemblee e picchetti, Repetto riesce a bloccare per un anno gli scavi facendo rispettare "alla lettera" una prescrizione della Regione Piemonte: "nell'alveo del torrente dove Cementir doveva scavare vive la trota fario, che è protetta e non può essere disturbata se non in alcuni periodi dell'anno. Chiesi quindi secondo la prescrizione, a Cementir di produrre una dettagliata documentazione fotografica di ogni pozza e raschio del Rio Acque Striate. Purtroppo - continua Repetto - il materiale consegnato non era completo, gli unici mesi in cui avrebbero potuto scavare erano agosto e settembre che erano appena passati... così per quell'anno saltarono i lavori".

Lo scontro prosegue fino al suo apice, nel settembre del 2002, quando con un blitz delle forze dell'ordine e un'imponente militarizzazione della zona il "popolo dell'acqua" viene fermato, i blocchi vengono forzati dalla Cementir che dà inizio ai lavori. Insieme ai sindaci di Carrosio e Gavi c'è anche Repetto, che in seguito riceverà una denuncia dalla Cementir per la sua opposizione assolutamente legale e legittima.

L'acqua è più importante del cemento

"L'opposizione al progetto si è sviluppata sia attraverso ricorsi istituzionali che attraverso la mobilitazione popolare ed è stata probabilmente l'unione di queste due componenti che ha determinato il risultato ottenuto." Lo racconta con soddisfazione Vanda Bonardo, in quegli anni presidente regionale di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta, mentre ricorda quel periodo che ha visto anche l'associazione ambientalista in campo contro la società cementifera.

Una battaglia lunga e complessa fatta di ricorsi al Tar, Sentenze del Consiglio di Stato che accoglievano i ricorsi dei Comuni e fermavano i lavori (2003), a cui seguiva una nuova concessione mineraria data dal Governo Berlusconi che di fatto annullava la precedente sentenza e poi, nel 2004 il primo intervento della Direzione Ambientale della Commissione Europea che dando seguito alla denuncia di Legambiente in merito alla cattiva applicazione sulla valutazione ambientale, intima all'Italia di produrre le proprie contro deduzioni; poco dopo il Tar Piemonte accoglie il ricorso dei Comuni di Carrosio e Gavi e annulla il decreto del Governo che autorizzava di nuovo gli scavi. L'anno successivo la Commissione Europea riscrive all'Italia, questa volta affermando che sono state violate direttive europee per non avere sottoposto il progetto a valutazione ambientale.

Nel 2006 il Consiglio di Stato pronuncia la sentenza definitiva: viene respinto il ricorso della Cementir contro la sentenza del Tar (che annullava la concessione mineraria) e viene scritta la parole fine sul progetto della cava in Val Lemme.

"La sentenza evitò l'ennesimo saccheggio all'ambiente e facendo riferimento alla Carta europea dell'acqua ribadì che l'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell'acqua per il consumo umano. Una sentenza - conclude Bonardo - che sembra scritta da un ambientalista!"

L'acquedotto Acque Striate

Mario Bavastro ricorda quei giorni con soddisfazione "fu una battaglia incredibile e una delle poche volte in cui gli ambientalisti vinsero in modo così eclatante", ma ha una preoccupazione: "l'acquedotto Acque Striate è stato comunque fatto e oggi corre inutilizzato per circa 18 chilometri, parte nell'alveo del rio Acque Striate e parte lungo la strada provinciale che collega Gavi a Carrosio e Voltaggio - continua - la Cementir lo ha venduto alla Acos Spa, da anni chiedo che sia bonificata l'area, senza avere risposte".

Gianni Repetto vorrebbe invece che l'opera fosse vincolata al non utilizzo. "Non sono così certo che prima o poi l'azienda non decida di utilizzare l'acquedotto Acque Striate; oltretutto la qualità dell'acqua non è di prima qualità, come certificarono a suo tempo le analisi che facemmo e la captazione andrebbe a prosciugare un rio all'interno del Parco".

Capanne di Marcarolo, un paesaggio storico culturale

Oggi il Parco è uno scrigno di bellezza e biodiversità di cui il suo presidente, Dino Bianchi, va fiero e recentemente l'area protetta del parco è stata riconosciuta come Zona Speciale di Conservazione (Zsc) dalla Comunità europea grazie ai piani di tutela del volatili, dei chirotteri e dei lepidotteri.

Tra i progetti a cui Bianchi tiene di più c'è quello del monitoraggio del lupo attuato insieme a Cai, Asl, carabinieri forestali, cacciatori e amministrazione provinciale: "Si era interrotto circa un anno fa e da quest'anno siamo riusciti a riattivarlo. La parte interessante del progetto è la possibilità di seguire il percorso del lupo dalle Alpi agli Appennini fino al centro Italia. Organizziamo incontri informativi perché è importante spiegare alla popolazione come si comporta il lupo e come possiamo conviverci." In futuro potrebbe anche arrivare il marchio "Terre da lupi", e diventare un volano per un turismo attento all'ambiente e nello stesso tempo aumentare l'offerta didattica del Parco.

"Tra gli obiettivi della prossima programmazione - racconta ancora il presidente Bianchi - c'è anche quello di fare conoscere la storia e la cultura di questa parte di Appennino. La messa in sicurezza e l'apertura al pubblico di due miniere d'oro va in questa direzione, oltre che essere un omaggio alla nostra terra e agli uomini che lì lavorarono duramente e a volte morirono".

In questo territorio fino ai primi anni del secolo scorso si scavava alla ricerca dell'oro, delle 40 miniere presenti solo due sono visitabili da aprile a settembre ma lungo il sentiero che le collega si intravedono ancora i resti degli antichi villaggi dei minatori, oggi ricoperti dall'acqua del lago artificiale della Lavagnina.

Itinerari consigliati

Visita al Sacrario della Benedicta (Bosio, Alessandria, all'interno del Parco Capanne Marcarolo) per ricordare quando tra il 6 e il 13 aprile del 1944 reparti tedeschi appoggiati da quattro compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana e da un reparto del reggimento di Granatieri accerchiarono e giustiziarono con un'esecuzione sommaria settantacinque partigiani.

Nella primavera del '44 su questi monti operavano due brigate, la Brigata Garibaldi e la Brigata Autonoma Alessandria. Il rastrellamento della Benedicta, secondo i nazifascisti, avrebbe dovuto annientare la Resistenza, al contrario diede nuova linfa alla lotta partigiana. Oggi c'è un museo a cielo aperto per ricordare chi diede la vita per la libertà.

Trekking da Voltaggio al Monte Tobbio

L'itinerario parte dalla scalinata a destra dalla Chiesa Parrocchiale di Voltaggio che si inoltra ripida nel bosco. Poco dopo si incontra una grande frana dovuta all'alluvione del 2014, superato il bosco si entra nella parte più suggestiva dell'itinerario: il Monte Tobbio si palesa in tutta la sua maestosità mentre si è immersi in un paesaggio brullo e selvaggio, si prosegue fino al Passo della Dagliola, da qui si prende il sentiero a destra che porta in circa 45 minuti sulla cima del Tobbio da cui nelle giornate più terse oltre all'Arco Alpino e alla Val Borbera, si vede luccicare il Mar Ligure. Per il rientro si torna sui propri passi. L'itinerario non ha particolari difficoltà, ma avendo una durata di quasi 5 ore con un dislivello di 750 metri è consigliato ad escursionisti allenati. Il percorso è ben segnalato.

Località di partenza e arrivo: Voltaggio

Durata itinerario a/r: 5 ore

Dislivello: 750 metri

Per informazioni e itinerari:  Parco naturale delle Capanne di Marcarolo ; Aree protette appennino Piemontese

 

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