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Cevenne. Gorge, asini e altipiani

Le Cevenne con i loro ampi spazi naturali e una natura selvaggia e variegata costituiscono una delle aree europee in cui la biodiversità è in forte ripresa. Queste montagne furono attraversate da un viaggiatore d'eccezione: Robert Louis Stevenson

  • Aldo Molino, Marta Fabio
  • aprile 2010
Giovedì, 15 Aprile 2010

"Per quanto mi riguarda, viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare". (R.L.Stevenson)

Nell'autunno del 1878 un turista inglese lasciò le Monastier sur Gazeille nella regione francese del Velay per dirigersi verso sud in compagnia dell'asina Modestine. Dopo 12 giorni e 220 km attraverso il Gevaudan, le Cevenne e il Tarn, il solitario camminatore concludeva il suo trekking ante-litteram a Saint Jean du Gard non lontano da Ales. Di quell'esperienza, intrapresa vuoi per conoscenza, vuoi per pene d'amore, vuoi per sperimentare il rapporto con la natura, il viaggiatore ci ha lasciato un interessante diario: "In viaggio con un asino nelle Cévennes" . Ne è autore un giovane Robert Louis Stevenson che di lì a qualche anno troverà la fama con opere come "L'isola del tesoro" e lo "Strano caso del Dr Jekill e di Mr Hyde" . Un'attenta lettura del testo ha permesso di rintracciare quell'itinerario, divenuto "le chemin de Stevenson", il GR 70, che offre ai camminatori la possibilità di ripercorrere le orme dello scrittore e soprattutto di scoprire l'anima vera del Midì francese. Il viaggio tocca la regione vulcanica del Velay, il Gévaudan dove ancora aleggia la leggenda della "bestia", e il Parco Nazionale delle Cévennes. Con una superficie di 84.400 ettari più altri 237.000 della zona periferica, il parco occupa la parte meridionale del Massiccio Centrale. Istituito nel 1970, è l'unico dei parchi nazionali francesi ad avere all'interno dei suoi confini una popolazione umana stabile (500 ab.). L'area protetta copre una pluralità di ambienti davvero invidiabile il granitico e arcaico Mont Lozere, le morbide colline "cevennuole", le profonde gorge della Junte e del Tarn, i solitari e ancestrali altipiani calcarei.Sui Causses il tempo sembra essersi fermato, gli spazi si dilatano, la presenza umana più che discreta, i veri padroni sono il vento e il silenzio. E puoi fare incontri che non ti immagini, non coi terribili lupi ormai estinti, ma ad esempio con il cavallo di Przewalski antesignano di quello domestico che un tempo correva fiero e selvaggio nelle steppe della Mongolia. Pressoché scomparso in natura è al centro di un complesso progetto che prevede l'allevamento in cattività, il ri-ambientamento e quindi il trasferimento nelle terre di origine per essere reintrodotto. Alzando gli occhi al cielo, se si è fortunati, si può ammirare il lento e solenne roteare dell'avvoltoio monaco, riuscita reintroduzione avviata nel 1992 che ha fatto seguito a quella del grifone. Quest'ultimo, estinto negli anni '40 del secolo scorso, vittima del pregiudizio e delle insensate persecuzioni, è tornato a nidificare nelle Gorge della Junte. Nel piccolo comune di St. Pierre de Trippies il "Belvedere de Vouture" offre la possibilità, mediante potenti cannocchiali e webcam posizionate strategicamente, di ammirare questi magnifici uccelli e di conoscerli meglio anche attraverso la visita dell'annesso museo. Discendendo il Tarn si potranno trovare le tracce di un altro illustre rappresentante della fauna europea: il castoro. A differenza della lontra anche lui è stato oggetto di reintroduzione. Complessivamente le Cevenne sono l'area europea in cui la biodiversità si è negli ultimi trent'anni maggiormente arricchita di specie reintrodotte (oltre a quelle citate anche cervi, caprioli, mufloni, gamberi) o ri colonizzanti come lontre, gufi, rane.
Nell'ambito territoriale della Riserva della Biosfera che comprende parco e pre-parco delle Cevenne si trovano ben 2410 specie animali, con 89 specie di mammiferi, 208 di uccelli e 1824 insetti. Anche la flora non è da meno con 1700 specie di piante vascolari e 40 differenti orchidee. Le chiavi di lettura delle Cevenne e quindi di visita sono molteplici: naturalistica, geologica, storica e umana. Terre aspre e selvagge hanno visto nel corso degli anni una drastica riduzione della presenza umana, che ora si limita a pochi hameau e a qualche solitaria fattoria. I paesi sono giù in basso negli slarghi delle gole dove c'è l'acqua, sugli alti plateau si trovano ormai solamente i pastori con le loro greggi. Pecore da latte che alimentano le cave, le grotte naturali di Rochefort, paese situato ai margini del Causse du Larzac, dove i formaggi sapientemente inoculati di muffe ricavate dal pane di segale e fatti stagionare si trasformano nei sapidi e golosi erborinati. Tre ecomusei, del Lozère, del Causse e del Tarn, aiutano nella comprensione di queste realtà territoriali e soprattutto costituiscono un forte strumento per il mantenimento dell'identità locale. Pont de Monvert oltre alla memoria del passaggio di Stevenson ricorda i Camisards, i protestanti cevennati che dopo la revoca dell'Editto di Nantes nel 1685 si ribellarono alla stato cattolico tenendo testa talvolta vittoriosamente a due marescialli. Solamente nel 1705 i soldati del Re ebbero ragione degli insorti. Da Grizac, che si raggiunge per una tortuosa stradina secondaria che passa accanto a una delle tante pietre della regione a cui sono attribuiti poteri taumaturgici (un menhir della fertilità), iniziò il suo percorso Urbano V, figlio dei signori del castello ultimo Papa della cattività avignonese. Menhir e dolmen si trovano un po' ovunque ritti a far bella mostra di sé oppure abbattuti. Sopra Florac, dove si trova la casa del parco e che è il centro turistico più importante della zona, all'ingresso del Causse Mejan il dolmen de Pierre Platte è uno dei più interessanti della regione, frequentato dalle popolazioni locali in quanto il lastrone superiore guarirebbe dalla pertosse. Il Monte Aigoual in bilico tra Mediterraneo e continente non soltanto offre un colpo d'occhio eccezionale sulla regione, dedalo di valli, costoloni e altipiani, ma anche un osservatorio meteorologico e un'esposizione dedicata alla meteorologia che ci racconta di fenomeni atmosferici, nuvole e bufere di neve. Ci sono poi le Cevenne nascoste, quelle delle grotte e del mondo ipogeo. L'aridità degli altipiani è soltanto apparente. Nelle Cevenne piove moltissimo: sino a 2000 mm di precipitazioni annua. La pioggia che penetra nella roccia calcarea scava gallerie e pozzi e torna alla luce nei torrenti che percorrono le gole. Molte, importanti e interessanti sono le cavità naturali attrezzate turisticamente e che si possono visitare come le fantasmagoriche grotte des Demoiselles, quelle di Dangillan o l'aven d'Orgnac. "Sur le chemin de R.L.Stevenson" è l'associazione che a partire dal 1994 si è posta l'obiettivo di far conoscere quest'itinerario culturale e di coadiuvare gli escursionisti nella preparazione del trek. L'associazione raggruppa oltre 80 operatori turistici, i "Relais Stevenson", che propongono pernottamenti, ristorazione, affitto asini, accompagnamento e trasporto bagagli e sono situati sul percorso di base o nelle immediate vicinanze.

La bestia

Tra le molte "new-entry"delle Cevenne manca per ora il lupo. Il grande predatore, scomparso nel secolo scorso, da queste parti continua a non essere ben visto; ma come non dare torto ai "cevenuoli". Sebbene siano passati duecentocinquanta anni, la "bestia" continua ad agitare i loro sonni e lo stesso nome, loup, va pronunciato con circospezione. Agli inizi del mese di aprile nel 1764 una pastorella francese della regione del Gévaudan, che stava accudendo la sua mandria di mucche al pascolo, venne assalita da una belva sbucata all'improvviso dalla foresta. La fanciulla riuscì a salvarsi grazie al forte muggito delle mucche che spaventò l'animale, ma non fu creduta dagli altri contadini quando disse di aver visto «un'enorme belva dal pelo molto folto e rossiccio e dalle zampe dotate di lunghi artigli». Ci fu bisogno di altre testimonianze e nuove violente aggressioni per trasformare l'animale da semplice lupo alla "Bête" del Gévaudan. Furono ben 172 le persone sbranate dalla belva nell'arco di tre anni, le vittime erano perlopiù donne, bambini e anziani uccisi sul far della sera. Subito si scartò l'ipotesi che fosse un solo lupo dall'analisi dei cadaveri, sui quali la belva, dopo averli dissanguati, faceva scempio della testa e del viso e ne rovistava le viscere. Proprio questo metodo di uccidere della Bête, alimentò il mito che stava sempre più diffondendosi in Francia fino ad arrivare alla corte reale di Luigi XV, che mise una cospicua "taglia". Dopo le molte battute condotte dagli abitanti locali coadiuvati dai dragoni espressamente inviati dal re e che portarono allo sterminio di molti lupi, verso l'inverno del 1776 le aggressioni cominciarono a diradarsi progressivamente: è probabile che la famosa bestia del Gévaudan sia stata uccisa dal coraggioso contadino, Jean Chastel, che impugnato il fucile sparò a breve distanza colpendo un grosso lupo da 100 libbre. Ma cos'era esattamente la bestia? Un enigma che ancora oggi fa discutere e che per circa due secoli e mezzo ha dato voce alle più svariate interpretazioni: da un mostro dotato di poteri sovrannaturali all'ipotesi che dietro la Bête si celasse un serial killer, a un lupo mannaro assetato di sangue a un esemplare isolato o una coppia di tigri del Caucaso. Oppure una fantasia elaborata da chi non riesce a dare una spiegazione all'imprevedibilità del suo rapporto con la natura e il suo mistero. La vicenda comunque fa ancora parlare di sé, tanto da essere riproposta recentemente anche in versione cinematografica di successo: Il patto dei lupi, film del 2001 diretto da Christophe Gans.(M. F.)

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