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I tesori dell'Irpinia

"La veduta era estesissima a noi intorno, e dapertutto veramente – dai poggi irpini ai con­trafforti lucani, dall'acuminato Vesuvio all'ampio Vulture sorridente, su monti e valli di mille colo­ri, fra cielo e mare d'una sola tinta cilestrina, ­dapertutto regnava dolcissima una quiete serena e splendeva ineffabile una luce tersa e dorata, una luce benigna, che dava all'animo non so che impressione profonda di calma e di riposo".

  • di Ludovica Schiaroli
  • Luglio 2019
Martedì, 9 Luglio 2019
Veduta sul Parco Monti Picentini (Foto L. Grasso) Veduta sul Parco Monti Picentini (Foto L. Grasso)

Con queste parole, Giustino Fortunato, parlamentare, meridionalista ed escursionista ante-litteram, nel 1883, descrisse l'incanto di quello che diventerà il Parco Regionale Monti Picentini. Un comprensorio di sessantatrémila ettari nel cuore dell'Appennino Campano tra le province di Avellino e Salerno, caratterizzato da angusti valloni, monti che toccano i 1800 metri, come il Cervialto e il Terminio, valli, grotte, pianure e corsi d'acqua: queste montagne custodiscono la riserva d'acqua più grande del Sud Italia. Un luogo strategico sotto il profilo ambientale e idrogeologico e allo stesso tempo un paesaggio culturale. La storia del parco è molto antica, tracce di frequentazioni risalgono al Paleolitico, al Neolitico, all'Età del Bronzo e del Ferro e numerose sono le testimonianze che raccontano di antichi insediamenti etruschi, greci e romani, furono quest'ultimi a fondare la colonia "Picentia" nel 278 a.C. a cui si deve il nome del Parco.

Nascita di un parco

"Questa battaglia l'abbiamo vinta. È successo perché ci abbiamo creduto in tanti e un po' alla volta abbiamo convinto gli amministratori di tutti i comuni che il parco poteva diventare un volano per lo sviluppo socioeconomico del territorio". Lo racconta Vincenzo Armenante ambientalista, memoria storica e per anni responsabile dei parchi regionali della Campania per il WWF.
Era il settembre del 1993 quando venneinstituito, insieme a tutti gli altri parchi regionali, con legge regionale n. 33/93 il Parco Monti Picentini, un primo passo di un lungo cammino, fatto di lotte, manifestazioni, incontri e sit-in che porteranno, dieci anni dopo, alla perimetrazione di quello che è il parco oggi. "Bisogna ricordare, però - continua l'ambientalista - un passaggio fondamentale che fu nel 1997 l'istituzione dell'Oasi naturalistica del Monte Accellica, un territorio montano di grande valore ambientale che venne affidata alla gestione del WWF; partimmo da qui perché convinti di poter sfruttare anche il richiamo mediatico che portava ogni anno il Festival del Cinema di Giffoni... e funzionò!"
Successi ma anche sonore bocciature: nel 2000, la Corte Costituzionale accolse il ricorso del sindaco di Procida che contestava una norma procedimentale e il Parco Monti Picentini (insieme ad altri dieci parchi regionali) venne bocciato. Il rischio di tornare all'anno zero è concreto e alla fine sarà la Regione Campania a risolvere il problema riformulando la norma contestata attraverso una serie di conferenze di servizi e incontri istituzionali a cui parteciparono province, comunità montane, comuni e associazioni. Nel 2003 i Monti Picentini diventano Parco.

Nel santuario dell'acqua dove manca l'acqua

La strana storia di Caposele e di come sarebbe potuto diventare il santuario dell'acqua se non si fosse deciso di sfruttare le risorse acquifere del territorio la racconta Lele Grasso, consigliere delegato all'ambiente del comune di Caposele e attivista dell'associazione Gruppo attivo Luciano Grasso, che dal 2010 insieme al Comitato per il fiume Calore lotta per la salvaguardia dell'ecosistema fluviale messo a rischio dalla costruzione della Pavoncelli Bis: il tunnel sotto l'Irpinia che collega le sorgenti del Sele all'Acquedotto pugliese. "Ci hanno messo trent'anni a costruirla ed è costata 180 milioni di euro e ancora non è funzionante. Un'opera ormai obsoleta che in tutti questi anni abbiamo sempre cercato di fermare, che non era utile allora e che oggi non serve più, visto che lo scopo originario doveva essere portare l'acqua in Puglia... ma nel frattempo al di là dell'Appennino hanno creato altre infrastrutture. Qui in paese, invece, spesso restiamo senz'acqua!"
"Quei soldi potevano essere impiegati per aggiustare una rete idrica che ha gravi problemi", conclude Grasso.
Contro il raddoppio della Galleria Pavoncelli Bis ebbe un ruolo determinante l'allora presidente del parco Sabino Aquino, idrogeologo e oggi professore di geologia applicata, che non si stanca di denunciare lo spreco di denaro speso per l'opera.
"La battaglia avremmo potuto vincerla, ma sono intervenuti i 'poteri forti' - racconta Aquino - nel 2007 grazie all'azione giudiziaria intrapresa dal parco, l'Autorizzazione fu annullata con sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, e confermata dalla Cassazione nel 2008 poi, improvvisamente, nel 2009 il progetto fu blindato politicamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri che dichiarò lo stato di emergenza in Campania e Puglia in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli". Ed è cosi che l'Irpinia perse il suo oro blu.

Alla ricerca dell'oro nero

Insieme all'oro blu è l'oro nero l'altra fonte di preoccupazioni nell'Alta Irpinia. In queste terre così ricche e fragili si combatte da anni una battaglia per la tutela di un equilibrio idrogeologico messo a rischio dalle continue richieste di trivellazioni.
Una delle concessioni di ricerca viene attribuita nel 2010 e coinvolge un'area di 698,50 Kmq, e tra i comuni interessati c'è anche Nusco, nel perimetro dei Parchi Picentini. Quando nel 2012 viene depositato il progetto, nascono diversi comitati di cittadini che si oppongono alle trivellazioni, a cui aderiscono anche i sindaci di alcuni dei comuni interessati e al loro fianco, insieme alle associazioni ambientaliste, c'è anche l'allora presidente del parco, Sabino Aquino. I rischi che evidenzia Aquino sono: inquinamento delle falde acquifere dovuto non solo alle trivellazioni per la captazione dell'idrocarburo, ma anche alle infrastrutture che servono per trasportare le sostanze alle raffinerie. "Inoltre - spiega - i sistemi di condotte utilizzare, nonostante tutti gli accorgimenti, sono sempre soggetti a perdite e qui ci troviamo in presenza di un terreno e di acque sotterranee che formano un sistema molto complesso. Senza contare che il territorio presenta rischi sismici notevoli".
Nel corso degli anni sono state molte le manifestazioni, le petizioni e gli incontri per fermare la spoliazione del territorio e oggi si può dire che lo sforzo sia stato ripagato. "Alla fine un'autorizzazione vera e propria non è mai arrivata - racconta ancora Vincenzo Armenante - noi ambientalisti ce l'abbiamo messa tutta, certamente ha fatto la differenza essere all'interno di un territorio protetto..."
Fino all'annuncio di qualche mese fa arrivato dalla voce del senatore Franco Ortolani, geologo da sempre contrario alle trivellazioni in Alta Irpinia, che ha comunicato la sospensione temporanea dei permessi in Campania e a Nusco. "L'obiettivo è quello di accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale alla decarbonizzazione, sostituendo progressivamente gli idrocarburi con le fonti rinnovabili", si legge nella nota del governo.
Ma il comitato No Trivellazioni petrolifere in Irpinia non nasconde lo scetticismo in un commento su Facebook: "Sospeso per 18 mesi il Permesso Nusco. Nessun cenno a pregiudiziali di ordine ambientale ma solo una ridefinizione del quadro economico. Auspichiamo l'interventi normativi concreti e non provvedimenti tampone".

Un parco da rilanciare

"Ci arrangiamo come possiamo, d'altra parte con un bilancio di circa novantamila euro all'anno riusciamo a mala pena a coprire le spese correnti" - lo racconta Dario Dello Buono, architetto responsabile amministrativo e anche direttore facente funzioni che divide la sua settimana lavorativa tra i comuni di Castelvetere sul Calore, Chiusano di San Domenico e il Parco Monti Picentini. "Il quaranta per cento delle mie ore lavorative le dedico al parco, qui il personale è poco, soldi ce ne sono ancora meno e perciò ci dobbiamo arrangiare". Il problema è che nell'ultima programmazione (2014-2020) la Regione non ha messo a disposizione nessuno stanziamento economico e gli unici progetti che sono andati avanti sono quelli legati a fondi comunitari.
"La Regione - spiega Dello Buono - non è riuscita a emanare ulteriori bandi, e quindi anche noi siamo bloccati. Negli anni passati abbiamo realizzato progetti importanti come il percorso di mountain bike sull'altipiano dell'Acerno, il museo del Carnevale a Castelvetere sul Calore (qui è stato recuperato il centro storico che è divenuto un albergo diffuso), un villaggio scout sull'altipiano di Verteglia... ma ora tutto è fermo". Nel parco ci sono anche diciassette aree archeologiche, "purtroppo non tutte adeguatamente attrezzate e fruibili - aggiunge Dello Buono - eppure potrebbero essere importanti poli di attrazione di attività culturali".
Una situazione complessa dove anche le associazioni ambientaliste hanno difficoltà e non sempre riescono a incidere come vorrebbero. Lo dice con un certo disincanto Piernazario Antelmi, delegato della Campania per il WWF. "Non sono anni facili per noi ambientalisti, i problemi sono tanti e non sempre abbiamo il supporto delle istituzioni".
Per superare l'attuale crisi, il neo presidente del parco l'architetto Fabio Guerriero, ha creato un coordinamento insieme ai presidenti degli altri parchi regionali e delle riserve naturali della Campania: "Ci incontriamo un paio di volte al mese e ci confrontiamo, le questioni da risolvere sono la mancanza di risorse, di personale e l'approvazione del piano di gestione dei parchi; uno degli obiettivi - continua Guerriero - è approvare il piano di gestione per rendere autonomo finanziariamente l'Ente parco. Siamo già stati convocati due volte in regione e abbiamo sottoposto alla commissione ambiente la situazione che è grave ma a nostro avviso può essere risolta, se finalmente la regione decidesse di investire nei parchi, che potrebbero così diventare una grande occasione di sviluppo per il territorio".
Intanto come prima mossa il presidente ha riaperto la sede del parco di Acerno, in provincia di Salerno che si affianca così a quella di Nusco in provincia di Avellino.

Itinerari suggeriti

Trekking alle miniere di ittiolo
Un percorso semplice e adatto a tutti, interessante sia da un punto di vista ambientale che storico: lungo il tragitto è possibile visitare le miniere di ittiolo, unguento che si ottiene dagli scisti bituminosi ricchi di depositi fossiliferi ittici e che veniva utilizzato per la sua azione antisettica. Le miniere funzionarono fino alla prima metà del novecento, fin quando la diffusione del mercuro cromo provocò il declino dell'ittiolo.
Per il percorso: si raggiunge la Sp. 25 che porta da Giffoni Valle Piana a Serino dove sulla destra inizia un sentiero che attraversato un ruscelletto con un ponticello raggiunge i ruderi di un opificio industriale. Da qui il sentiero risale in maniera agevole fino al varco del Patanaro dove sulla sinistra scendendo per un ripido sentiero si raggiungono in breve le gallerie principali delle miniere.
Curiosamente, alla storia delle miniere contribuì anche Maria Bakunin, la terzogenita figlia del rivoluzionario russo, che tra il 1910 e 1920 soggiornò a Giffoni Valle Piana. Frequentò l'Università di Napoli dedicandosi alla scrittura della mappa geologica d'Italia studiando anche le rocce che caratterizzano le montagne dei Picentini.

Durata: 3 ore compresa la visita alle miniere.

Di grande interesse da un punto di vista storico-artistico è la visita alle Grotte di San Michele in Olevano sul Tusciano, inserite dall'Unesco nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità.

Link utili

www.parcoregionalemontipicentini.it

 

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