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Nebrodi al tramonto?

Il paradosso del più grande parco siciliano: grazie al suo presidente, Giuseppe Antoci, risorge e chiude le porte alla mafia. Ma il governatore Musumeci, in omaggio allo spoils system, commissaria l'ente e caccia l'uomo della rinascita

  • Mauro Pianta
  • Febbraio 2018
Martedì, 20 Febbraio 2018
Nebrodi al tramonto?


Un parco rinasce, vede aumentare del 40 per cento le presenze di un turismo rispettoso della natura, mette alla porta mafiosi che lucravano su terreni e pascoli drenando fondi europei, trascina con sé in un circolo virtuoso un intero territorio, il suo coraggioso presidente sfugge per un soffio a un attentato mafioso e il governatore di quella Regione che fa? Commissaria l'ente e caccia il presidente. Perché? È lo spoils system, signori. Quel governatore ha vinto le elezioni un anno fa e adesso decide lui.

Gli attori
La surreale vicenda va in scena in Sicilia. Il parco è quello dei Nebrodi (dal greco "nebros", cervo) la più grande area protetta dell'isola che raggruppa 24 comuni fra Enna, Messina e Catania. Un polmone verde, un paradiso della biodiversità grande quattro volte Milano. Il suo presidente è Giuseppe Antoci, 50enne, esperto di economia e finanza, nominato alla guida dell'ente nel 2013 dall'allora governatore Rosario Crocetta. Per la sua determinazione nella difesa della legalità, Antoci – scampato nel maggio del 2016 ad un attentato mafioso grazie alla prontezza della sua scorta e di un vicequestore – riceverà dal presidente Mattarella l'Ordine al Merito della Repubblica italiana. Il Governatore è invece l'onorevole Nello Musumeci, il quale ha subito precisato che il commissariamento ha coinvolto tutti i parchi dell'isola.

Le posizioni
«Dal canto nostro – ha dichiarato infatti Musumeci- abbiamo esercitato senza alcuna eccezione per tutti gli enti regionali il diritto allo spoils system, applicando una legge del governo Crocetta, peraltro voluta proprio dal partito di Antoci (il PD, ndr). E al Parco dei Nebrodi abbiamo destinato un ufficiale del Corpo Forestale, noto per avere condotto impegnative indagini di polizia giudiziaria. Noi non abbiamo scelto un dirigente di partito. Appare disarmante come, ancora una volta, l'antimafia diventi strumento di campagna elettorale».

«Il mio mandato – dice Giuseppe Antoci a Piemonte Parchi – sarebbe scaduto a ottobre e avevo già chiarito tempo fa che non sarei stato disponibile per un bis. Evidentemente Musumeci aveva fretta di mandare un segnale e di far capire in modo inequivocabile, con il decreto della mia rimozione, da quale parte sta. Ma nessun decreto potrà cancellare il lavoro positivo che è stato fatto in questi anni...».

Il lavoro svolto nei Nebrodi
Tante, in effetti, le iniziative messe in campo da Antoci e dalla comunità in un parco che proveniva da dieci anni di stagioni commissariali. Qualche esempio? La riscoperta di antichi tratturi e l'ideazione di nuovi percorsi che hanno consentito a molti di riscoprire la bellezza di un "isola" dentro l'isola: un luogo fatto di boschi alimentati da corsi d'acqua e laghi, di rocche dove è possibile ammirare grifoni e aquile reali. E poi la creazione di un Centro Studi per il dissesto idrogeologico, il rilancio della filiera dei suini neri dei Nebrodi, un'antica razza autoctona che si stava estinguendo. O ancora: la creazione di un marchio di denominazione di origine protetta "Nebrodi Sicily". «E' la prova – ci dice Antoci – che è possibile sviluppare il territorio avendo un'attenzione per l'ambiente. Tant'è che la presenza turistica è cresciuta mediamente del 40 per cento».

Il "protocollo Antoci"
Ma un elemento di svolta è stato indubbiamente la creazione, insieme con il prefetto di Messina, Stefano Trotta, del cosiddetto "protocollo Antoci", contenente le linee guida per contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nelle procedure di concessione a privati di beni compresi nei territori del parco. Un protocollo che nel settembre del 2017 è stato recepito dal nuovo codice antimafia divenendo legge dello Stato. «In passato – spiega Antoci – l'affitto di quei terreni pubblici veniva messo a bando. Partecipavano cordate in cui erano presenti noti esponenti di famiglie mafiose che scoraggiavano la partecipazione degli onesti e utilizzavano una possibilità prevista dalla legge sugli appalti: per importi inferiori a 150mila euro, infatti, non era necessario presentare una certificazione anti-mafia rilasciata dalle Prefetture, ma era sufficiente un'autocertificazione (ovviamente falsa). Risultato: i finanziamenti europei sui terreni dati in gestione venivano accaparrati sempre dalle stesse famiglie. Noi – prosegue Antoci – abbiamo abbassato a zero euro la soglia dell'obbligatorietà del certificato, smontando la funzionalità del giocattolo...». Da qui gli avvertimenti giunti ad Antoci, un'escalation di minacce culminate con il fallito attentato nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 a Santo Stefano di Camastra (Me). Cosa ha convinto Antoci a proseguire in quella pericolosa lotta? «La consapevolezza – risponde a Piemonte Parchi – di essere sulla strada giusta, quella che avrebbe restituito dignità alla nostra terra. Ho pagato un prezzo, la minor libertà mia e della mia famiglia che vive blindata da anni, ma ero consapevole dei rischi e ne avevamo parlato a lungo. Ho fatto solo il mio dovere, insieme a tante altre persone espressione delle istituzioni e della società civile, lasciando sempre fuori dal parco le questioni politiche/partitiche».

 

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