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ll Parco della Sila tra biodiversità e vestigia archeologiche

Elefanti preistorici, templi greci, strade romane e spade longobarde: alla scoperta dei tesori del Parco nazionale della Sila emersi dal Lago Cecita

  • Loredana Matonti
  • Gennaio 2018
Lunedì, 29 Gennaio 2018
Lago Arvo ghiacciato Foto G. Bevacqua Lago Arvo ghiacciato Foto G. Bevacqua

 

La Sila sorprende da subito: sorge dove non ce la si aspetta, nel mezzo di una lingua di terra lunga e stretta al centro del Mediterraneo, la Calabria.
È un emigrante in una terra di emigranti, un pezzo di Alpi che nel corso di milioni di anni ha percorso un viaggio “al contrario”, scendendo dal nord al sud.

Le sue caratteristiche geologiche, unitamente a quelle dovute alla sua posizione geografica, determinano una serie di paesaggi unici a livello sicuramente europeo, se non mondiale. Coperta di alberi, e non a caso soprannominata da sempre “Gran Bosco d'Italia”, è stata sfruttata per millenni per la costruzione di navi, case, chiese... Sin dai tempi della Magna Grecia, se non da prima ancora.
Dal punto di vista floristico è considerata dagli studiosi del settore come una delle aree dell’Appennino meridionale dove più alto è il tasso di endemismo. Tra gli endemiti silani un posto di rilievo spetta al Pino laricio o Pino nero di Calabria (Pinus nigra subsp. calabrica), che cresce in queste foreste e in pochissimi altri luoghi del mondo; ma a fargli compagnia, a seconda dell'esposizione dei vari versanti montuosi, troviamo anche faggi, abeti bianchi, querce, castagni, aceri, tigli. Nei cespuglieti sono ospitate altre specie endemiche come Viola messanensis, Polygala alpestris subsp. Angelisii, Rosa viscosa, mentre i pascoli aridi silani ospitano un altro ricco contingente di taxa endemici dell’Italia meridionale quali Phleum ambiguum, Bunium petraeum, Hieracium macranthum, Silene sicula, Koeleria splendens subsp. brutia, Petrorhagia saxifraga subsp. gasparrinii, ecc.

Ma sotto la fitta copertura boschiva pullula anche un’interessante fauna. Si aggirano furtivi lupi, cinghiali, volpi, tassi, lontre, cervi, caprioli, perfino il gatto selvatico; gli scoiattoli si arrampicano lungo i tanti tronchi, accompagnati dal ritmico martellare dei picchi, evitando lo sguardo attento di poiane, astori, sparvieri, falchi pellegrini e nibbi reali.
A vegliare la notte troviamo invece il gufo reale, l’allocco e il barbagianni, ma in tutto sono ben 113 le specie di uccelli censite finora nel Parco della Sila, di cui 13 incluse nell'Allegato 1 della Direttiva Uccelli (2009/147/CE) e 32 considerate 'specie europee di interesse conservazionistico'. Il complessivo scenario faunistico del Parco Nazionale della Sila sembra evidenziare così il ruolo particolarmente rilevante di alcuni ecosistemi, quali in particolare i residui lembi di foreste vetuste, con la loro associata e spesso peculiare entomofauna saproxilica, ovvero che si nutre di legno morto.

Tra queste specie singolari troviamo qui l’Osmoderma italica (cetoniide appartenente allo stesso genere di Osmoderma eremita, emblema dello stato di conservazione delle foreste europee, specie prioritaria della Direttiva Habitat ad alta priorità di conservazione, a causa della rarità delle condizioni ambientali favorevoli al suo ciclo biologico), Cucujus cinnaberinus, (cucujidae subcorticicolo, legato a consorzi forestali maturi, segnalato per la Calabria agli inizi del 900’, non sembra essere stato catturato in Italia nel corso degli ultimi 50 anni), Eurythyrea austriaca (Buprestidae legata alle vecchie stazioni autoctone di abete bianco), Acanthocinus xanthoneurus (specie esclusiva delle faggete, con la larva monofaga, si nutre solo del legno di faggio) e Rosalia alpina (cerambicide molto nota per la sua appariscente colorazione azzurra con grandi macchie nere, con le larve che si sviluppano nei tronchi marcescenti).

Terra di laghi e di storia

La distesa dei boschi è interrotta dai tre maggiori invasi artificiali: i Laghi Cecita, Arvo e Ampollino e da altri specchi d'acqua di minore estensione ma ugualmente di grande bellezza come i Laghi Passante e Ariamacìna, quest’ultimo sede anche di un'Oasi naturalistica. A proteggere questo splendido altopiano, ha ricordato il Commissario Straordinario, Sonia Ferrari, provvede l'Ente parco nazionale della Sila, che nella sua giovane vita (è stato creato solo nel 2002) ha già ottenuto un importantissimo riconoscimento come “Riserva della Biosfera UNESCO”, nell'ambito del programma MAB “Man and the Biosphere”. L'apposita Fondazione Riserva Area “MAB Sila” recentemente costituita dal parco con un ampio partenariato, si dedica allo sviluppo socio-economico sostenibile del territorio non solo del parco, ma anche delle zone che lo circondano. Altri risultati di rilievo sono l'inclusione nella Tentative List UNESCO, ai fini dell'individuazione dell'area come “Patrimonio Mondiale dell'Umanità” e il riconoscimento della Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle aree protette.

La conservazione, lo sviluppo economico, sociale e sostenibile e la logistica, grazie al parco e alle iniziative della Fondazione, si sposano al turismo sostenibile e alle tante attività che è possibile svolgere: dallo sci, sia di fondo che di discesa, al trekking, dal canottaggio, allo sleddog, alla mountain bike o all'equitazione, passando per le visite ai centri storici dei comuni del comprensorio, ai maestri artigiani che ancora portano avanti antiche tradizioni orafe, tessili e di tanti altri generi, senza dimenticare i Centri Visita “Garcea” e “Cupone”, per finire con le numerose aree di interesse storico o archeologico, l'agricoltura, l'enogastronomia, la cultura, la biodiversità, l'energia rinnovabile, la mobilità sostenibile, l'accessibilità e tante altre attività di un territorio, quello della Riserva Unesco Area “MAB Sila”, che va dai 1928 m di Botte Donato sino al livello del mare, per complessivi 326 mila ettari e 324 mila abitanti. Candidatura ancora più meritata considerando i recenti ed eccezionali ritrovamenti archeologici che hanno stupito anche gli addetti ai lavori.

Sulle rive del Lago Cecita, in località Campo San Lorenzo, sono stati rivenuti resti di un Elephas antiquus, di una spada di tipo “scramasax”, un tempio magno-greco e armi dedicate alla divinità femminile del santuario, fino addirittura a una strada romana. Vista la ricchezza archeologica dell’area e l’importanza del ritrovamento dell’Elephas antiquus «il Parco, il Comune di Spezzano e la Soprintendenza hanno ora stilato un protocollo d’intesa per la loro conservazione» - ha ricordato Giovanna Verbicaro della Soprintendenza, illustrando anche «il ritrovamento di un antico tempio magno-greco, forse collegabile alla colonia di Kroton, dedicato ad una divinità femminile alla quale venivano dedicate delle armi abbandonate in situ da coloro che partivano per il servizio militare».
Riprova di quanto la Sila fosse una risorsa importante per l’Impero Romano.

Il protagonista maggiore è senza dubbio l’elefante, i cui resti, una volta restaurati, «torneranno qui in Sila», come ha tenuto a sottolineare il Sindaco di Spezzano, Salvatore Monaco. Come ha raccontato Antonella Minello, dell’Università del Molise, «inizialmente la tentazione era di attribuire i resti a uno degli elefanti di Annibale, ma la dimensione delle zanne, quasi il doppio di quella degli elefanti ‘storici’, ci ha fatto poi propendere per l’attribuzione dei resti all’Elephas antiquus, che ha popolato l’Europa da circa 800,000 fino a 40,000 anni fa.
Bisognerà attendere naturalmente lo studio morfologico e le analisi di laboratorio prima di poter confermare con assoluta certezza la specie precisa di elefante preistorico».
«I tempi sono stretti, visto che il sito è ubicato in una zona normalmente sommersa fino ad una profondità di 5 metri» - ha ricordato il Direttore f.f. del parco, Giuseppe Luzzi - «ma grazie alla collaborazione di tutte le istituzioni e dei soggetti coinvolti sono certo che riusciremo nell’impresa. Non per niente il nostro è un parco che ha sempre fatto anche del turismo culturale e storico un suo elemento distintivo forte».

 

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