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Crau, i sassi di Ercole

In Provenza per conoscere un paesaggio unico tra i luoghi della biodiversità europea

  • Aldo Molino
  • novembre 2013
Giovedì, 13 Marzo 2014
Crau, i sassi di Ercole

"Acampestrido e secarouso,
L'inmènso Crau, la Crau peirouso
Au matin pau à pau se vesié destapa ;
La Crau antico, ounte, di rèire
Se li raconte soun de crèire,
Souto un deluge confoundèire
Li Gigant autourous fuguèron aclapa. »
(F.Mistral, Mireio canto VIII)

Mirella, Mirelhio, l'eroina cantata da Mistral, farebbe sicuramente fatica oggi a riconoscere la Crau.
Bonifiche agricole prima, autostrade, complessi militari, capannoni industriali, discariche, espansione edilizia poi, hanno in buona parte cancellato l'antico paesaggio. Dei 60.000 ettari di "coussous "originari un tempo ne restano forse non più di 10.000.
Coussous e il termine in lingua provenzale per designare il paesaggio caratteristico di questa steppa.
Anche il viaggiatore, per lo più frettoloso e distratto, raramente si accorge di stare attraversando un territorio antico dalle caratteristiche molto particolari e per certi versi uniche.
Una delle tante leggende che si raccontavano un tempo è che la Crau sia stata creata da Zeus che per venire in aiuto si Ercole rimasto a corto di frecce, fece cadere sui nemici una pioggia di pietre.
Nel 1983 l'Comunità europea ha classificato quest' area al secondo posto, su di una lista di 12 siti naturali, da proteggere con priorità assoluta.
Crau: un malinconico deserto di sassi battuto dal freddo vento del nord in inverno, bruciato dal sole d'estate, ma un mare d'erba a primavera oggi come un tempo ospitale per le greggi transumanti che scendono a svernare dalle prealpi Provenzali e dalle valli delle Alpi Marittime.
Sui muri sbrecciati e corrosi delle antiche bergerie, i pastori hanno lasciato le loro tracce, nomi e cognomi che tradiscono spesso origini italiane o meglio provenienze dalle valli d'Oc, Grana, Maira, Stura del versante piemontese delle Alpi. Erano più di 150.000 le pecore che seguendo le antiche "draye" (gli omologhi provenzali dei tratturi dell'Italia centro-meridionale) raggiungevano i pascoli provenzali per poi tornare sulle Alpi d'estate. Anche se oggi le greggi si sono di molto ridotte e la transumanza non avviene più a piedi ma su mezzi motorizzati la pastorizia è ancora praticata con il ritmo delle stagioni e le stesse modalità di un tempo
Fondamentalmente la Crau è una vasta pianura ciottolosa arida e quasi priva di vegetazione arborea originatasi circa 18.000 anni fa quando la Durance, il fiume francese che percorre le Alpi meridionali e che ha le sue sorgenti al Monginevro (l'etimo e analogo a Dora con significato per le antiche popolazioni pre-romane di "corso d'acqua") abbandonò il suo primitivo estuario per andare a confluire nel Rodano, lasciando la vastissima conoide di deiezione poggiante su un più antico letto di conglomerati, formata dai milioni di ciottoli trascinati verso il mare dalle valli alpine. Come si sia evoluto questo paesaggio lo si può intuire osservando il letto attuale della Durance in periodi di magra nella zona a monte ad esempio del Ponte di Mirabeu.
La protezione della parte residua della Crau è stata posta in essere a partire dal 1974 dal C.E.E.P (Conservatoire Etudes des Ecosystemes de Provence) attraverso anche l'acquisto e l'acquisizione grazie a donazioni e alla disponibilità dei proprietari di 249 ha di Coussuns e la creazione nel 1987 con l'aiuto del comune di Saint Martin dell'Ecomusèe de la Crau, dell'Ecomuseo centro di informazione e di accoglienza per il pubblico. Tra le finalità dell'ecomuseo c'è quello di aiutare a scoprire il valore dell'eccezionale patrimonio naturale di questa piana e di raccontare la relazione tra uomo e ambiente attraverso le attività agricole tradizionali.
Apparentemente un deserto privo di vita, la Crau propone al visitatore attento un mondo affascinante di piante e animali (soprattutto uccelli) perfettamente adattati e mimetizzati, basta citare l'occhione, la gallina prataiola, la grandule e le molte specie di allodole. I cumuli di ciottoli realizzati durante l'ultima guerra per rendere impossibile l'atterraggio di aerei militari sono diventati luoghi di nidificazione dell'upupa uccello che altrimenti non nidifica a terra;visitatore occasionale è il capovaccaio, il più piccolo e il più raro degli avvoltoi europei che alloggia nelle vicine falesie delle Alpilles (la piccola catena montuosa che chiude l'orizzonte) e che frequenta la Crau per alimentarsi così come altri rapaci come il nibbio reale e il falco grillaio che qui ha l'unico luogo di riproduzione di Francia.
Le zone umide in particolare il Canal de Vergière a nord della riserva di Peaue de Meau sono eccezionalmente ricche di libellule:del centinaio di specie europee note, ben 46 si possono trovare qui, situazione determinata dalla presenza di innumerevoli microhabitat differenziati.
La flora è evidentemente quella più adattata a questa situazione estrema con molte piante aromatiche come timo, rosmarino, lavanda e altre particolarmente rare.
Non nancano ovviamente rettili, scorpioni, insetti e ben 22 specie di formiche.

La visita

La piccola capitale della Crau è Saint Martin paese situato lungo la strada che collega Salon an Provence (area camper in centro-servizi) con Arles. Nei pressi della chiesa troviamo l'Ecomuseo: il locale ospita iservizi amministrativi, il centro visite della Crau è un museo etnografico che illustra i lavori e le botteghe artigianali di un tempo. Qui si acquista il biglietto (3 euro) che consente l'accesso e la visita lungo il sentiero autoguidato di Peaue de Meaue. Seguendo le indicazioni (attenzione alla svolta a sinistra per lo stagno di Aulnes). Superato lo stagno, si aggira la Viergere e si giunge al parcheggio. A piedi si prosegue lungo l'ampio sterrato che si inoltra nella steppa sassosa per poi prendere a destra. Utilizzando la mappa sul retro del biglietto per orientarsi si segue il sentiero in qualche punto non troppo evidente giungendo così alla bergeria (locale di osservazione dall'alto) e continuando al sito archeologico e al canale seguendo il quale si torna al punto di partenza. L'anello completo richiede un paio d'ore di cammino e si sviluppa per circa 5 Km.
Attenzione in caso di maltempo o di scarsa visibilità perché i punti di riferimento sono molto pochi e orientarsi non è facile nell'uniformità del paesaggio.
L'Ecomuseo organizza comunque anche visite guidate. Sulla strada del ritorno valgono una sosta sia lo stagno (una strada ne raggiunge la sponda) sia l'arboretum situato all'ingresso del paese.

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