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Nelle risaie di Trino, con gusto

Prosegue il viaggio nei paesaggi rurali storici piemontesi: oggi andiamo a Trino, dove il paesaggio rurale è il risultato di un intreccio indissolubile tra biodiversità e storia locale

  • Enrico Rivella
  • Maggio 2021
  • Mercoledì, 23 Giugno 2021
Campo di frumento, risaie e sullo sfondo il Bosco della Partecipanza - Foto Bdi Regione Pemonte Campo di frumento, risaie e sullo sfondo il Bosco della Partecipanza - Foto Bdi Regione Pemonte

Proseguiamo il viaggio virtuale nei paesaggi rurali storici piemontesi mappati da Rete Rurale Nazionale ed ISMEA in Google My Maps.

Questa volta ci spostiamo a Trino dove il paesaggio rurale è fortemente impresso da aspetti connessi alla biodiversità ed alla storia. Quanto alla prima, pochi territori in Italia possono vantare quattro aree di importanza comunitaria della Rete Natura 2000: le Paludi di San Genuario e la Zona Umida di Fontana Gigante, la Zona Specifica di Protezione dell'Avifauna "Risaie vercellesi" e il Bosco delle Sorti della Partecipanza, eccezionale residuo della foresta planiziale padano-veneta giunto fino a noi grazie alle rigide regole di gestione dei tagli rispettate sin dal 1275, quando l'area venne assegnata dal Marchese del Monferrato in comune proprietà (la "partecipanza", appunto) ai cittadini di Trino. A questa incredibile storia di comunanza di interessi che ha consentito di mantenere il bosco come risorsa fondamentale di tutta la collettività, oggi si aggiunge il riconoscimento ad area protetta regionale che, in accordo con i soci-partecipanti, ha come obiettivo selvicolturale quello di riportare a lungo termine il bosco delle Sorti a ritrovare la sua identità di querco-carpineto planiziale e nuovi servizi legati alla fruizione turistico-educativa del patrimonio arboreo.

Dal nome romano del grande Bosco, il "Lucus Dei" sacro alla divinità, probabilmente Apollo, e come tale protetto a fine di culto, deriva il nome l'adiacente Abbazia di Lucedio, che ha svolto un ruolo importante nell'affermazione della risicoltura padana che circonda da ogni lato il bosco. Il Marchese Ranieri del Monferrato, della dinastia degli Aleramici, agli inizi del XII secolo donò una vasta porzione dei territori di sua proprietà ad un gruppo di monaci cistercensi provenienti dalla Francia, i quali perfezionarono un sistema agricolo di unità abitative e agricole, le "grange", ognuna con la sua tipicità architettonica e la sua imponenza, destinato a resistere per secoli. Le sette grange lucediesi diventarono importanti poli economici alla base della ricchezza e della conseguente potenza dell'Abbazia ed - in tempi moderni - dalla Grangia di Leri, ove risedette abitualmente il Conte Cavour, prese impulso la razionalizzazione dei canali irrigui che trasformò il territorio in un mare di camere di risaie.

Le risaie attorno al bosco, oltre a giovarsi degli unici paesaggi terrazzati e del profilo boschivo del rilievo su cui si erge solitaria la cupola barocca della Madonna delle Vigne, sono un vero hot spot di biodiversità: è facile osservare gruppi numerosi di avifauna acquatica che frequenta le risaie sommerse e fa la spola con la Garzaia di Montarolo al piede del Bosco, una delle maggiori di tutta l'Italia settentrionale. Il Canale della Regina, antica depressione di origine ignota e larghezza inusuale, ospita piccoli stagni dove sopravvive una delle ultime popolazioni di Testuggine palustre; sugli argini delle risaie è possibile ammirare due specie protette a livello europeo come la Marsilea quadrifolia, rara felce acquatica un tempo diffusa nelle risaie e la Licaena dispar, la farfalla delle paludi in forte regressione in tutta Europa che in queste risaie ha trovato un suo baluardo. Anfibi, Odonati e Pesci vivono nel reticolo irriguo e nel Lamporo, unico corso d'acqua vercellese che ha mantenuto la configurazione naturale a meandri degli antichi corsi d'acqua di pianura e su cui si sono concentrati gli sforzi di ricostruzione della rete ecologica da parte della Provincia di Vercelli e dell'Ente di Gestione del Po Piemontese, con il supporto di Arpa Piemonte.

L'opportunità che può offrire questo patrimonio naturalistico e storico-architettonico legato alle risaie non è ancora stata del tutto colta dai risicoltori, a livello generale, anche per la prevalenza della dimensione medio-grande imprenditoriale tra le aziende agricole. Negli ultimi anni - però - i più intraprendenti si stanno orientando verso iniziative di sviluppo sostenibile, che puntano sulla conservazione del paesaggio. E' il caso dell'azienda Vecco della Grangia di Montarucco, che abbina la ricerca dell'innovazione nel campo della riduzione dell'impatto ambientale alla custodia dei biotopi in proprietà, l'azienda Osenga di Trino, che ha trasformato la propria riseria storica in un centro didattico per le visite al Bosco e -infine - il giovane risicoltore Mattia Pastore che ha iniziato nei campi di proprietà familiare un'opera di ricostruzione della trama di ambienti seminaturali che convivono con la risaia.

Intervistiamo proprio quest'ultimo, che aderisce con altre aziende risicole piemontesi all'Associazione "Polyculturae", dedicata al recupero, alla tutela e alla certificazione della biodiversità degli ecosistemi agricoli. "L'aggressione da parte dell'uomo alle risorse naturali – spiega Pastore – sta minacciando ormai la sua stessa sopravvivenza. Agricoltura e biodiversità sono temi profondamente legati. L'approccio moderno e industriale, che dalla seconda metà del secolo scorso caratterizza l'agricoltura, è una delle cause principali della perdita di biodiversità, non solo di quella agricola, ma a livello globale. Di fronte a questa situazione ci siamo associati ad altre aziende agricole che, pur nelle diversità, condividono nella teoria e nella pratica il rispetto per tutte le forme di vita naturali dei campi. Una realtà che nasce dagli agricoltori e, nel tempo, intende continuare ad essere gestita dagli stessi. Tra le attività realizzate vi è il marchio Biodiversitas, una certificazione di sistema, e non di prodotto, a cui ogni azienda agricola può aspirare, a patto di impegnarsi concretamente a raggiungere certi obiettivi in termini di ripristino e tutela della naturalità degli agro-ecosistemi. Oggetto della valutazione di conformità a tali obiettivi è,  non tanto il modello di gestione o la tecnica agronomica, quanto il risultato raggiunto in termini di biodiversità, coltivata e spontanea, aziendale. Non è stato semplice individuare indicatori ben sperimentati, integrabili, applicabili su varie scale e che diano conto della estrema complessità degli ecosistemi, non dimenticandosi che per la loro reale utilizzazione debbono non essere troppo onerosi. Tenendo conto di questi fattori, valutiamo diversi bioindicatori come la maturità della vegetazione, la biodiversità del suolo, la presenza di prati, boschi, etc., la diversificazione culturale e la conservazione delle varietà tradizionali, il metodo di gestione, le altre azioni a tutela della biodiversità".

Sul Paesaggio rurale storico di Trino, ARPA Piemonte ha realizzato questo video, con le testimonianze dei protagonisti.

Si segnala che anche il video sul Paesaggio rurale storico della Baraggia vercellese e biellese, di cui si è parlato nell'articolo "Parchi da Gustare in Baraggia", è visionabile sul sito di Arpa Piemonte  o su Youtube a questo link

Altro video pubblicato è quello sulle Policolture Storiche della Valle Uzzone, sempre sul sito di Arpa Piemonte e su Youtube