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Datemi un dittatore, ma anti-spreco

  • Bruno Gambarotta
  • agosto/settembre 2011
  • Martedì, 30 Agosto 2011


Bruno Gambarotta
Per non correre il rischio di sbagliare, quando mi mandano a fare spese in farmacia, pretendo di avere un foglio con la lista dei medicinali da comperare o da ordinare. Al mio turno, allungo il foglio alla farmacista senza parlare, per sottolineare il mio ruolo subalterno, di mero strumento esecutivo. Lei lo prende, legge il primo prodotto della lista e mi domanda: "Come lo vuole? In gocce, pastiglie, spray, in supposte, crema, da nebulizzare, da iniettare, a rilascio lento, in sospensione, in granuli, da introdurre nelle orecchie, nell'ombelico?". Ne dico uno a caso e lei riprende: "A che gusto? Limone, fragola, melograno, ananas, papaia, cetriolo, melanzana dell'Andalusia, ginger, fiori di campo calpestati da Heidi, cerva in calore, muflone in letargo?". È in farmacia che sono diventato un ambientalista favorevole ai regimi dittatoriali. Solo un dittatore illuminato, e spietato, può raggiungere l'obiettivo di spazzare via tutta la moltiplicazione esponenziale di prodotti e delle loro infinite variabili. Solo un dittatore può imporre alle industrie farmaceutiche di realizzare confezioni adeguate al consumo previsto. Se il medico mi prescrive di assumere quattro dosi in tutto perché devo comprare una confezione da dodici? Non solo pagandole di più o facendole pagare al servizio sanitario, ma inquinando l'ambiente quando butterò via le altre otto inutilizzate. L'abbondanza è oscena, sempre. Come minimo inquina la mente, la tiene occupata nel futile dilemma della scelta. Conosciamo le obiezioni, la prima delle quali si richiama alla libertà che non si può coartare, siamo in democrazia. Libertà? Andate davanti a un liceo all'ora dell'uscita e osservate gli studenti, maschi e femmine. Se sono liberi di scegliere come mai hanno tutti, ma proprio tutti, sulla spalla lo zaino della medesima marca? Per favore trovatemi uno studente, uno solo, che porti i libri dentro una borsa da tenere in mano e poi torniamo a parlare di libertà di scelta. Trovatemi uno sciatore di città che adoperi scarponi e sci di moda l'anno prima. La seconda obiezione è la convenienza economica. Una mia personale battaglia con i ristoratori è contenuta nella domanda: "Perché non fai arrivare i camerieri al tavolo con il piatto di portata in modo che ogni commensale possa servirsi della quantità di cibo che pensa di poter mangiare?". La risposta è sempre: "Lo faccio perché mi costa meno far arrivare ai tavoli i piatti già porzionati dalla cucina, così un cameriere può servire molti più tavoli". Pazienza se in tal modo si spreca del cibo, il personale costa molto di più. Dove lo spreco raggiunge livelli sovrumani è nel servizio a buffet, dove tutti si riempiono i piatti fino a sfidare le leggi della fisica nel terrore di rimanere senza, poiché, com'è noto, arriviamo tutti da una stagione di digiuni prolungati. Esiste un inquinamento anche nell'informazione, dove la sovrabbondanza rende isterici e sovreccitati, nella gara a chi per primo dà la notizia, diventata oggetto di scambio. Nelle nuove generazioni la notizia, sempre la stessa di passaggio in passaggio, ridotta in poche frasi, diventa motore frenetico di contatti e di conversazioni, senza che mai qualcuno tenti un approfondimento. Salvo poi scomparire all'arrivo della successiva. Per esempio, qualcuno sa dirmi che fine ha fatto la famosa casa di Montecarlo, abitata dal cognato di Fini? L'epidemia da Esterichia Coli ha fatto meno morti di un week end sulle strade del Piemonte, o se preferite sulle montagne e spiagge italiane. In compenso la gara a diffondere la notizia fra chi ne sapeva di più ha provocato miliardi di danni all'agricoltura di tre nazioni, costringendo a buttare tonnellate di verdure incolpevoli. Aspettiamo con ansia il prossimo allarme. Lo sapete che le case editrici, quando ritirano le copie invendute di un libro le mandano al macero perché il magazzino sarebbe più costoso? Arriva per ultima la madre di tutte le obiezioni: se tutti incominciamo a sprecare di meno, rallenta il consumo e di conseguenza la produzione. Se il PIL rallenta o addirittura decresce, non solo non si creano nuovi posti di lavoro, ma se ne perdono fra quelli già in essere. A parte che il PIL non può crescere indefinitamente e che anche i terremoti e le inondazioni fanno crescere il PIL di un paese per le spese necessarie alla ricostruzione, possiamo abituarci tutti a vivere in modo più sobrio ma in un mondo meno invaso dagli oggetti. In mancanza di un dittatore, inventiamoci un ordine monastico laico, con regole severissime. E facciamo proseliti: è così gratificante andare in contro tendenza!