L'alluvione del 2 e 3 ottobre sarà sicuramente ricordato nella storia come uno degli eventi più disastrosi in Ossola. Anche le nostre aree protette hanno dovuto fare i conti con questa calamità: i parchi Veglia e Devero, infatti sono diventati in quei giorni temporaneamente inaccessibili a causa di frane e allagamenti delle vie di accesso. L'Ente ha pertanto dovuto annullare le proprie consuete attività di monitoraggio.
Pare giusto a questo punto fare qualche riflessione sul futuro della conservazione. I fenomeni di dissesto, infatti sono indubbiamente una minaccia anche per gli obiettivi di tutela degli habitat e delle specie. Non solo il danneggiamento della rete infrastrutturale (strade, sentieri, piste agrosilvopastorali, ecc.) impedisce all'Ente di svolgere le proprie attività, ma esondazioni e frane distruggono o danneggiano gli ambienti naturali.
Basti pensare ad esempio alla perdita di superficie delle praterie alpine o di quelle destinate a pascolo a causa dei franamenti e del materiale solido e ligneo depositato dalle acque esondate. In questi casi solo la mano dell'uomo può accelerare il recupero attraverso le attività di ripristino legato alle pratiche agricole ed alle sistemazioni idrogeologiche. La conservazione pertanto non può essere realizzata semplicemente mettendo sotto una campana di vetro habitat e specie protette (campana che i cambiamenti climatici inesorabilmente incrinano), ma attraverso oculate attività di gestione in una visione conservazionistica a 360 gradi.
Tale visione passa dalla salvaguardia della rete infrastrutturale (a partire dalla garanzia degli accessi alle aree oggetto di tutela), al ritorno alla manutenzione diffusa sul territorio (per difendere la vulnerabilità degli habitat dagli eventi atmosferici), a quella infine che lega la sostenibilità della biodiversità alle attività antropiche tradizionali.
Fonte: Ente di gestione delle Aree protette dell'Ossola