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Sul Pellice meno uova di trota marmorata

La passeggiata di sabato 5 gennaio lungo le sponde del torrente alla ricerca dei luoghi dove le trote depongono le uova ha dato esiti diversi rispetto al passato: ne sono state contate molte meno, probabilmente a causa della piena dello scorso novembre.

Martedì, 8 Gennaio 2019

Durante l'annuale passeggiata lungo le sponde del Torrente Pellice alla ricerca dei luoghi dove le trote depongono le uova, tenutasi sabato 5 gennaio e organizzata dal Parco del Monviso in collaborazione con il Servizio di Tutela della fauna e della flora della Città Metropolitana di Torino, ha dato esiti diversi rispetto gli anni passati.

La conta delle freghe, ovvero dei nidi di deposizione delle uova della Trota marmorata, utile a un censimento locale della popolazione, ha rivelato solo dodici nidi, contro le più di cento dello scorso anno. Ciò è probabilmente dovuto, spiega Anna Maria Gaggino del Parco del Monviso, alla piena del torrente Pellice dello scorso novembre: «La piena autunnale del torrente, decisamente più intensa del consueto, ha con ogni probabilità cambiato l'assetto del corso d'acqua rendendolo meno praticabile alle trote. La maggiore portata idrica attuale e l'aumento della sabbia nel letto del fiume ne sono alcuni chiari indicatori: le trote, nell'impossibilità di risalire il Pellice a causa delle sue condizioni, hanno cercato, probabilmente più a monte, lungo i torrenti Cantogno o Ghiandone, un ambiente più idoneo per la deposizione delle uova».

Questa situazione, pur non essendo di per sé eccezionale e irreversibile, porta comunque a fare considerazioni generali sullo stato di salute dei nostri corpi idrici, gli stessi che, a causa delle pressioni antropiche, sempre di più diventano poco ospitali per specie ittiche e non solo, a volte anche di specifico interesse conservazionistico. Nel corso dell'ultimo ventennio, corsi d'acqua che ospitavano popolazioni ben strutturate di salmonidi, come ad esempio il Po, il Cantogno e Ghiandone si sono "spopolati" anche a causa di una gestione poco accorta (eccessive captazioni, continui lavori in alveo, protezioni spondali, sversamenti, ecc), amplificata dai cambiamenti climatici in corso.

Fiumi sempre più senz'acqua, banalizzati, rettificati, spogliati dalla vegetazione arborea ripariale non sono in grado di sostenere a lungo termine popolazioni ittiche e di resistere ai cambiamenti climatici in corso.

 

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