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C'è vite (selvatica) nel Monte Fenera

Una ricerca del parco naturale in collaborazione con l'Università di Milano per salvaguardare un patrimonio a rischio di estinzione

  • Mauro Bettini Luciano Rossi
  • novembre 2015
  • Martedì, 10 Novembre 2015

 

La ricerca sulla vite selvatica (Vitis vinifera sylvestris) presente nel Parco è nata in collaborazione con l'Università di Milano, nell'ambito di un progetto nazionale che ha catalogato i siti in cui è ancora presente, con lo scopo di salvaguardare un patrimonio a rischio di estinzione e di assoluto valore nella comprensione e ricostruzione dei processi di domesticazione della vite, vale a dire l' utilizzo sistematico e l'elaborazione del metodo di trasformazione in vino operato dall'uomo.

La popolazione di vite selvatica del Monte Fenera rappresenta un caso peculiare nell'ambito della popolazione di vite selvatica italiana sia per la localizzazione topografica e geografica, che per l'inquadramento climatico: sono piante spontanee presenti in ambienti caratterizzati da alta naturalità, non minacciati dalla pressione antropica; mentre la maggior parte delle viti selvatiche crescono fra 0 e 300 metri, quelle presenti nel Parco si collocano intorno ai 700 metri.

I risultati dello studio condotto hanno attestato che 14 viti del Monte Fenera presentano un genoma ricadente tra quello delle viti selvatiche; la popolazione in questione risulta povera e soggetta ad una progressiva omogeneizzazione, probabilmente dovuta ad un ridotto scambio genetico con altre popolazioni.

Questi aspetti, uniti all'incapacità di portare a termine la maturazione dei propri frutti nei consueti tempi della vite selvatica, portano ad ipotizzare che la popolazione sia l'eredità di un lontano passato in cui le condizioni climatiche erano più favorevoli alla sua crescita e la sua diffusione era maggiore; nonostante tutto, le viti riescono ad avere un moderato sviluppo, ma l'importanza della loro presenza è anche nella relazione che esiste con l'insistenza nell'area archeologica del monte Fenera, la quale riveste un interesse di primaria importanza per i ritrovamenti delle più antiche testimonianze umane del Piemonte.

In seguito a ciò sono stati definiti gli obiettivi di conservazione di questa specie per valorizzarne l'area dal punto di vista ambientale, turistico ed economico.

Va sottolineato che le viti selvatiche del Parco, pur geneticamente lontane dalle varietà coltivate nei vigneti a sud dell'Area Protetta, dove si produce, con il vitigno nebbiolo, il Boca DOC, con la loro presenza rivestono un grande valore culturale.
Nell'ultimo anno gli studi della facoltà di Agraria dell'Università di Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente, si sono concentrati sulla identificazione e caratterizzazione dei ceppi di lieviti indigeni presenti sulla buccia del frutto.

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