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Peonia officinale, il fiore dell’Olimpo

Conosciuto fin dall’antichità per le sue proprietà curative, il raro e bellissimo fiore rappresenta il simbolo del Parco Monte San Giorgio

  • Loredana matonti
  • agosto 2010
  • Domenica, 1 Agosto 2010

Poco sotto la cima del Monte San Giorgio si trova una delle sette stazioni del Piemonte dove cresce ancora spontanea la rara e bellissima Peonia (Paeonia officinalis). Pianta erbacea perenne, appartiene alla famiglia delle Peoniacee costituita dal solo genere Paeonia, molto diffusa come pianta ornamentale di cui esistono numerose varità sia erbacacee che arbustive, e che, a differenza della specie spontanea europea, sono anche molto profumate. La P. officinalis è alta fino a 60 cm, caratterizzata da un robusto e profondo rizoma fusiforme, con fusti lisci ed eretti con un unico grande fiore alla sommità, privo di odore, di colore rosso-cremisi, che potrebbe contendere alla rosa lo scettro di regina dei fiori. Simbolo del Parco stesso, è una delle specie più belle e vistose della nostra flora, colpendo l’occhio anche del turista meno attento, grazie al colore smagliante e alle dimensioni dei fiori. Proprio per questo la sua sopravvivenza è minacciata da raccolte vandaliche e la specie è perciò protetta dalla legge in tutta Europa. Come spesso accade, le cose più belle sono le più effimere e, poiché non è rifiorente, chi vuole godere della sua seducente fioritura dovrà accontentarsi di ammirarla per poche settimane attorno a fine maggio-giugno. In Oriente, la peonia (in questo caso si tratta di altre specie, molto più grandi di quelle europee) era associata all’immortalità; la scorza delle radici veniva indicata come risolutiva contro i dolori mestruali e di ventre dopo il parto e per gli attacchi acuti di appendicite. Simbolo di eleganza e raffinatezza in Cina e in Giappone, era il fiore degli imperatori, i soli che potevano coltivarlo e coglierlo. Il nome del genere sembra derivi da Peone, medico greco dell’antichità, che secondo una delle versioni del mito, riuscì a guarire con questa pianta una ferita del dio Plutone. In segno di ringraziamento il medico fu trasfomato nella bellissima pianta. Secondo un’altra variante, Peone avrebbe fatto bere a Latona, in preda alle doglie del parto per far nascere Apollo e Artemide, il succo di un fiore ancora senza nome, che cresceva in abbondanza sulle pendici dell’Olimpo. Latona superò così facilmente il travaglio e diede felicemente alla luce i suoi bellissimi gemelli: per riconoscenza diede al fiore il nome dell’abile medico. L’epiteto specifico “officinalis” è indice delle sue proprietà curative, che tanto hanno contribuito a decimare la pianta a causa di raccolte indiscriminate. II filosofo greco Teofrasto (372-287 a.C.), noto anche per aver scritto le più importanti opere di botanica dell’epoca, affermò che per usi curativi i semi e le radici di peonia dovevano essere raccolti solo di notte, quando il picchio dorme: essendo la peonia una pianta consacrata a questo uccello, si correva altrimenti il rischio di essere sorpresi e beccati a morte! In Occidente i medici antichi la ritenevano una delle piante “cefaliche”, ovvero adatta per le malattie della testa e del cervello, osservazioni desunte osservando la forma dei fiori in boccio della peonia, simili ad una testa umana. Ciò per l’antico principio che secondo i medici antichi collegava la forma alla funzione, canonizzato solo nel Rinascimento con la famosa dottrina della Signatura. I Greci utilizzavano le radici e i petali come generico antidolorifico ed eccellente rimedio per l’insonnia e l’epilessia. Per bloccare una crisi si mordeva la radice, mentre in tempi più recenti la medicina popolare suggeriva di farne collane per prevenire le convulsioni nei bambini. In epoca romana si riteneva che le foglie di peonia, messe in ghirlande attorno al collo di chi veniva colto di follia, rappresentassero un toccasana per farlo rinsavire. Persino i semi sferici, simili a piselli lucenti, duri e scuri, in passato hanno avuto un ruolo medicinale: se ne facevano collane, fatte indossare ai bambini per risparmiare loro il dolore della dentizione. Curioso metodo di cura, se si pensa che i semi sono velenosi, come quasi tutti quelli delle piante appartenenti a famiglie prossime alle Ranuncolacee. La fitoterapia moderna si limita a sfruttarne le proprietà sedative e analgesiche, come nel trattamento di stati neurastenici, di agitazione ed ansia, nelle forme nevralgiche e nell’emicrania e nella tosse spasmodica dei bambini. Con i fiori di peonia, particolarmente ricchi di antociani, flavonoidi e tannini, si preparano delle formulazioni per uso topico indicate per il trattamento di fistole, ragadi anali, associate ad emorroidi. Una curiosità che ci riporta alle sue virtù “cefaliche”: una specie cinese, la Paeonia suffruticosa, è studiata per l’impiego nell’Alzheimer e comunque per migliorare la memoria e altre facoltà cognitive, pare anche con un certo successo. Anche in cosmetica la peonia si rivela preziosa: dalla radice, infatti, si ricavano fitoestratti di grande efficacia antiossidante, idratante e lenitiva. Bisogna ricordare però che si tratta di una pianta tossica, emetica e purgativa e che può provocare l’aborto nelle donne gravide, per cui l’uso profano è assolutamente da evitare.

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