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Chiamiamoli asparagi!

Esiste una certa confusione a proposito di asparagi. In questo articolo facciamo chiarezza sulle specie di Asparagus acutifoliusRuscus aculeatus, Humulus lupulusAruncus dioicus che sono tutti chiamati "asparagi selvatici".

  • Caterina Gromis
  • Marzo 2023
  • Martedì, 14 Marzo 2023
Aruncus dioicus - Foto di Sirio Aruncus dioicus - Foto di Sirio

...non tutti credono nell'immortalità dell'anima,

mentre che degli asparagi e della loro esistenza tutti sono certi, nessuno ne dubita.

Eppure la verità è proprio l'opposto:

si può dubitare dell'esistenza degli asparagi, non dell'immortalità dell'anima"

(Achille Campanile, Gli asparagi e l'immortalità dell'anima)

Un po' di chiarezza...

C'è l'Asparagus acutifolius, pianta della famiglia delle Liliaceae che cresce in tutto il bacino del Mediterraneo. I suoi nomi comuni, "asparago spinoso" e "asparago pungente", derivano dalle peculiari spine poste alla base dell'apparato fogliare, caratteristica comune nelle piante della macchia mediterranea.

Poi c'è il Ruscus aculeatus, che cresce nelle leccete e nei boschi caducifogli termofili da 0 a 600 metri a Nord, da 0 a 1200 metri al Sud, comune in tutta Italia tranne la Pianura Padana. Il suo nome volgare, "pungitopo", deriva dall'usanza contadina di proteggere dai topi con mazzetti di questa pianta le derrate alimentari conservate in cantina o in dispensa, e anche dall'antica pratica di disporre corone di rami secchi di R. aculeatus ai piedi degli alberi da frutta, per evitare che i topi salgano lungo i tronchi.

C'è anche il luppolo, Humulus lupulus, il famoso "luvertin" dei piemontesi, che cresce spontaneo negli incolti, ai margini dei boschi e delle strade, prediligendo luoghi umidi e ombrosi con piante arboree su cui arrampicarsi.

E ancora l'Aruncus dioicus, detto "barba di capra", erbacea perenne che predilige i terreni calcarei, appartenente alla famiglia delle Rosacee, comune in Italia su Alpi e Appennini nei boschi freschi submontani, in preferenza di latifoglie, o ai loro margini, nelle forre umide e in zone di cespuglieti non troppo soleggiate. Al Sud è segnalato nella parte meridionale sull'Altopiano della Sila, mentre in pianura è considerata pianta rara e presenta una distribuzione discontinua.

Tutti questi variegati personaggi sono chiamati "asparagi selvatici" e se ne mangiano i germogli in primavera.

Asparagus acutifolius

"Celerius quam asparagi cocuntur",

ovvero, "in meno tempo di quanto ne impieghiamo a cuocere gli asparagi

(detto dell'Imperatore Augusto)

L' Asparagus acutifolius, utilizzato nel bacino del Mediterraneo dagli Egizi ed in Asia Minore già 2000 anni fa, appartiene alla stessa famiglia dell'aglio e della cipolla, con cui ha in comune alcune importanti virtù, come l'effetto diuretico. Contiene asparagina, un amminoacido che serve alla fabbricazione di alcune proteine, rutina, che rinforza la parete dei capillari, acido folico, vitamina C e vari sali minerali.

È descritto dal filosofo greco Teofrasto nel suo trattato "Ricerche sulle piante" (IV secolo a.c.). Plinio e Marziale ne parlano con interesse scientifico oltre che culinario, mentre Dioscoride, Celso e Galeno ne consigliano la consumazione perché diuretico e lassativo, in grado di liberare e purificare il fegato. In epoca romana Marco Porzio Catone, nel suo De agricoltura ne descrive le tecniche di coltivazione: a quel tempo, il II secolo a.c, l'asparago era molto apprezzato nelle mense e nei banchetti dei romani. Agli imperatori gli asparagi piacevano a tal punto da far costruire delle navi, chiamate per l'appunto "Asparagus", adibite al trasporto della pianta da una parte all'altra del bacino del Mediterraneo. Era uno dei piatti più ricercati, tanto da stimolarne la coltivazione quando venivano conquistate nuove terre. Nel corso dei secoli l'asparago è sempre stato riconosciuto e valorizzato per le sue virtù medicinali.

Con il passare del tempo si diffuse ovunque: in Francia nel 1600, durante l'epopea del Re Sole, per assaporarne il gusto durante i mesi autunnali e invernali, il celebre giardiniere Quintinye fece costruire delle serre per far crescere il germoglio anche fuori stagione.

L'asparago è una delle poche piante che resta produttiva per molti anni. Da oriente ad occidente, arrivò fino in Olanda ed in Belgio. Qui che iniziarono a crescere germogli di una varietà superiore, con dimensioni mai viste.

Anche in Italia si fece conoscere una sua varietà di tutto rispetto, l'asparago di Bassano, bianco candido. Si tramandano diverse versioni sulla sua scoperta. Una afferma che è stata del tutto casuale: durante il '500 una grandinata di vasta portata si abbatté sulla zona di Bassano, così violenta che distrusse molti raccolti, tra cui quello dell'asparago, le cui punte emerse dalla terra furono spezzate. Gli agricoltori, nell'emergenza, raccolsero la parte che stava sottoterra, quella bianca. Il risultato fu tanto gradito che da allora i contadini iniziarono a raccogliere i germogli prima che spuntassero da terra.
Un'altra leggenda narra che Sant'Antonio da Padova, di ritorno dalle missioni africane, aveva portato con sé il seme di una pianta che doveva servire per calmare lo spietato condottiero Ezzelino il Terribile. Il Santo lasciò scivolare le sementi lungo il suo cammino verso casa, e quella terra divenne ubertosa e feconda, ancora oggi adatta per la crescita del germoglio.

Per dare anche al Piemonte il giusto encomio, un prodotto di eccellenza della cucina italiana è l'asparago di Santena e delle Terre del Pianalto. Fin dall'Ottocento i contadini piemontesi hanno selezionato, prodotto e promosso il prelibato turrione, principe della gastronomia di primavera, che gli dedica una sagra di dieci giorni e non si limita a promuovere l'asparago, ma valorizza il patrimonio storico, culturale e artistico del comune di Santena: il castello, il parco e la tomba di Cavour. L'asparago di Santena deve la sua fama al sapore dolce e delicato e alla scarsa fibrosità, frutto della freschezza e delle terre sabbiose in cui cresce.

...l'essenza preziosa di questi ortaggi aspersi d'oltremare e di rosa,

venati di sfumature celesti e di colori nascenti d'aurora...

a mutar il vaso da notte in un'anfora di profumo" (Marcel Proust).

L'asparago, ricco di vitamine (A, C, E, K e B6) e minerali (ferro, rame, calcio), è costituito da molti composti, la maggior parte dei quali legati allo zolfo, come il metantiolo e i cloruri di metilene. Sono state condotte sperimentazioni scientifiche utilizzando metodi cromatografici, liquidi e gassosi, per trovare il composto esatto responsabile dell'odore dato dagli asparagi all'urina.

La proprietà volatile del composto, grazie alla quale a temperatura ambiente evapora, permette di rilevare l'odore. Si è scoperto che l'acido asparagusico e i suoi derivati ​​ ne sono la fonte. Si tratta di un composto che si trova solo negli asparagi, e non in altre verdure; il sentore che dà all'urina è simile a quello del cavolo cotto.

Durante la digestione, l'acido asparago, che è un composto non volatile, viene scomposto in zolfo volatile e trasferito nell'urina per l'escrezione immediata. Ecco perché, anche dopo la perdita di composti volatili al momento della cottura, l'asparago produce quell'olezzo all'urina.

Ruscus aculeatus

ego ... videar tibi amarior herbis, horridor rusco

(Virgilio, Bucoliche 7, 41-42)

Il pungitopo (Ruscus aculeatus L.), definito da Virgilio pianta "orrida" a causa delle sue foglie pungenti, appartiene alla famiglia delle Asparagaceae, è un basso arbusto sempreverde, che in inverno produce tipiche bacche rosse entrate, insieme quelle dell'agrifoglio (Ilex aculeatus), nella simbologia del Natale. E' provvisto di cladodi, fusti trasformati che hanno assunto la funzione delle foglie, diventando ovali, appiattiti e rigidi, con estremità pungenti. Poco sopra la loro base, in primavera si schiudono i minuscoli fiori verdastri, e quindi i frutti, che maturano in inverno. I germogli primaverili sono commestibili e possono essere utilizzati come ingrediente per numerose ricette. Sono molto simili agli asparagi selvatici, si presentano come lunghi e sottili ramoscelli verdi, che di norma spuntano dalla terra in prossimità della pianta. Al pungitopo vengono attribuite diverse proprietà: grazie alla presenza dei fitosteroli, che contribuiscono all'eliminazione dei liquidi in eccesso, il decotto a base di germogli di pungitopo favorisce la diuresi. I germogli si raccolgono tra marzo e maggio e il metodo più utilizzato per conservarli è sott'olio.

Le proprietà del pungitopo erano note fin dall'antichità; Plinio narra che il decotto di radici con il vino era usato per le infezioni renali. Anche Dioscoride dava le stesse indicazioni, consigliando di far macerare nel vino foglie e bacche, contro la flogosi renale.

Nel Medioevo si usava la "Pozione delle cinque radici", usata tutt'ora come diuretico assieme al prezzemolo, al finocchio, al sedano e all'asparago.

Secondo le antiche credenze, i rami secchi del Pungitopo, con la forma aculeata e pungente delle foglie, servivano ad allontanare gli spiriti maligni; da qui il suo vasto utilizzo nel periodo di Natale, come segno di buon augurio. Insieme all'agrifoglio, all'abete e al vischio, è considerato da tempi antichissimi un potente portafortuna. I popoli Germanici lo utilizzavano per onorare gli spiriti dei boschi e nelle loro case avevano sempre dei rami di pungitopo. Anche i popoli Latini era si scambiavano rami di pungitopo come buon auspicio durante le celebrazioni. Le proprietà della pianta sono legate principalmente ai fitosteroli, che le conferiscono proprietà diuretiche. Sedativo ed antinfiammatorio delle vie urinarie, ha effetti benefici contro calcoli renali, cistiti, gotta, artrite e reumatismi non articolari. E' il più potente vasocostrittore naturale che si conosca, utile nella terapia delle vene varicose, con un'azione vasocostrittore soprattutto a livello dei capillari. La sua azione antinfiammatoria agisce diminuendo la fragilità capillare e aumentando il tono della parete venosa: in questo modo favorisce la circolazione del sangue, che si traduce in diminuzione della pesantezza e del gonfiore delle gambe. Ha un effetto benefico anche nei confronti delle emorroidi e delle flebiti. Del pungitopo si utilizza soprattutto il rizoma, da raccogliere in autunno o all'inizio della primavera, prima dell'emissione dei turioni. Va ripulito dalla terra e quindi tagliato, fatto essiccare e conservato in sacchetti di carta o barattoli di vetro. Si possono utilizzare anche i turioni, che contengono gli stessi principi attivi. I giovani getti possono essere consumati, previa cottura, come gli asparagi. Il sapore è simile ma più amaro, per cui spesso per attenuarlo vengono cotti in abbondante acqua e aceto. Sono squisiti come antipasti, per accompagnare carni e uova, o in frittate e risotti. La raccolta va effettuata quando i turioni sono ancora tenerissimi, ancora sottoterra, biancastri, o violacei quando appena spuntati. Passata questa fase, assumono una consistenza legnosa e diventano amarissimi. Sono un toccasana per il fegato.

Il genere Aruncus comprende pochissime specie 

e in Italia è presente praticamente solo con la specie A. dioicus.

La pianta è conosciuta abbastanza bene in quasi tutte le regioni italiane

per le sue qualità mangerecce per cui tanti sono i nomi volgari;

eccone alcuni: Barba di capra, Barba di Giove, Asparago di monte (Sparesine di montagna),

Coda di volpe, Bambe rosse, Erba canona,

Asparago di bosco (Sparesi di bosco), Rosa di San Giovanni, Sparzi.

(Wikipedia )

Poco da aggiungere alla libera enciclopedia online, se non che la pianta, della famiglia delle Rosacee, è anche usata come ornamentale per le sue grandi pannocchie leggere e per la sua resistenza alle intemperie. E che, come le altre essenze che la cultura popolare raccoglie sotto il nome di "asparagi" (del luppolo abbiamo già parlato qui su Piemonte Parchi) i giovani germogli primaverili rossastri, che si trovano alla base della radice, se raccolti in tempo sono ottimi ingredienti per frittate, o da gustare semplicemente bolliti con un filo d'olio. Il periodo giusto è aprile: in estate la pianta produce glicosidi tossici e non è più commestibile.

 

 

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