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Belladonna, la pianta mortale degli Addams

Pianta perenne della famiglia Solanacee, la Belladonna non è difficile da incontrare nei nostri boschi sebbene non si faccia particolarmente notare. Ma oggi, a portare in auge questa poco appariscente piantina - più ancora che nel Medioevo, quando le si attribuivano poter mortali - è la famigerata serie televisiva Mercoledì (della famiglia Addams) dove a prendere il suo nome è la società segreta attorno a cui si sviluppa la trama. Una scelta solo apparentemente noncurante di un nome botanico pertinente e qunatomai azzeccato.

  • Caterina Gromis di Trana
  • Gennaio 2023
  • Mercoledì, 11 Gennaio 2023
Fiori e frutti di Atropa Belladonna | Foto G. Gola (Archivio APAP) Fiori e frutti di Atropa Belladonna | Foto G. Gola (Archivio APAP)

 

Belladonna (s.f.). In italiano è una bella signora; in inglese un veleno mortale.
Esempio particolarmente calzante
della fondamentale identità
di queste due lingue.
(Ambrose Bierce)

Pare che il suo nome sia dovuto alle dame veneziane del Rinascimento. La usavano per preparare un cosmetico in acqua distillata, che dava risalto e lucentezza agli occhi perchè faceva dilatare le pupille, rendendole così più seducenti. L'effetto, detto midriasi, è dovuto all'atropina, che agisce direttamente sul sistema nervoso parasimpatico, e che ancora oggi è usata a questo scopo, non per vanità ma per salute, in oculistica.

Può darsi, invece, che si chiami così per come nella Francia medioevale venivano chiamate le streghe, che preparavano con varie sue parti pozioni e unguenti: "belle -femmes". In Germania il suo nome è "Toll- Kirsche", ciliegia della pazzia, per le sue bacche allucinogene che ricordano piccole ciliegie scure. In Italia è anche detta Morella furiosa, in Inghilterra pragmaticamente "Deadly Nightshade", Belladonna mortale.

Non per nulla Linneo la denominò Atropa belladonna, ispirandosi al nome di una delle tre Parche, quella che recideva il filo della vita: gli era ben noto che gli alcaloidi contenuti nella pianticella, dall'atropina all'josciamina, alla scopolamina, all'acido malico, alla belladonnina, hanno effetti che possono essere devastanti: ingerendone le foglie, i fiori o le bacche, si va incontro a fenomeni di depressione delle terminazioni nervose del nervo vago con diminuzione della secrezione salivare, gastrica e sudorale, dilatazione dei bronchi, diminuzione del tono muscolare intestinale, intensificazione dei battiti cardiaci, sensazione di ubriachezza, allucinazioni, stato comatoso... e chi più ne ha più ne metta... fino alla morte.


Devi farti strofinare il corpo con la belladonna

(Detto proverbiale)

Si dice così per prendere in giro chi si lamenta sempre per qualche dolorino. Il doppio senso è chiaro, ma il riferimento scientifico è alla piantina della Belladonna che, usata in dosi minime, serve a curare svariate malattie, per i suoi effetti rilassanti, sedativi e antispasmodici: agisce sull'asma bronchiale e sulle terminazioni nervose, diminuendo il dolore. C'è poco da scherzare però, le dosi devono essere davvero minime.

La belladonna era una delle erbe, con il giusquiamo, lo stramonio e la mandragora, usate dalle streghe nella preparazione degli unguenti che permettevano loro i voli notturni, in verità viaggi della mente.
Nel 1960, Will- Erich Pekert, direttore dell'Istituto di Etnologia dell'Università di Gottingen, fece un esperimento su se stesso, ungendosi il corpo con una pomata a base di Belladonna, preparata con una ricetta riportata da Giambattista Della Porta nel suo testo Magia naturalis. L'esperimento riuscì e il professore cadde in un sonno profondo che durò per venti ore. Quando si svegliò raccontò di aver avuto tutte le visioni e le sensazioni descritte dalle "streghe" che partecipavano ai sabba, i convegni in presenza del demonio durante i quali venivano compiute pratiche magiche, orge diaboliche e riti blasfemi, studiati in gran parte dagli storici attraverso i verbali dei processi per stregoneria. Momenti in cui le streghe giungevano al luogo prestabilito volando a cavallo di un animale, sopra un bastone, una panca, una pentola o una scopa, addirittura per mezzo di una forca. Prima del volo, si cospargevano il corpo con unguenti magici, che consentivano loro di librarsi in aria e di trasformarsi, all'occasione, in creature mostruose o animali. Chissà quali e quanti sogni ha fatto l'antropologo dell'esperimento, durante il suo coraggioso sonno allucinato.


La pianta è nota sin dall'antichità come un veleno potentissimo,
tanto che la sola ombra sembra fosse letale a chi avesse avuto la sfortuna di addormentarvicisi sotto.
(Maurice Mességué)

Pier Andrea Mattioli, botanico senese, parlando della radice della Belladonna, disse che per far credere a una donna di essere la più bella del mondo basta somministrargliene una dracma (circa 5 grammi); per farla diventare matta ne occorrono due, per portarla alla follia non più di tre mentre con quattro dracme la si ucciderebbe.

I testi dedicati alle erbe medicinali non la nominano nemmeno, tanto è pericolosa. Troviamo solo Mességué, erborista a suo tempo molto discusso dall'ordine dei medici, che le dedicò un capitolo, in Le buone piante della Vita, riconoscendole una sua dignità vegetale. Senza entrare nel merito delle accuse mosse all'autore, di esercitare la professione di medico senza averne il diritto (accuse che lo portarono più volte in tribunale e da cui fu sempre assolto), riportiamo qui la sua descrizione che, così dettagliata, è senza dubbio utile per riconoscere la pianta e di conseguenza, andando a spasso nei boschi, stare alla larga dalla tentazione di assaggiarne qualsiasi parte. 

"Pianta perenne della famiglia Solanacee provvista di rizoma sotterraneo e di radice grossa, carnosa di colore grigio-gialla, leggermente rugosa, interrata sino a mezzo metro circa. Il fusto, robusto e dritto, è alto anche oltre il metro e mezzo e si divide di norma, superiormente in tre parti. Le foglie alterne, brevemente picciolate, sottili e di consistenza molle, portano una fogliolina alla base dell'ascella. I fiori, grandi e solitari con corolla tubuloso-campanulata, sono di colore violaceo con fondo giallo. I frutti, dall'aspetto di piccole ciliege, sono delle bacche lucide che poggiano su di un calice a forma di stella a cinque punte, accrescente e persistente. Poste nella parte superiore del fusto, queste bacche sono dapprima di color verde, poi divengono rosse, infine, a piena maturazione, assumono una colorazione nerastra con tendenza al viola: l'interno è ripieno di numerosi semini coniformi. [...] Pianta che vegeta in zone collinari e montuose in radure boschive e in cedui ombrosi, in particolare là dove sono stati operati tagli di alberi (castagno, faggio, etc); predilige terreni calcarei [...]".

Non è difficile incontrarla dunque, anche se non si fa particolarmente notare. Ma ecco che la poco appariscente ma famigerata pianticella oggi torna in auge, più ancora che nel Medioevo. Tutto grazie il successo della serie televisiva Mercoledì (della famiglia Addams) che sprigiona inquietante magia. Si chiama infatti Belladonna la società segreta attorno a cui si sviluppa la trama: tra visioni e incantesimi, la saga di questa singolare famiglia mantiene alta l'attenzione del pubblico dall'inizio alla fine, anche con la scelta, solo apparentemente noncurante, di un nome botanico pertinente e azzeccato.

 

 

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