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Una rosa è una rosa

Le rose esistevano già oltre quaranta milioni di anni fa e le specie spontanee in Italia sono almeno una trentina: tra queste, la Rosa canina è la più comune. 

  • Caterina Gromis di Trana
  • Settembre 2022
  • Martedì, 27 Settembre 2022
Rose selvatiche  | Foto C. Gromis di Trana Rose selvatiche | Foto C. Gromis di Trana

Se Zeus volesse donare un regno ai fiori, la rosa regnerebbe su tutti.
(Saffo)

Facile credere che basti sfogliare un buon manuale per raccapezzarsi nel mondo delle rose. Dove meglio percorrere la scala dell'evoluzione in maniera lineare, semplice e rassicurante? Scegliamo un catalogo, per esempio quello del vivaio La Campanella, che dopo anni di lavoro encomiabile e la creazione di una collezione di grandissimo prestigio, al culmine della sua notorietà ha deciso di chiudere l'attività, portandosi dietro il rimpianto di botanici, architetti del verde e giardinieri appassionati. Sfogliarlo alla ricerca delle capostipiti delle rose aiuta a mettere ordine nelle molteplici varietà che scorrono in bell'ordine pagina dopo pagina: ci si perde nei meandri di una fascinosa ragnatela, dove la storia si sviluppa in un percorso interdisciplinare mescolandosi alla botanica, all'arte, alla moda, alla musica...

Il nome dell'ibridatore, indicato tra parentesi per ogni rosa con la data a fianco, sottintende la perizia tecnica e la passione botanica che è servita a produrre il fiore fotografato, e i nomi attribuiti agli ibridi diventano chiavi di lettura di tempi vicini e lontani, evocatori di memorie e di leggende, celebrazioni di bellezza e di virtù, omaggi a persone per qualche motivo importanti, sempre e comunque inni alla natura.

Facile perdersi a fantasticare sulla sovrana a cui prima del 1825 è stata dedicata la rosa gallica Reine de Perse, o sul candore delle palle di neve invocate dall'ibridatore Lacharme nel 1867, con la sua Boule de Neige dai fiori bianchi a palla, che si aprono da boccioli sfumati di rosso in un cespuglio eretto dalle belle foglie scure. Bello anche immaginare un balletto in tutù davanti alla fioritura semplice e aggraziata della rosa Ballerina, ibrido di moschata che fu chiamata così da Bentall nel 1937...

Ma... le specie botaniche, le antenate?

A primavera è dolce la rosa selvatica
l'estate profuma dei suoi petali in fiore
ma attendi il ritorno dell'inverno
e chi allora la chiamerà bella.

(Emily Bronte)

Le rose esistevano già oltre quaranta milioni di anni fa, testimoniate da alcuni reperti fossili trovati in zone rocciose dell'Oregon e del Colorado. La distribuzione delle capostipiti selvatiche riguarda solo l'emisfero boreale, partendo dal clima torrido dell'Africa fino al freddo artico della Siberia e dell'Alaska, senza mai superare l'equatore.

In Cina 5000 anni fa esistevano estesissime coltivazioni di rose, che garantivano una grande produzione di essenza. Omero testimonia che allo stesso scopo venivano coltivate nell'antica Grecia, quando neIl'Iliade narra di Afrodite che unge il corpo di Ettore con un unguento di rose. Teofrasto (371-287 a.C), padre della botanica, dedicò alle rose gran parte delle sue opere, giunte a noi con preziose osservazioni sul colore, il numero di petali, l'intensità del profumo di quelle allora presenti.

A Roma le rose erano usate soprattutto nelle cerimonie religiose e nelle feste sotto forma di ghirlande, corone e petali sparsi, ma trovavano diverse applicazioni anche in cucina e in medicina. In epoca imperiale nell'Italia meridionale si coltivavano rose con cinque petali a fioritura primaverile, come Rosa gallica, Rosa alba, Rosa canina. La Rosa damascena semperflorens, detta anche "rosa bifera di Paestum" presentava una modesta rifiorenza autunnale. I testi antichi parlano anche di una Rosa centifolia a cento petali, che doveva essere una forma ora estinta con fiori stradoppi derivati dalla Rosa gallica. La rosa centifolia attuale è un 'altra pianta, complesso ibrido ottenuto in Olanda tra il Cinquecento e il Seicento.

Niente si sa, tutto si immagina.
Circondati di rose, ama, bevi,
e taci. Il resto è niente.
(Fernando Pessoa)

"Una rosa è una rosa è una rosa". Gertrude Stein volle come epitaffio queste parole sulla sua tomba parigina, dedicate al fiore di ogni tempo, al di sopra di ogni significato simbolico gli sia stato attribuito.
Agli albori del cristianesimo la rosa fu simbolo di lussuria e piaceri mondani e terreni, per subire una radicale trasformazione agli occhi della chiesa nel Medioevo, quando divenne il simbolo della purezza della Vergine, riprodotta in innumerevoli dipinti e opere sacre.

Dopo la caduta dell'Impero Romano, le rose divennero piante apprezzate più per scopi medicinali che per l'estetica. Rosa gallica, nella sua varietà officinalis, fu certamente la più coltivata dai farmacisti di Provins, vicino a Parigi, per il profumo penetrante dei suoi petali essiccati.

Nel Medioevo la rosa fu molto amata in Inghilterra: con la Guerra delle Due Rose, nel Quattrocento, il suo nome fu legato a due famiglie rivali: una rosa bianca per gli York e una rosa rossa per i Lancaster. La guerra si risolse con il matrimonio tra Enrico VII Lancaster e una York, da cui si originò la dinastia Tudor, che adottò come simbolo una rosa: Rosa damascena versicolor, che ha fiori bianchi con striature rosse.
Le specie spontanee furono indiscusse protagoniste nel panorama in Europa fino al Settecento, quando arrivò dalla Cina la Rosa chinensis semperflorens, che diede inizio alla loro strabiliante globalizzazione in mille incroci e varietà.

 

L'ottimista vede la rosa e non le spine;
il pessimista si fissa sulle spine,
dimentico della rosa. (Kahlil Gibran)

La prima a creare una collezione imponente fu Giuseppina Bonaparte, moglie di Napoleone, che alla Malmaison raccolse, insieme ai molti ibridi che erano stati selezionati in Europa prima del 1770, un gran numero di rifiorenti cinesi, nuove per allora. Nei primi anni dell'Ottocento si ottennero le prime rifiorenti dall'incrocio di Rosa chinensis rispettivamente con Rosa damascena e con Rosa moschata: gli ibridi ottenuti, Rosa bourboniana e Rosa noisettana, ormai già lontani dalle capostipiti spontanee, divennero a loro volta capostipiti di tutte le rifiorenti attuali . Attraverso sempre più raffinate tecniche di ibridazione artificiale siamo arrivati alle rose dei giorni nostri.

A fine Ottocento apparvero in Francia i primi ibridi di tea, presumibili incroci tra due rose cinesi, che hanno dato origine alle rose più conosciute del secolo successivo, a fioritura continua di fiori eleganti e grandi. Contemporaneamente arrivò dal Giappone la Rosa multiflora dai fiori piccoli a mazzo che, incrociata con gli ibridi di tea ha originato i rosai polyantha. Da lì in poi vennero raggiunti traguardi sempre più ambiziosi, con la creazione di rosai a cespuglio, rifiorenti, a grandi fiori o a mazzi, rampicanti, sarmentosi, lillipuziani...


Il tempo che hai perso per la tua rosa è ciò che fa la tua rosa tanto importante.

Antoine De Saint-Exupéry

E alla fine che cosa ne è stato delle rose selvatiche?

La comune Rosa canina è usata come portainnesti delle varietà moderne, per la sua capacità di dare vigorìa all'innesto, garanzia di salute per le nuove piante. Nella genealogia delle rose è la madre di Rosa alba. Con i suoi frutti ricchi di vitamina C chi ama le antiche ricette può produrre liquori e marmellate, oppure conservarli in agrodolce, o ancora ridurli in purea mescolandoli a succo d'arancia e miele per imitare il dessert preferito della regina Vittoria.

Le specie di rose spontanee in Italia sono una trentina, cespugliose, sarmentose, rampicanti, striscianti, arbusti e alberelli a fiore grande o piccolo, a mazzetti, pannocchie o solitari, semplici o doppi. La Rosa canina è la più comune, la Rosa gallica cresce in piccole colonie grazie ai rizomi sotterranei, ai margini di boschi termofili, scarpate asciutte, pascoli mesofili, la Rosa glauca e la Rosa pendulina sono frequenti sulle Alpi e sugli Appennini, la Rosa sempervirens, originaria del Mediterraneo, con i suoi fusti molto spinosi è comune al Sud ... Tutte producono acheni, frutti secchi con un pericarpo più o meno indurito che contiene un unico seme. Gli acheni sono contenuti in un falso frutto detto cinorrodo. In ragione dei cinorrodi che, se ingeriti in discreta quantità, possono provocare una forte irritazione intestinale, i piemontesi chiamano le rose canine "gratacul".
Saggezza popolare, pragmatismo, schiettezza... comunque un altro modo per dire "una rosa è una rosa è una rosa".

 

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