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La castagna granda

Insieme alla vite e all'olivo, il castagno è tra le piante che più caratterizzano il paesaggio dell'area genericamente detta "mediterranea": un tempo fonte primaria di sostentamento, tanto da meritarsi l'appellativo di "albero del pane", donava tutte le sue parti all'economia rurale e la coltura si è diffusa in numerose varietà da innesto. 

  • Caterina Gromis di Trana
  • Ottobre 2021
  • Lunedì, 25 Ottobre 2021
La castagna granda

Quando gli uomini vivevano dentro la natura, gli alberi erano un tramite di comunicazione della terra con il cielo e del cielo con la terra.
(Mario Rigoni Stern-Arboreto salvatico).

Il sentiero che scende nel bosco fino alla radura conduce lì, che lo si imbocchi da Santo Stefano, da San Grato o da Monteu Roero: porta il suo nome, come per preparare l'incontro. La "Castagna granda", per quanto annunciata, appare all'improvviso, inaspettata nella sua pluricentenaria grandiosità.
Nel castagneto secolare che si estende su un prato pianeggiante questa pianta è sovrana, con un tronco di oltre dieci metri di diametro a petto d'uomo e quasi quindici alla base, piena di nodi, cicatrici e cavità, che esigono deferenza. Con i suoi più di 400 anni trasmettere la sensazione fisica della storia: davanti a quel colosso la brevità della vita umana è messa in piazza con sfacciata solennità. Catalogata già nel 2002 nel volume Alberi monumentali del Piemonte, è segnalata come uno dei più vecchi esemplari della nostra regione, che un tempo fondava sulla coltivazione del castagno buona parte della sua economia rurale.

Nulla è più bello de' frondosi ed ampi
castagni, a selve sterminate, in mezzo
ai quieti monti ove si sogna al rezzo,
mentre all'umido verde il sol dà lampi.

Nulla è più dolce. Mormorano i gonfi
rii fra quest'ombre e il tordo vien zirlando
al suo ginepro che le bacche imbruna.
Grosse, nel cardo, cascano con tonfi
leggeri, le castagne, e a quando a quando
ne sguscia fresca sotto il piede alcuna.

Casca in gran copia e tutte l'erbe impruna
di bei cardi spinosi, il frutto buono
che sfamerà i figlioli del colono
se, pel suo desco, non dan pane i campi.
( G. Marradi)

L'albero del pane

Insieme alla vite e all'olivo, il castagno è tra le piante che più caratterizzano il paesaggio dell'area genericamente detta "mediterranea": un tempo fonte primaria di sostentamento, tanto da meritarsi l'appellativo di "albero del pane", è diffuso dall'Africa settentrionale all'Asia occidentale all'Europa meridionale, e arriva nord fino al sud dell'Inghilterra. Pur essendo un ibrido tra il bosco naturale e la coltivazione arborea, il castanetum identifica un livello forestale, che si sviluppa spontaneo dai 400 ai 1200 metri a seconda della latitudine, dove la pianta trova le condizioni ideali. Tutte le sue parti venivano utilizzate nell'economia rurale e la coltura si è diffusa in numerose varietà da innesto. Nel Roero, che ha dato i natali alla Castagna granda, prevale quella particolarmente precoce detta "Canalina" o "della Madonna", che cresce soprattutto nella porzione nord-occidentale del territorio, dove il suolo prevalentemente subacido è substrato di elezione.

Sotto il castagno, durante l'estate,
fu una festa di bimbi e d'allegria.
Che dolci ombre egli diede alle chiassate
della garrula e vispa compagnia!

Or solitario, al gran cielo velato,
nel deserto squallor delle campagne
s'alza quel nudo tronco desolato.
E i bimbi? ... I bimbi mangian le castagne
(Lina Schwartz)

Scrigni di memoria

I castagneti venivano impiantati nei luoghi riparati dai venti e sul fondo delle vallette dove confluisce l'acqua piovana. L'abbandono quasi totale della coltura è una conseguenza della fine dell'economia rurale di antico stampo, oltre che delle malattie fungine, del cancro del castagno, del cinipide che negli ultimi anni ha causato galle sui piccioli delle foglie, diminuzione drastica dei frutti e indebolimento generale delle piante. I moderni agricoltori per i nuovi impianti utilizzano porta innesti giapponesi, più resistenti e ancora immuni da patologie, mentre i castagneti storici sopravvissuti sono rarità incastonate nel paesaggio. A volte ci si imbatte in esemplari isolati che sono scrigni di memorie. Ogni paese ne ha qualcuno, e c'è chi ne conosce ancora storie e leggende, dove sembrano nascondersi sprazzi di fotogrammi: raccontano di guerre e di soldati, di paesi abitati, di chiacchere di vecchi e giochi di bambini all'ombra delle ampie fronde. Che siano censiti dalla Regione come alberi monumentali o restino nell'ombra, appannaggio di pochi camminatori, certi alberi sono opere d'arte, e come tali meritano di essere segnalati, curati, "restaurati" e tutelati, ricchezze per il paesaggio. Raccontano la storia delle nostre campagne, dove la salvezza delle piante vetuste è messa a volte a repentaglio dalla semplice necessità di avere più sole sui campi o di far buon uso del legname. Un tempo il bosco, bene primario per la sussistenza, si tagliava tutto senza sconti. Tra i vecchi alberi rimasti in piedi, esemplari isolati nei campi, alcuni hanno un perché ancora comprensibile: sono stati segnavia o segnali di confine, entrati nella tradizione e nella toponomastica locale, e anche nel linguaggio, quello che prima del navigatore usava le rocce e le pietre per insegnare le strade.

"Questo è solo un caldarrostaio", disse Chojnicki "ma vedete? È addirittura un mestiere simbolico. Simbolico per la vecchia monarchia. Questo signore ha venduto le sue castagne ovunque, in metà dell'Europa si può dire. Dappertutto, ovunque si mangiassero le sue caldarroste, era Austria, governava Francesco Giuseppe. Oggi niente più caldarroste senza visto. Che razza di mondo"!
(Joseph Roth)

Non si butta via niente

Tracce fossili dimostrerebbero la presenza del castagno in Europa fin dall'Era Cenozoica (Miocene), a cui seguì una temporanea estinzione causata dalle glaciazioni del Pleistocene; contemporaneamente la sua presenza si consolidò nelle aree mediorientali dove le temperature erano più miti, in particolare nell'area balcanica fino al Mar Nero.
Da lì secondo alcuni studiosi il castagno fu reintrodotto in Italia, mentre altri lo ritengono autoctono. Sta di fatto che fin dall'epoca romana è oggetto di massiccia coltivazione (l'attributo della specie europea è infatti sativa, coltivata). Il nome generico, Castanea, potrebbe originare dalla Grecia, forse derivato da toponimi di siti dove era abbondante, quali Kastania in Tessaglia o Kastanon in Epiro. Di questa pianta una volta si diceva: "Non si butta via niente". Le castagne, ricche di amidi e di zuccheri, pane dei poveri, sono insostituibile buon cibo anche in tempi di benessere, da consumare essiccate, lessate o arrostite, e dalle quali ricavare farina per un pane un po' dolce e per una speciale polenta. Il legno robusto è ancora oggi apprezzato per mobili e doghe, botti ed infissi. Le frasche e i ricci vuoti sono perfetti per accendere il fuoco mentre nel sottobosco del castagneto pulito si generano altre forme preziose di vita: i funghi. C'è un momento dell'anno in cui porcini e castagne si accompagnano tra loro come in un libro illustrato, su cui insegnare ai bambini i colori dell'autunno. Basta guardarli per evocarne il gusto e il profumo.

 

 

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