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Il pomodoro che non si è fatto da sé

Il successo o il fallimento di un'impresa dipendono anche dall'aiuto di chi ci circonda e questo non vale solo per gli esseri umani, ma anche per le piante che si appoggiano a microrganismi con i quali creano relazioni di scambio con mutui benefici. Lo studio del microbiota (radicale) delle piante può avere importanti risvolti sulla produzione agricola del futuro.

  • Francesco Garello, Martino Adamo e Matteo Chialva
  • Giugno 2021
  • Martedì, 15 Giugno 2021
Il pomodoro che non si è fatto da sé

 

Le piante, come gli esseri umani, vivono in costante interazione con l'ambiente circostante. Il loro quotidiano non è fatto però di uffici, colleghi, amici e vicini, ma di microrganismi con i quali creano relazioni di scambio con mutui benefici e che ne compongono il microbiota ovvero: "l'insieme dei microrganismi che in maniera fisiologica, o talvolta patologica, vivono in simbiosi con una specie".

Come gli uomini anche le piante si sono co-evolute in compagnia di una pletora di microrganismi e così come i nostri microbi intestinali possono svolgere funzioni di difesa contro i patogeni, anche in ambito vegetale le interazioni pianta-microbiota possono determinare la fortuna di una specie e favorirne la produttività. I microrganismi controllano, infatti, alcuni aspetti fondamentali come la nutrizione minerale delle piante e queste ultime, in un perfetto gioco di squadra, influenzano a loro volta il microbiota del suolo: ogni organismo coinvolto, cercando il proprio benessere, contribuisce allo stesso tempo a quello del sistema, come buoni soci in affari.

Il migliore dei mondi possibili

In una situazione ideale, quindi, piante e microbiota si selezionano a vicenda nell'arco di generazioni e lavorano sinergicamente per il proprio sviluppo. Ma, con buona pace di Leibniz, probabilmente non viviamo più nel "migliore dei mondi possibili" e il massiccio intervento dell'uomo sulla natura ha rotto in alcuni casi l'equilibrio che si era faticosamente creato. L'uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti nelle produzioni agricole e gli effetti del cambiamento climatico contribuiscono all'impoverimento del suolo, sia dal punto di vista fisico-chimico che da quello dei microorganismi ospitati e proprio il suolo è il substrato su cui le piante crescono, da cui acquisiscono acqua e nutrienti, ma anche gran parte dei microbi con cui costruiscono il loro microbiota. Un suolo impoverito comporta piante con meno alleati con cui crescere e questo può ripercuotersi anche sulla nostra dieta.

American dream

È il caso del pomodoro che, come un perfetto self made man di un sogno americano alla rovescia, è arrivato in Europa nel corso del 1500 sulle navi che solcavano l'Atlantico collegando il nuovo e il vecchio continente. Sbarcato sulle coste spagnole si diffuse in tutta Europa e con un po' di fatica si conquistò nei secoli un ruolo centrale in numerose colture e culture del Mediterraneo, fino a diventare un protagonista indiscusso della tradizione culinaria italiana. Il pomodoro come attualmente lo conosciamo però è il frutto di ripetuti eventi di domesticazione e di un continuo adattamento alle condizioni ambientali. Nell'arco dei millenni, nel corso della sua storia evolutiva, il pomodoro ha scelto i suoi "soci" con cura, collaborando con il microbioma per crescere e adattarsi a diversi ambienti, ma con il suo intervento l'uomo ha modificato in pochi anni i termini di una collaborazione millenaria, inceppando un meccanismo collaudato. A causa dei processi di selezione umani la pianta ha subito un consistente impoverimento genetico che l'ha resa poco adattabile a nuove condizioni climatiche. Le varietà di pomodoro oggi più diffuse sono state accuratamente selezionate per avere i migliori rendimenti nella coltivazione, a discapito della loro resistenza e diversità genetica. Questo ha permesso un grande miglioramento dell'agricoltura, ma potrebbe presto rivelarsi un grosso problema: se le previsioni sul cambiamento climatico si riveleranno corrette, infatti, la zona del Mediterraneo potrebbe andare in contro a una decisa diminuzione di disponibilità idrica e un forte impoverimento dei suoli.

Dietro a ogni grande pianta c'è sempre un grande microbiota

É in questo contesto che il consorzio di ricerca internazionale TOMRES (un Progetto Europeo Horizon 2020 coordinato dall'Università di Torino) sta studiando soluzioni innovative per la coltivazione del pomodoro in condizioni di stress idrico e nutrizionale: dalla selezione di nuovi genotipi alla messa a punto di pratiche agronomiche innovative. Il gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Luisa Lanfranco dell'Università di Torino sta studiando un particolare gruppo di microrganismi del suolo, i funghi arbuscolari micorrizici (AM) in grado di instaurare una simbiosi benefica con le radici di molte specie, pomodoro incluso, migliorandone la tolleranza agli stress ambientali e l'assorbimento di nutrienti e acqua.

I ricercatori hanno inoltre studiato alcune specie selvatiche "cugine" strette del pomodoro, come Solanum pennellii, adattate alle rigide condizioni degli altopiani andini. Capire come i microrganismi, tra cui ifunghi AM, si associano alle radici di queste piante può essere utile per re-introdurre caratteristiche che sono andate perse nelle cultivar moderne di pomodoro a causa della selezione umana e migliorarne la resistenza. L'agricoltura del futuro potrebbe dipendere meno da coadiuvanti chimici e puntare su pratiche volte a migliorare il microbioma delle piante per renderle più sane e adattabili anche a situazioni difficili.

Oggi sappiamo che sia la salute dell'uomo sia quella delle piante passano non solo dalla qualità dei nutrienti e dalla crescita in un ambiente sano, ma anche dai validi "aiutanti" di cui ci circondiamo. I microorganismi sono ovunque nella nostra vita quotidiana e questo vale a maggior ragione per le specie vegetali che vivono per metà immerse nel suolo, un serbatoio quasi infinito di vita microbica dove in ogni centimetro possiamo trovare miliardi di batteri, centinaia di chilometri di ife fungine, decine di migliaia di protozoi, migliaia di nematodi e così via. Fino a oggi ci siamo preoccupati di selezionare le piante in funzione della dimensione e del numero dei loro frutti, ma così facendo abbiamo creato specie sbilanciate, come mostri di Frankenstein dalla testa enorme e dai piedi minuscoli, in equilibrio precario. Spostando però l'attenzione a quanto avviene anche nel sottosuolo potremmo essere in grado di migliorare la qualità dei frutti di alcune piante, aumentarne allo stesso tempo la resistenza e assicurarci cibi più sani. La storia del pomodoro ci svela l'inconsistenza della retorica del self made man: da soli non si va mai troppo lontano. In agricoltura, come negli affari.

 

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