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Orchidee spontanee, un fragile destino in un mondo che cambia

Fascinose e intriganti per forme e colori, misteriose per sporadicità e incostanza, eccellenti indicatori dello stato di salute dell'ambiente: sono le orchidee spontanee. Un recente studio realizzato dall'Università di Padova, in collaborazione con il Museo Civico di Rovereto, illustra come una vasta gamma di orchidee spontanee del Trentino cerchi di reagire agli effetti del riscaldamento globale.

  • Nadia Faure e Andrea Zussino
  • Aprile 2021
  • Giovedì, 11 Marzo 2021
Nel collage di orchidee spontanee, foto di Ruggero Casse Nel collage di orchidee spontanee, foto di Ruggero Casse

 

Il Dipartimento DAFNAE dell'Università di Padova, in collaborazione con il Museo Civico di Rovereto, ha valutato l'effetto combinato del cambiamento climatico e della trasformazione degli habitat sul fragile destino delle orchidee spontanee del Trentino. Alcune specie di orchidee sarebbero infatti in grado di spostarsi verso l'alto, verso la cima delle montagne, come tentativo di risposta all'innalzamento della temperatura, conseguente al cambiamento climatico.

I risultati dello studio, condotto da Costanza Geppert, Giorgio Perazza, Robert J. Wilson (Museo Nazionale di Scienze Naturali di Madrid), Alessio Bertolli, Filippo Prosser, Giuseppe Melchiori e Lorenzo Marini, sono stati pubblicati lo scorso novembre dalla prestigiosa rivista scientifica Nature Communications.

«Con uno sguardo un po' superficiale, le piante possono essere viste come organismi immobili e poco capaci di reagire alle pressioni antropiche o al cambiamento climatico. In realtà, le piante non sono degli attori così passivi, ma sono in grado di rispondere, di muovere le proprie popolazioni a volte in modo veramente sorprendente» spiega il professore Lorenzo Marini, durante un webinar di divulgazione dei risultati dello studio disponibile anche sul canale Youtube della Fondazione Museo Civico di Rovereto.

 

 

Un monitoraggio a lungo termine

Due ricercatori dell'Ateneo di Padova, Costanza Geppert (eco-biologa, dottoranda e primo autore dell'articolo) e Giuseppe Melchiori, sono tornati sui luoghi dove, in precedenza, era stata registrata la presenza delle popolazioni di orchidee, per valutare se e in quali condizioni queste ultime fossero sopravvissute nel tempo. Tra il 2018 e il 2019, è stato quindi rivisitato un campione, significativo e unico nel suo genere, costituito da 463 siti scelti tra quelli monitorati nell'arco degli ultimi trent'anni da appassionati e studiosi come Michela Decarli e Giorgio Perazza, conservatore onorario della sezione botanica della Fondazione Museo Civico di Rovereto e socio fondatore del GIROS, Gruppo Italiano per la Ricerca delle Orchidee Spontanee.

Il database storico, che conta oltre 53.000 records di orchidee, è il risultato di una raccolta di dati capillarmente distribuita sul territorio del Trentino, su un dislivello altimetrico dal livello del mare ai quasi 3000 metri in quota e rappresentativa pressoché dei due terzi delle specie di orchidee delle Alpi europee.

«Tornare sui luoghi descritti 5, 10, 20 o 30 anni prima sembrava un'avventura», scrive Costanza Geppert, entusiasta nel ritrovare le stesse popolazioni di orchidee monitorate anni prima, anche se costretta - con rammarico - a evidenziare la radicale trasformazione subita da una parte dei siti censiti in precedenza da Giorgio Perazza. «Ci siamo presto resi conto che in Trentino in 30 anni l'uso del suolo è cambiato drasticamente e che i cambiamenti come il rimboschimento, l'urbanizzazione e l'espansione agricola portano all'estinzione locale delle orchidee. Analizzando i dati, abbiamo scoperto che le popolazioni di orchidee avevano meno probabilità di sopravvivere se la popolazione si trovava nella parte inferiore dell'intervallo di elevazione della specie, suggerendo che il riscaldamento climatico aumentava il rischio di estinzioni a basse altitudini».

La lenta ascesa delle orchidee, in fuga dal caldo

I ricercatori hanno osservato come gran parte delle specie di orchidee – in particolar modo quelle delle praterie naturali, quelle degli ambienti umidi, le generaliste e le sub-alpine – nel tentativo di reagire agli effetti del cambiamento climatico, si stiano cimentando a "scalare" le montagne, ma con ritmi anche molto differenti e in un modo non sempre del tutto coordinato. Difatti, solo poche tra le specie osservate – come Orchis mascula, Dactylorhiza sambucina, Nigritella rhellicani – si sono spostate verso l'alto in modo simmetrico e significativo. Oltre a ciò, più del 50% di queste piante si muove in ritardo e risulta troppo lento per poter controbilanciare l'aumento della temperatura, che lo costringerebbe a spostarsi ad una velocità compresa tra i 3,8 e i 5,5 metri all'anno.

Inoltre, non tutte le specie di orchidee sono in grado di seguire la direzione corretta: alcune, in buona parte forestali, non si muovono affatto, altre scelgono di scendere a quote più basse, come – ad esempio - quelle della specie Orchis morio, tipica delle praterie semi-naturali del fondovalle, la cui ambizione di salire si scontra con l'espansione del bosco. Pertanto, le cause di questa variabilità di comportamento possono essere molteplici: la chiara preferenza per un particolare tipo di habitat; la capacità di persistere in condizioni anche non troppo favorevoli; l'assenza di nuovi habitat adeguati da colonizzare; l'espansione dei boschi e di altre piante invasive, un chiaro ostacolo all'ascesa delle specie tipiche delle praterie.

Popolazioni in costante declino, con alcune eccezioni

Il riesame dei siti di monitoraggio, portato a termine con la tecnica del "resurvey", rivela una costante diminuzione della densità delle popolazioni di orchidee osservate negli ultimi trent'anni. Una tendenza, questa, confermata per la maggior parte delle specie trattate, fatta eccezione per quelle più termofile delle praterie semi-naturali e per quelle specialiste delle zone umide.

Paludi e torbiere sono ambienti spesso sotto protezione e questo potrebbe spiegare in parte perché il numero delle loro orchidee si sia mantenuto costante nel tempo. I prati e i pascoli magri o aridi, nei quali si riscontra la presenza della maggior parte delle specie, sono però di norma situati a quote medio-basse, dove gli effetti dovuti all'alterazione dell'habitat, si fanno sentire maggiormente. Non è stato altresì rilevato nessun incremento della numerosità delle popolazioni di orchidee monitorate, nemmeno per le specie già abituate ai climi più caldi e generalmente disposte a bassa quota, a dimostrazione di come l'aumento della temperatura non sortisca alcun effetto positivo su queste piante.

La temperatura non è l'unica responsabile

L'alterazione degli habitat, dovuta ai cambiamenti dell'uso del suolo – da un lato, l'abbandono delle aree remote e meno produttive e dall'altro, l'espansione dell'agricoltura intensiva e l'urbanizzazione – incidono negativamente sulla probabilità di sopravvivenza delle popolazioni di orchidee, riducendola in media del 17%.
Sul 37% dei siti del campione rivisitato, l'habitat è risultato alterato rispetto a quanto monitorato nel corso del trentennio precedente.

Il cambiamento climatico e la modificazione degli habitat hanno, di conseguenza, generato un effetto molteplice e complesso sulle orchidee spontanee e alpine del Trentino, le cui popolazioni, soprattutto quando marginali e sistemate a bassa quota, sono mediamente meno numerose rispetto al passato, se pur con qualche eccezione. Lo stretto legame con il proprio habitat ideale, giustifica, in parte, tanto il ritardo con cui la maggior parte delle specie di orchidee più dinamiche rincorre l'aumento della temperatura, quanto la sedentarietà e l'atteggiamento anomalo (spostamento verso il basso) che caratterizza quelle più statiche. Il tutto a dimostrazione di come le orchidee, essendosi specializzate, preferiscano di norma permanere nei loro ambienti iniziali (a stretto contatto con i loro insetti impollinatori – per fruttificare - e con i loro funghi simbionti per germinare), anche quando oggetto di profonde trasformazioni dovute ad agenti esterni.

Le montagne sono hotspot di biodiversità vegetale considerati particolarmente vulnerabili a molteplici cambiamenti ambientali. Lo studio presentato evidenzia l'importanza del monitoraggio a lungo termine delle popolazioni e delle distribuzioni della gamma, con una risoluzione spaziale fine, per essere in grado di comprendere appieno le conseguenze del cambiamento globale per le orchidee.

Per saperne di più

Consistent population declines but idiosyncratic range shifts in Alpine orchids under global change. Geppert, C., Perazza, G., Wilson, R.J. e altri, in «Nature Communications» 11, 5835 (2020). 

The fate of Alpine orchids in a changing world (Behind the paper). Geppert, C., Marini, L., in «Nature Research Ecology & Evolution Community», Nov 17, 2020. 

Il fragile destino delle orchidee alpine, Conferenza in diretta streaming su Facebook e You Tube, Fondazione Museo Civico di Rovereto, 10 Dicembre 2020. 

 

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