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In autunno, il rumore di una foglia che cade

In occasione del contest fotografico #PARCHITLM20 sul foliage che possiamo immortalare nelle protette e nei siti Rete Natura 2000 tra Novara, Biella, Vercelli e Verbania, lanciato dall''Ente di gestione delle Aree protette del Ticino e del Lago Maggiore, riproponiamo un articolo su come lo studio delle foglie può rivelare fantastiche sorprese. Soprattutto in autunno, tempo di foliage. 

 

 

  • Daniele Pesce
  • Settembre 2019
  • Giovedì, 29 Ottobre 2020
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 Foto Pixabay Foto Pixabay

Perché le foglie da verdi diventano rosse, gialle, brune? Perché alcune cadono e altre no? Passeggiando in un bosco, potremmo trovarci in imbarazzo a non saper rispondere a queste (perlopiù) infantili questioni.

Domande, queste, tutte di puro interesse scientifico ma anche economico. Il turismo autunnale (Fall Foliage) è importantissimo in America del Nord e sta cominciando a interessare anche l'Europa. Dolorosamente, però, i boschi nostrani mancano delle incredibili tonalità di rosso degli aceri e delle querce di colà, limitandosi a diverse tonalità di giallo, pur splendide ma decisamente diverse. Dov'è finito il rosso, dunque? Anzi, cos'è tutto questo rosso?

Il rosso delle foglie autunnali

L'arrossamento delle foglie, come tutti i fenomeni che abbiamo sotto gli occhi da sempre e che paiono scontati, a guardarli da vicino, non sono così banali. Passi il punto di vista biochimico (come?) dove i processi sono noti, almeno agli specialisti, ma dal punto di vista funzionale (perché?) non ci si raccapezza. Il rosso delle foglie è un effetto collaterale o si è evoluto con uno scopo? E se c'è uno scopo, perché c'è così tanta variabilità tra specie, tra individui della stessa specie, tra specie simili ma in differenti parti del mondo?

Cosa sono i pigmenti fogliari

Spesso si pensa che i pigmenti fogliari siano già presenti e siano mascherati dalla verde clorofilla. Riducendosi le ore di luce, le foglie ricevono meno acqua e la clorofilla viene riassorbita. Così è per i pigmenti gialli e bruni che non sono più mascherati, mentre il rosso no. Il rosso è nuovo ed è prodotto solo quando il giorno comincia ad accorciarsi, in maniera particolare se le giornate sono terse e le notti fredde (non gelate, che farebbero cadere subito le foglie). Quindi si tratta di una risposta adattativa a una pressione ambientale. Ma quale?
Il pigmento rosso sembra fungere da schermo solare (tralasciamo altre possibilità). Ovvero come una protezione nel momento in cui le foglie cambiano funzione o nascono: anche i delicati germogli sono rossi. Ma non tutte le piante ne hanno bisogno, soprattutto in Europa. Da qui l'ipotesi che si tratti di una caratteristica residuale, presente solo in piante arcaiche. Si sa che le specie arboree in Europa sono in numero inferiore a quelle americane e ciò è dovuto all'estinzione causata dalle glaciazioni: gli alberi si spostano secondo le fasce climatiche, se possono. Ma in Europa ciò non è stato agevole a causa della barriera del Mediterraneo. Forse, quindi, le piante che producevano il rosso si sono selettivamente estinte nel continente europeo allorché il rosso non era più fondamentale come poteva essere per gli antenati delle nostre piante.

Una questione di adattamento

Cos'è un albero a foglie caduche dei climi temperati, se non un discendente di un albero sempreverde temperato? E prima ancora di un albero sempreverde tropicale? Questi alberi hanno dovuto progressivamente adattarsi all'inverno e, forse, il rosso è la traccia visibile di questo adattamento. Qui ci viene in aiuto un fenomeno poco noto: alcune piante sempreverdi temperate producono il pigmento rosso fogliare, basti pensare al bosso. Questo fenomeno è però ignorato: tutti noi vedendo una foglia arrossita siamo portati a pensare che si stia seccando o che abbia qualche malattia. Invece la stessa foglia, in primavera, riacquista il colore verde. Insomma, prima gli alberi hanno provato ad adattarsi sviluppando il rosso e, solo in seguito, si è evoluta la foglia caduca. Ed è cambiato il mondo. 
Sembra incredibile, quindi, ma anche in una semplice foglia autunnale c'è la memoria di mondi scomparsi milioni di anni fa.

Che tipo di foglie sono?

Intanto approfittiamo del foliage di questa annata per osservare meglio le foglie, oltre al colore. E già che ci siamo, poniamoci altre domande: quando e perché furono inventate le foglie a lamina frastagliata? Oppure: perché alcuni alberi a foglia caduca trattengono le foglie secche sui rami in inverno? La risposta c'è per la prima domanda mentre per la seconda solo supposizioni.
Cominciamo con la risposta più semplice, osservando una foglia a lamina frastagliata (piccoli dentini come la lama di una sega) diversa da quelle a bordo lamina liscia. Fughiamo subito qualche dubbio: le foglie frastagliate sono di olmi, carpini, tigli.... Quelle lisce sono di frassini, querce, pioppi... Le lamine dentellate sono un'invenzione recente e hanno seguito l'evoluzione terziaria del clima terrestre, sempre più freddo. I dentelli rendono le foglie più efficienti sia nella fotosintesi che nella evapotraspirazione e, quindi, sono in grado di sfruttare più velocemente la breve stagione vegetativa dei climi freddi e temperati. Le piante tropicali, invece, possono prendersela più comoda e, semmai, premunirsi contro un'eccessiva perdita di liquidi e foglie 'vecchio stile' vanno benissimo.

Le foglie sono un termometro naturale

Le oscillazioni climatiche nel corso dei milioni di anni hanno favorito il succedersi regolare dell'una o dell'altra foglia. Un vero e proprio termometro al punto che è possibile visualizzare su una retta la percentuale di piante a lamina liscia (L%) e la temperatura media annua (TMA). Tale retta è descrivibile con la seguente formuletta: TMA = (L% x 0,3006) + 1,141. Ad esempio se le specie a bordo liscio di un luogo sono il 50% vorrà dire che la temperatura media annua sarà 16.2°C. Le foglie ci aiutano a capire il clima a cui era adattata una certa foresta fossile. Va da sé che è poi possibile replicare l'esperienza con le foreste attuali e ampliare il discorso fino ad arrivare ai cambiamenti climatici. In Piemonte, le impronte di foglie fossili non mancano (però meglio evitare di devastare i giacimenti con attività didattiche improvvisate! Rivolgiamoci ai musei).

Perchè alcune foglie non cadono?

Ed eccoci alla seconda domanda, ovvero perchè alcune specie - come querce e carpini - non perdono sempre le foglie in autunno. Il fenomeno si chiama marcescenza ed è provocato dall'imperfetto formarsi di uno strato di cellule che chiude i vasi che portano linfa alle foglie. La marcescenza è tipica di alcune piante (ma c'è variabilità tra un esemplare e un altro, così come da un anno all'altro). Anche in questo caso si sa 'come' ma non si conosce il 'perché'. Tocca stilare un lungo elenco delle ipotesi più plausibili.
Innanzitutto si può osservare che anomalie climatiche come un ottobre più caldo del normale, seguito magari da alcune giornate precocemente gelide, possano interferire nei normali processi e causare il non completo distacco delle foglie. Ma questo è un fatto occasionale, mentre è del tutto normale osservare la marcescenza interessare ogni anno piante giovani o rami inferiori delle piante più grandi. Ciò ha portato a pensare a una sorta di difesa contro gli erbivori. Inoltre un effetto collaterale osservato è che le foglie sui rami tendono a intercettare la neve e quindi l'aumentato accumulo primaverile potrebbe diventare una preziosa risorsa.

Ulteriori indizi ci portano su altre piste (qui non si tratta più di divulgazione... ma diventa un giallo!). Si è osservato che la marcescenza è un fenomeno tipico di alberi dei suoli poveri. Forse il ritardo con cui i nutrienti rientrano nel ciclo può aiutare a non disperdere risorse scarse. Ancora, l'accentuata ombreggiatura invernale potrebbe ridurre la crescita di eliofile competitive. E per finire... Ritardo evolutivo? Come già detto tutte le piante caducifoglie hanno antenati tropicali a foglie persistenti. La marcescenza sarebbe quindi una sorta di attardamento genetico, un processo imperfetto, insomma.

A questo punto mi permetto una personale, originalissima (?!?) ipotesi. La persistenza di foglie sui rami riduce la materia organica al suolo. E chi si nutre di tale materia? Oltre a una sterminata serie di animali, sostanzialmente i funghi saprofiti. Ma i funghi saprofiti sono in competizione con i simbionti, che sono molto più utili alle piante ospiti. Tali piante potrebbero quindi trarre vantaggio nell'affamare gli uni a favore degli altri. Ora che ho detto la mia... potete dire la vostra: la redazione di Piemonte Parchi non aspetta altro che poter pubblicare i commenti dei lettori.

 

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