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Betulla, l’albero della luce

Chiamata "Signora delle foreste", è un albero dal portamento evocativo con un'altezza che può raggiungere anche i venticinque metri. Diffusa in gran parte dell'areale eurasiatico. È una Pianta legata alla conoscenza e alla guarigione, è considerata purificatrice e fonte di rimedi per numerosi malanni

 

  • Loredana Matonti.
  • marzo 2010
  • Martedì, 30 Marzo 2010

Inizio primavera, i primi passi incedono in un bosco appena rivelato dallo sciogliersi delle nevi, in cui una Natura sonnolenta comincia pigramente a risvegliarsi. Sottile e diritta, elegante pilastro che si erge a mò di colonna nei boschi radi, riflettendo col candore della sua corteccia il chiarore lunare come specchio d'argento, è una delle prime piante su cui scorgiamo le nuove timide foglioline. La "Signora delle foreste", come spesso viene chiamata la betulla (Betula pendula), è un albero dalle foglie caduche, appartenente alla famiglia delle Betulaceae, unico fra le nostre specie a possedere una corteccia candida che si stacca in sottili lembi cartacei. Caratteristica a cui deve probabilmente la sua etimologia, dalla radice indoeuropea "bher(e)g" ovvero "bianco splendente". Il portamento è senza dubbio evocativo, con la sua altezza che può raggiungere anche i 25 metri, la chioma leggera e luminosa e i rami penduli che gli conferiscono un aspetto puro e delicato. Diffusa in gran parte del vasto areale eurasiatico, ha rivestito, nelle società tradizionali di questo continente, un ruolo di fondamentale importanza.
Pianta legata alla conoscenza e alla guarigione, purificatrice e fonte di rimedi per numerosi malanni, è particolarmente resistente al freddo, esige piena luce, ma in compenso, da brava pioniera, colonizza anche terreni poco favorevoli, fertilizzando il terreno e preparandolo per la nascita di altre specie, che a volte arrivano anche a soffocarla, portandola al sacrificio.
Per questo nell'antichità veniva considerata la "pianta degli inizi", simbolo di perseveranza, adattabilità, umiltà e tenacia, suggerisce di continuare la propria strada sul percorso prescelto, anche se le condizioni sembrano avverse, per preparare il terreno a coloro che verranno.
Nei racconti, ma anche nelle poesie, la presenza costante della betulla diventa la metafora dell'asse del mondo: associata al sole e alla luna e perciò contemporaneamente al Padre e alla Madre, al maschio e alla femmina, era ritenuta simbolicamente la via attraverso la quale scende l'energia dall'universo e da dove risale l'aspirazione umana verso l'alto. Nelle tradizioni popolari nordiche simboleggiava l'Albero Cosmico; "custode della porta", apriva allo sciamano la via del Cielo, permettendogli di passare da una regione cosmica all'altra, dalla Terra al Cielo o alla Terra agli Inferi, in un viaggio interiore che conduceva all'estasi.
Tra leggenda e realtà
Secondo le popolazioni dell'Europa neolitica, un rapporto profondo legava la pianta alla Grande Madre, entità potente che si manifestava in forme e modi differenti. Questa associazione marcata della pianta con la luna e con la Dea, cioè col mondo femminile, spiega perché essa era collegata a luoghi arcani e misteriosi che i Celti chiamavo Sidhe, i cui messaggeri erano non a caso creature fatate e femminili. Dalla linfa essi ricavavano anche una bevanda da ingerire in primavera, che si riteneva capace di rendere fertili le donne. Per questa era considerata anche una pianta dell'amore; giacigli fatti con rami di giunco e di betulla erano tra i preferiti dagli amanti in numerose leggende celtiche e come pegno d'amore spesso veniva donata una ghirlanda di betulla. Piantata vicino alla casa di una fanciulla le garantiva la felicità e un ottimo matrimonio.
Albero preposto al mese che cominciava col solstizio d'inverno, era anche associato alla festa di Imbolc, una delle principali del mondo celtico, corrispondente al nostro primo febbraio, vigilia della Candelora, festa di purificazione e rinascita che prelude alla primavera.
In Svezia è considerato il "Maggio": i giovani escono con un mazzo di suoi ramoscelli appena tagliati, più o meno frondosi.
Numerose credenze popolari poi, avvolgono la betulla di un alone di mistero: ad esempio si riteneva che coi suoi rami le streghe costruissero scope volanti, mentre per la grande luminosità della sua fiamma il legno si usava per scopi rituali.
Presso le tribù dell'America boreale, per prevenire o curare le lussazioni all'anca dei bambini, le mamme portavano i loro piccoli in speciali sacchi di scorza di betulla che caricavano sul dorso. In Italia, per curare il rachitismo infantile, si raccoglievano nella notte di San Giovanni alcune foglie di betulla, si facevano seccare nel forno e si infilavano ancora calde nel letto del bambino.
Il simbolismo purificatorio si ritrovava un po' ovunque. Nell'antica Roma i fasci intorno all'ascia che reggevano i littori davanti ai magistrati erano composti da rami di betulla. Questi rappresentavano le punizioni che potevano essere inflitte ai colpevoli ed avevano anche la funzione di purificare l'aria dinanzi ai magistrati. Anche nel Medioevo era considerato un albero di luce, simbolo di saggezza e di purificazione, tanto che lo scettro dei maestri di scuola era composto da rami di betulla intrecciati e in tutta Europa furono usati anche per calmare gli esagitati e frustare i delinquenti e gli alienati, allo scopo generale di scacciare gli "spiriti cattivi".
Le proprietà
Un proverbio russo afferma che la betulla è "il pozzo del popolo", essa dona infatti agli uomini il calore con il suo legno, la luce con la sua corteccia arrotolata a torcia, la buona salute con la sua linfa. Molteplici in effetti i suoi impieghi e proprietà: depurative, febbrifughe, diuretiche, stimolanti della bile, contro il colesterolo, antisettiche, astringenti, lenitive. Nei paesi nordici viene utilizzata anche per produrre bevande alcoliche ed aceto. Le foglie, amarognole e con un leggero odore aromatico, vengono utilizzate in fitoterapia per l'efficace azione diuretica; i germogli per curare la cistifellea e i disturbi del fegato, mentre i fiori nell'antichità furono impiegati per cicatrizzare piaghe e ferite. Il decotto delle foglie è utilizzato anche in caso di ipertensione, ipercolesterolemia, presenza di albumina nell'urina, cellulite, obesità, gotta, artriti, reumatismi e parassiti intestinali. Inoltre, stimola la digestione e la secrezione biliare. In uso esterno il decotto delle foglie o della corteccia è indicato come disinfettante e in caso di malattie della pelle.
Un tempo la corteccia veniva usata per l'estrazione del tannino, per scrivere, per fabbricare imbarcazioni e calzature, per rendere impermeabili le case, ma anche per abbassare le febbri e combattere l'influenza. Il carbone della stessa era persino utilizzato come antidoto nei casi di avvelenamento da parte di alcune specie fungine, come l'Amanita muscaria.
Notissimo l'uso della sua linfa, detta 'acqua o sangue di betulla', dalle ottime proprietà depurative e diuretiche, favorisce l'eliminazione dell'urea e dell'acido urico senza irritare i reni. Essa viene raccolta in primavera mediante incisioni sul fusto e bevuta al mattino a digiuno. A livello popolare si riteneva ammorbidisse i legamenti, agevolando la guarigione dell'artrosi.
Secondo la visione sciamanica tali proprietà sono giustificabili in diverso modo: l'incontro interiore con un simile alleato del mondo vegetale aiuterebbe a ripristinare il collegamento tra la dimensione terrena e quella spirituale, eliminando gli ostacoli a tale ascesa come le emozioni non ancora elaborate, trattenute nell'organismo sotto forma di liquidi in eccesso.
Interpretazione questa, che permette di comprendere in un'accezione più ampia il titolo di "portatrice di Luce" di questa bella Signora della foreste.

Per saperne di più
Plinio, Dianchet, 1999, Le erbe officinali, antica medicina dei Celti – Keltia editrice
Associazione Amina, 2000, Magiche Piante, un itinerario segreto, Macro edizioni

 

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