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Quando una primula fa primavera...

Prescritta da Plinio, immortalata dai versi di Shakespeare, nella tradizione di molti popoli è considerata una pianta augurale, ma anche una preziosa alleata per molti disturbi.

  • Loredana Matonti
  • marzo 2014
  • Domenica, 30 Marzo 2014
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Quando una primula fa primavera...
Primula vulgaris
Foto: L. Matonti
Primula allioni
Foto: L.Matonti
Primula allioni albina
Primula allioni
Primula hirsuta
Primula pedemontana
Primula vulgaris
Foto: L. Matonti
Primula farinosa - Primula veris
Foto: L. Matonti

La natura comincia a palpitare...la magia del risveglio, dopo il lungo letargo invernale, tocca ogni cellula vivente che freme per manifestare di nuovo il suo potenziale, mossa da un anelito impalpabile di amore verso il suo obbiettivo ultimo: la perpetuazione della vita stessa.
La brezza primaverile, carica di energia vitale, accarezza il manto erboso del sottobosco, risvegliandolo a nuova vita dopo il lungo inverno, mentre la prima luce intensa del mattino comincia a farsi strada tra i rami degli alberi ancora spogli, illuminandone le radici...e proprio lì, ai loro piedi, come apparse improvvisamente dal nulla o piantate da un abile giardiniere, appaiono decine di delicate e poetiche rosette di fiori gialli; le primule. E una cosa è certa: nonostante i capricci climatici, nel momento in cui le si vede spuntare, il grande freddo è già passato.

Il genere, che appartiene alla famiglia Primulaceae, annovera la bellezza di circa 465 specie erbacee (senza contare i numerosi ibridi e cultivar, coltivate a scopo ornamentale) talvolta annuali ma più spesso perenni, alte da pochi centimetri fino a alcuni decimetri.
Anche in Piemonte sono parecchie le specie che rallegrano i nostri prati, diverse a seconda dell'altitudine e della stagione; alcune sono rare o endemiche e si trovano anche in alcuni parchi.
Ad esempio, nel parco delle Alpi Marittime e sul Colle della Maddalena, in provincia di Cuneo, possiamo ammirare Primula allionii Loisel., specie endemica delle Alpi occidentali, e Primula marginata Curtis, che però possiamo ammirare anche in alta valle Susa e dall'alta valle Po alla valle Tanaro.
Un'altra specie presente solo in Piemonte, valle d'Aosta e le regioni limitrofe della Francia è Primula pedemontana Thomas ex Gaudin, che si trova anche in tanti parchi della nostra Regione, tra cui il Gran Paradiso.

La primula nella storia

Il nome del genere è rivelatorio della sua precocità: deriva dal latino primis (primo) e indica la comparsa precoce dei fiori appena finito l'inverno. Proprio per questo appunto è emblema del nuovo inizio, di giovinezza e precocità, primo amore, simbolo della primavera e del rinnovamento che questa stagione porta con sé.

L'interesse per queste piante risale a molto tempo addietro: lo testimoniano leggende vecchie di secoli, in cui la primula trova posto tra i fiori del Paradiso terrestre.
Il termine "primula" compare per la prima volta nel 1101 in un elenco riportato in "Regimen sanitatis Salerni", dove si indicava con questo termine una specie "primizia di primavera" che si asseriva potesse curare la paralisi; tuttavia non è sicuro che tale denominazione indicasse effettivamente la primula che intendiamo noi.
Secondo Plinio, tisane e impiastri di tali fiori combattevano l'insonnia, i reumatismi, la paralisi e la gotta, mentre l'impiastro dei petali in viso era portentoso per le rughe.
Nel Medioevo si riteneva che applicazioni esterne della pianta sul capo e sul petto potessero scacciare la malinconia. In particolare Santa Ildegarda di Bingen consigliava di portarla sul cuore; a contatto con la pelle avrebbe raccolto il vigore del sole di mezzogiorno.

Nella tradizione popolare di molti popoli è considerata anche una pianta augurale. Sembra che il Regno Unito abbia una considerazione molto speciale di questo fiore: nella regione inglese del Sommerset è chiamata bunch of keys che significa "mazzo di chiavi", nome legato a un'antica leggenda che narra di quando San Pietro gettò dal cielo le chiavi del Paradiso, che una volta cadute a terra si trasformarono in primule.
Anche Shakespeare le immortala in "Racconto d'inverno" chiamandole "pallide primule che muoiono nubili" riferendosi al fatto che, fiorendo quasi in inverno, gli insetti sono ancora molto pochi per poterle impollinare.
Nel 1884, Lord Randolph Churchill, membro della Camera dei Comuni inglese, adottò questa pianta come simbolo del Partito conservatore, che venne chiamato appunto Primrose league e questo simbolo permane ancora oggi. Anche la regina Vittoria, quando ricevette in omaggio dal primo ministro Disraeli la corona delle Indie finalmente conquistate, per ricambiare gli donò un mazzolino di primule in segno di buona fortuna.

Usi medicinali

Tanto delicata di aspetto quanto bella a vedersi, è capace in men che non si dica di trasformarsi in infuso, impiastro o colorato alimento da mettere in tavola ma, pur essendo una valida pianta medicinale, è poco usata e conosciuta come tale.

Le primule contengono numerosi elementi quali oli essenziali, pigmenti flavonoidi, glucosidi, enzimi, vitamina C, saponine, sali minerali e in particolare nelle radici vi sono due eterosidi fenolici derivati dall'acido salicilico, la primaverina e la primulaverina, che si trasformano per idrolisi in derivati dell'acido salicilico, le cui proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche sono ben note, poiché analoghe a quelle dell'aspirina. I fiori contengono anche carotene (provitamina A) che svolge attività antiossidante nell'organismo.

Per queste sostanze le primule hanno proprietà sedative, calmanti, soprattutto contro l'ansia e l'insonnia e sono analgesici naturali; si utilizzano soprattutto per leggeri mal di testa, come antinfiammatori e per la prevenzione di tosse e come febbrifughi.
Altre applicazioni riguardano le malattie dell'apparato respiratorio, grazie all'azione fluidificante ed espettorante delle saponine presenti. Per tali usi si preferiscono i rizomi. Ridotti in poltiglia si usano anche per via esterna per la gotta e per normalizzare i vasi capillari superficiali, alleviare il gonfiore delle estremità e far regredire le contusioni, mentre polverizzati e annusati possiedono proprietà sternutatorie.

Le foglie hanno proprietà simili a quelle della radice, ma possiedono un'attività minore. In compenso , soprattutto quelle più giovani, sono ottime in cucina, consumate sia fresche, in insalata, che lessate nei minestroni.

I fiori, sia mangiati in insalata prima di dormire che assunti in infuso, sono dei blandi sedativi naturali. Possono essere utilizzati anche per preparare un ottimo the, ad azione lievemente calmante.
Tradizionalmente usati nell'iperattività, mal di testa ed eccitazione nervosa, palpitazioni, vertigini, nell'insonnia (specialmente nei bambini), nelle nevralgie fino all'isterismo e persino per attenuare la balbuzie. Gli infusi e gli sciroppi, confezionati con quelli appena sbocciati in primavera o seccati all'ombra, hanno attività antispastica e antinfiammatoria, utili nel trattamento di asma e di altre condizioni allergiche, nonché espettoranti in caso di tosse e bronchite. Per uso topico sono impiegati in impacchi antinevralgici.
E, se vogliamo far fiorire anche le nostre tavole, impieghiamoli abbondantemente in variopinte insalate, per farcie di torte salate o addirittura canditi come dolci. Sarà un pasto prelibato e...rilassante!

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