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Boschi, pascoli e alpeggi: Valsessera

Nel panorama delle Alpi piemontesi la Valsessera, che occupa la parte nord-orientale del Biellese, ha sempre avuto una particolarità: la mancanza di insediamenti stabili fino a bassa quota.

  • Filippo Ceragioli
  • novembre 2011
  • Sabato, 5 Novembre 2011


La fruizione La Valsessera offre itinerari pedonali per tutti i gusti a partire da quelli di maggior respiro – come l'"Itinerario Dolcinano", che ripropone il percorso con il quale nel Medioevo Fra Dolcino e i suoi seguaci tentarono di sfuggire all'accerchiamento delle truppe vescovili – fino alle brevi passeggiate nei pressi della panoramica dorsale che fa da confine meridionale alla valle e che si affaccia da una parte sul Monte Rosa e dall'altra sulla pianura padana. Gli appassionati della mountain bike e dell'equitazione hanno invece a disposizione l'estesa rete di piste forestali che serve i vari alpeggi della zona mentre gli aperti pendii prativi sono molto apprezzati da chi pratica il volo con parapendio e deltaplano. Numerose sono anche le possibilità di praticare l'arrampicata sportiva ed è pure da ricordare che in zona vengono annualmente organizzate gare di corsa in montagna. Anche d'inverno gli amanti degli sport all'aria aperta hanno ampia scelta e, non lontano dagli skilift di Bielmonte, vengono battute lunghe piste di fondo e non mancano gli itinerari adatti alle ciaspole. Per quanto riguarda l'ospitalità la scelta è tra gli alberghi di Bielmonte, alcune storiche locande quali quelle delle bocchette di Sessera e di Stavello e i numerosi agriturismi e alpeggi, che offrono la possibilità di gustare ottimi prodotti agroalimentari della zona.
Per saperne di più - Aquile, argento, carbone: indagine sull'alta Valsessera; a cura di Giovanni Vachino, edizioni DocBi, 2007 - Itinerari escursionistici nel Biellese. 39 consigli per immergersi nella più vasta area naturalistica del Biellese, la Valsessera; Corrado Martiner Testa, edizioni Leone & Griffa, 2005.


Nessun paese ma tanti alpeggi


L'alta valle, dominata dal Monte Bo (2556 m), è da secoli utilizzata come pascolo estivo dagli allevatori del biellese centrale. Questa destinazione d'uso si riflette anche nella divisione amministrativa del territorio, che è ripartito in frazioni montane appartenenti a comuni distanti anche molti chilometri dalla valle. La tradizionale pratica della transumanza del bestiame, per quanto non così importante come in passato, si ripete ancora ad ogni inizio estate. Dopo aver raggiunto – spesso in camion – il Bocchetto di Sessera, vera e propria porta di ingresso dell'alta valle, le mandrie vengono scortate per lunghe stradine sterrate fino agli alpeggi dove trascorreranno l'estate. Alle quote intermedie la vallata è invece occupata da ampi boschi. Questi si devono in buona parte agli estesi rimboschimenti della prima metà del Novecento, realizzati quando cessò il lavoro dei carbonai ed erano state ormai abbandonate attività minerarie e metallurgiche di antica tradizione. Sul fondovalle corre infine il torrente Sessera. La sua acqua viene utilizzata dalla centrale idroelettrica del Piancone, realizzata nel 1938 per dare energia al lanificio Zegna. Negli anni Cinquanta fu poi costruita una diga alta una quarantina di metri poco prima della confluenza tra Sessera e Dolca, un suo importante affluente di sinistra. Si è così formato un lago artificiale dalla caratteristica forma ad Y, utilizzato non solo a fini idroelettrici ma anche per fornire acqua durante l'estate alle risaie della Baraggia, distanti varie decine di chilometri. Grazie alle idee lungimiranti di Ermenegildo Zegna la ditta fu per molti decenni per questa zona dal Piemonte quello che l'Olivetti fu nel Canavese, ovvero non un semplice operatore economico ma un soggetto in grado di trasformare profondamente il territorio e i rapporti sociali. La Zegna infatti realizzò attorno ai propri stabilimenti di Trivero servizi scolastici, ospedalieri e ricreativi, un grande parco e finanziò inoltre la costruzione della "panoramica Zegna", una strada che tutt'ora collega l'alta Valle del Cervo con la Valsessera e che permise la nascita della stazione sciistica di Bielmonte.
La tutela della natura
Nel 1993 è stata infine creata l'"Oasi Zegna", un progetto del gruppo Zegna che mira allo studio e alla tutela dell'alta Valsessera e alla sua valorizzazione con attività e strutture turistiche eco-compatibili. Con l'attuazione in Piemonte della direttiva europea NATURA2000 il valore naturalistico dell'area è stato sancito anche della sua inclusione tra i SIC (Siti di Importanza Comunitaria). Il sito che tutela la Valsessera ha una superficie di più di 10.000 ettari ed è per il momento il più vasto del Piemonte tra quelli creati del tutto ex-novo rispetto a parchi o riserve regionali preesistenti. Oltre alla Valsessera in senso stretto il SIC comprende anche alcuni valloni alla testata della Valle del Cervo e, dalla vetta del Bo, scende fino sotto ai 600 metri di quota che si toccano poco a ovest del Santuario del Cavallero (Coggiola). Al di là di una generica integrità dell'ambiente l'istituzione del SIC è stata motivata da alcune particolarità naturalistiche e geografiche degne di nota. La zona ha infatti un clima inusuale per il Piemonte e che viene assimilato dagli studiosi a quello oceanico: relativamente mite ma con una nebulosità estiva persistente dovuta alla risalita del vapore acqueo dall'antistante pianura risicola e con precipitazioni ben distribuite nel corso dell'anno. Questo ha portato alla formazione di ecosistemi peculiari e alla sopravvivenza di endemismi in campo sia botanico che zoologico. Il più noto è senza dubbio il Carabus olympiae: si tratta di un coleottero carnivoro – con una certa predilezione per chiocciole e lumache – della famiglia dei carabidi, detto localmente "boja d'or" (scarabeo dorato) per i caratteristici riflessi metallici delle elitre. La specie fu descritta per la prima volta nel 1854 dall'entomologo biellese Eugenio Sella; lo studioso la dedicò alla cuginetta Olimpia, che gli aveva consegnato un esemplare del carabo trovato giocando nei prati della zona. La bellezza della nuova specie fece rapidamente accorrere in Valsessera oltre agli studiosi anche molti entomologi dilettanti, le cui razzie portarono l'insetto alle soglie dell'estinzione. La situazione era talmente compromessa che alcuni entomologi allevarono l'insetto in cattività rilasciandone poi alcune migliaia di esemplari in località delle Alpi francesi con condizioni ambientali non dissimili da quelle della Valsessera. La specie fu in seguito ritrovata nella sua zona di origine ma in ambienti diversi dai pascoli nei quali era stata inizialmente rinvenuta e la sua raccolta venne proibita per legge, così che oggi le minacce alla sua conservazione sono legate principalmente ad eventuali alterazioni dell'habitat. La fauna del SIC oltre al carabo di olimpia comprende altre rarità, come pure la flora, molto ricca e variegata. Tra le piante sono da ricordare almeno due endemismi dei quali la Valsessera è il principale rifugio (Centaurea bugellensis e Cytisus proteus) nonché Scopolia carniolica, una rarissima solonacea inclusa nella lista rossa delle specie in via di estinzione per la quale la valle rappresenta l'avamposto più occidentale dell'areale di distribuzione. Oltre alle singole specie anche da un punto vegetazionale la Valsessera offre ambienti di notevole valore e rarità tra i quali gli "alneti ripariali" (boschi alluvionali di ontano) e le faggete infiltrate di esemplari di abete bianco. Un nucleo di questa seconda specie, situato nei pressi del torrente Dolca, è stato inserito nel registro regionale dei boschi da seme e riconosciuto come "idoneo alla raccolta per la conservazione della biodiversità".
Piccola diga o grande diga?
Proprio sulla conservazione degli ecosistemi si concentrano oggi i maggiori timori dei naturalisti. Mentre pare definitivamente accantonato il progetto di un collegamento funiviario tra l'Alpe di Mera e Bielmonte (meno interessante che in passato anche solo per la minore abbondanza delle precipitazioni nevose) si è fatto strada il progetto di potenziamento dell'invaso delle Mischie. La nuova diga, che verrebbe costruita alcune centinaia di metri più a valle di quella attualmente esistente, avrebbe un'altezza di circa 90 metri e aumenterebbe di molto il volume dell'invaso in modo da accrescere la disponibilità di acqua sia potabile sia per l'irrigazione delle risaie negli anni siccitosi (in quelli "normali" essa è infatti già garantita). Grazie alla costruzione di tre nuove centrali sarebbe inoltre aumentata di molto anche la produzione di elettricità. Gli impatti sull'ambiente sarebbero però tutt'altro che trascurabili, sia quelli a breve o medio termine legati alla costruzione della diga (scavi, costruzione di una teleferica temporanea per raggiungere da valle il cantiere, transito di automezzi pesanti ...) sia quelli permanenti, legati questi ultimi in particolare all'innalzamento delle coste del lago e all'ampliamento della viabilità di servizio. Gli oppositori all'opera, che si sono riuniti in un comitato, fanno inoltre osservare che non è stata presa in considerazione la possibilità di risparmiare acqua tramite l'introduzione in risaia di tecniche colturali meno esigenti dal punto di vista irriguo. Le procedure legate alla valutazione di impatto del progetto sono al momento in pieno svolgimento e anche il dibattito politico sull'opportunità dell'opera resta tutt'ora molto aperto.

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