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Le Grotte del Pugnetto

In Val di Lanzo, sulla montagna di Mezzenile, un SIC protegge un importante luogo di svernamento dei chirotteri.
ACCESSO ALLA GROTTA L'ingresso della grotta è situato a poco più di 800 m di quota e la via di accesso più comoda è il sentiero che lo collega con la strada asfaltata Traves-Pugnetto. Appena prima di Pugnetto si nota sulla sinistra della strada un pilone votivo e una bacheca informativa, da dove parte il sentiero; l'auto si può parcheggiare poco più a monte, nei pressi di un ponte dove la strada si allarga un po'. Il sentiero raggiunge con un paio di tornanti un terrazzamento costruito davanti ad una edicola dedicata alla ''Madonnina delle grotte''. L'ingresso della grotta è poco a destra dello spiazzo, anch'esso segnalato da un cartello che indica una serie di attenzioni necessarie per una visita in sicurezza della grotta e per evitare di danneggiare il sito e i suoi abitatori. Rispetto ad altre cavità di difficile esplorazione quella di Pugnetto è particolarmente agevole da percorrere, anche se a volte per procedere bisogna chinarsi e, in un paio di punti, procedere a carponi. La temperatura dell'aria è costante attorno agli 11 gradi e risulterà quindi piuttosto fresca a chi ci entri d'estate. Per illuminare il percorso possono essere utilizzate pile a led ricaricabili a manovella, che non presentano il problema di scaricare rapidamente le batterie in un ambiente saturo di umidità. Naturalmente sarà opportuno disporre di almeno una lampada di ricambio nel caso che la prima si rompesse, mentre del tutto da evitare sono torce e lampade ad acetilene, le cui esalazioni disturbano e possono intossicare gli animali presenti nella grotta. L'ambiente della grotta è fangoso in tutte le stagioni e dal soffitto lo sgocciolio è piuttosto abbondante: sarà quindi necessario dotarsi di vestiti comodi e robusti e di un cappellino. Alcune frecce dipinte sulle rocce indicano la via da seguire per raggiungere la madonnina collocata al fondo del ramo sinistro della grotta e la fontana sul ramo destro. Il ramo "della Madonna" è lungo circa cinquecento metri mentre quello "della fontana" raggiunge i 765 metri di sviluppo complessivo. L'accesso al ramo inferiore e alla sala posta appena a sinistra dell'ingresso sono invece riservati a speleologi esperti.

  • Filippo Ceragioli
  • novembre2012
  • Sabato, 3 Novembre 2012


Filippo Ceragioli
Nel variegato panorama dei SIC (Siti di Importanza Comunitaria) del Piemonte non tutto è alla luce del sole. Tra i punti più oscuri della rete di protezione della natura voluta dall'Unione Europea c'è senza dubbio il SIC cod. IT1110048 "Grotte del Pugnetto". È un sito la cui estensione superficiale esterna è davvero modesta (appena 14 ettari), e che è stato istituito a causa della presenza di alcune cavità naturali che si aprono nei boschi di Pugnetto, una frazione di Mezzenile raggiungibile in auto passando per Lanzo e Traves. Si tratta di grotte piuttosto atipiche nel panorama speleologico piemontese. Le grotte di Pugnetto si aprono infatti nei calcescisti, un tipo di roccia molto meno facile da solubilizzare rispetto al calcare presente ad esempio nelle Alpi Liguri e nel quale l'acqua ha scavato complessi imponenti come le celebri grotte di Bossea. Il diverso tipo di roccia rende le grotte di Pugnetto relativamente "sobrie'', ovvero povere di stalattiti, stalagmiti e cortine. Tra gli abitanti della zona avevano in passato una certa notorietà le "Lacrime di Santa Maria", formazioni a grappolo della lunghezza di alcuni centimetri dovute alla fusione di un certo numero di microstalattiti. Anche da un punto di vista mineralogico questi depositi sono di un certo interesse non essendo formati da carbonato di calcio, come nella maggior parte delle grotte, ma di silice idrata. Il fatto che le concrezioni siano a Pugnetto di dimensioni molto contenute e che la maggior parte di esse negli anni sia stata depredata dai visitatori ha però salvato queste grotte da una "valorizzazione" turistica che ne avrebbe forse compromesso definitivamente il pregio naturalistico. Le "grotte non attrezzate" sono un habitat della massima importanza per la conservazione di specie animali molto particolari o di endemismi presenti in aree estremamente ristrette, a volte solo in una o poche cavità. La disponibilità di angoli bui e non troppo disturbati dalla presenza umana è inoltre indispensabile per lo svernamento dei pipistrelli – chirotteri per gli zoologi – anch'essi in generale piuttosto vulnerabili e che annoverano molte specie comprese nella lista europea delle specie in pericolo di estinzione. Una delle possibili minacce a questi mammiferi è legata al letargo invernale. Se infatti vengono svegliati a causa di disturbi di varia natura il loro metabolismo aumenta, con un conseguente maggior consumo delle riserve caloriche a disposizione dell'animale per il superamento del lungo digiuno invernale. Nel caso che il disturbo si ripeta i pipistrelli possono non superare l'inverno in quanto, essendo insettivori, essi non hanno la possibilità di nutrirsi durante la stagione fredda, nel corso della quale anche gli insetti volatori sono in letargo. Proprio per tutelare i chirotteri la "Borna Grande", cioè la grotta principale di Pugnetto e l'unica tra le caverne presenti nel SIC che veda una certa frequentazione, viene chiusa al pubblico dal 1° novembre al 31 marzo con un cancello metallico. L'inferriata consente naturalmente l'entrata e l'uscita indisturbata dei pipistrelli. Oltre che come sito di svernamento dei chirotteri le grotte di Pugnetto sono anche importanti per i rarissimi invertebrati che ospitano, che si avvantaggiano dell'ambiente saturo di umidità e della temperatura che si mantiene uniforme per tutto l'anno. Endemico del sito è il coleottero Dellabeffaella roccai (descritto in origine come ), che vive nel guano dei pipistrelli che frequentano la cavità. Altra specie caratteristica delle grotte di Pugnetto è il piccolo crostaceo Trichoniscus feneriensis caprai (inizialmente considerato una specie e a sé stante e denominato Alpioniscus caprai), abbastanza simile ai comuni porcellini di terra. A differenza dei propri "cugini" che vivono all'aria aperta questo piccolo isopode è privo di occhi ed è di colore biancastro perché totalmente depigmentato. Sono queste due caratteristiche tipiche della fauna delle grotte, che evita in questo modo di investire risorse totalmente inutili nell'ambiente ipogeo come la visione e la protezione della superficie corporea dai raggi solari tramite la presenza di pigmenti. Un altro animale che presenta una spiccata predilezione per la vita sotterranea è Dolichopoda ligustica, una cavalletta dalle lunghissime antenne e dall'apparato visivo decisamente ridotto rispetto agli altri ortotteri. Anch'essa è stata osservata nelle grotte di Pugnetto, che rappresentano per la specie la stazione più settentrionale di diffusione. La presenza di questi animali venne scoperta dall'entomologo Felice Capra che, in collaborazione con Giuseppe Della Beffa e Luigi Rocca, studiò la fauna delle grotte a partire dal 1923. Agli anni Venti del Novecento risalgono anche i primi rilievi topografici della cavità, redatti da Guido Muratore nel 1920 e pubblicati dal CAI UGET di Torino pochi anni dopo. Della grotta aveva già fornito una sommaria descrizione il conte Francesetti nell'Ottocento, ma Muratore per primo sostenne che essa, creduta fino ad allora una cavità artificiale, fosse invece di origine naturale. Il rilievo della Borna Grande fu completato negli anni Ottanta dal Gruppo Speleologico Piemontese, che esplorò anche i rami inferiori, molto più stretti e di difficile accesso, e le cavità minori presenti nei dintorni.

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