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Rete Natura 2000 - La tutela della biodiversità

Nato da una direttiva europea del 1992, in Italia il sistema di aree create per proteggere la biodiversità stenta a decollare. Il motivo? Scarsa cultura ambientale e strumenti inadeguati. Il caso (virtuoso) del Piemonte

  • Chiara Spadetti
  • maggio 2010
  • Mercoledì, 12 Maggio 2010

I concetti di biodiversità e tutela ambientale sono oggi di dominio pubblico, ma nella loro accezione più concreta originano da alcuni importanti normative internazionali che hanno preso l'avvio a partire dagli anni Settanta: è in questo periodo che si è registrato il decisivo impulso che ha portato, nel contesto della legislazione ambientale europea in particolare, alla stesura delle prime importanti Direttive (in particolare, la Direttiva 79/409/CEE "Uccelli" e la Direttiva 92/43/ CEE "Habitat") volte a concretizzare l'impegno dell'Unione Europea nel processo di attuazione delle precedenti convenzioni internazionali sulla conservazione della biodiversità.
Forme di tutela indirizzate non soltanto agli individui di una data specie (com'è stato per lungo tempo nell'ambito delle normative in campo ambientale), ma anche agli habitat cui gli organismi sono legati, che rappresentano uno dei punti salienti della moderna concezione di tutela espressa dalle Direttive europee "Uccelli" e "Habitat" e definiscono nei rispettivi campi d'attuazione un quadro normativo integrato per l'identificazione, la conservazione e la protezione di aree d'interesse naturalistico e della biodiversità in esse presente.
Da tali strumenti legislativi, che riportano in diversi allegati gli elenchi di specie e habitat da salvaguardare, ha avuto origine per gli Stati membri dell'Unione la fase di individuazione dei siti che sono andati a costituire la Rete Natura 2000: progettato a partire dal 1992, questo insieme di aree (naturali e seminaturali) diffuse sull'intero territorio europeo è composto da ZPS (Zone di Protezione Speciale, designate ai sensi della Direttiva 79/409/CEE "Uccelli" per la tutela dell'avifauna) e da SIC (Siti di Importanza Comunitaria, previsti dalla Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per la conservazione degli habitat naturali e delle specie d'importanza comunitaria, destinati a diventare Zone Speciali di Conservazione -ZSC- a seguito dell'adozione di specifiche misure di gestione). Uno stesso territorio può essere designato contemporaneamente quale SIC e ZPS, in virtù delle sue caratteristiche e del valore che esprime in termini di biodiversità.
Per quanto riguarda l'Italia, le Direttive europee che hanno originato la Rete Natura 2000 sono state recepite con una Legge (la 157 del 1992, per quanto riguarda la Direttiva "Uccelli") e un Decreto (il D.P.R. 357 del 1997). I siti della Rete Natura 2000 sul territorio italiano hanno una distribuzione che in parte ricalca quella delle Aree protette già istituzionalizzate (Parchi regionali e nazionali, Riserve, etc.) e in parte evidenzia eccellenze naturalistiche di rilievo europeo che tuttavia non godono ancora di alcuna forma di tutela.
Il nostro Paese presenta caratteristiche che rendono più ardua che altrove l'attuazione di quanto previsto dalle Direttive: accanto a fattori di indiscutibile impatto ambientale come l'elevata densità abitativa, l'estensione delle monocolture ed uno sviluppo industriale non sempre attento alle peculiarità del territorio, manca spesso quella cultura ambientale di largo respiro che ha consentito ad altri Paesi dell'Unione una ben più rapida ed efficiente realizzazione della propria Rete Natura 2000.
Il percorso che ha portato all'individuazione dei siti (SIC e ZPS) secondo i parametri di qualità, quantità e copertura territoriale previsti dalle Direttive europee deve ancora affrontare il passo fondamentale dell'adozione di idonee misure di conservazione e gestione delle risorse ambientali, floristiche, faunistiche e paesaggistiche tipiche di ciascun sito designato. Tali misure, nel caso in cui la necessità di salvaguardia del sito lo renda necessario, possono prevedere (secondo la normativa vigente, che impone «il mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente») divieti o regolamentazioni di alcune attività, quali la fruizione turistica e lo sfruttamento di determinate risorse (es., il patrimonio forestale, i pascoli, le acque).

Finora, lo strumento gestionale previsto dalla normativa italiana (e, nella fattispecie, dal DPR 357/97) per attività, piani e progetti che interessano aree della Rete Natura 2000 è stato rappresentato essenzialmente dalla procedura di Valutazione d'Incidenza: si tratta sostanzialmente di attuare uno studio specifico che consenta di individuare e "pesare" l'impatto che un'opera (ad esempio un impianto idroelettrico) o una particolare attività (ad esempio la pratica del trial in un'area boscata) può avere sulle componenti biotiche (fauna e flora) e abiotiche (suolo, idrografia, etc.) che hanno portato alla designazione di quell'area quale sito della Rete Natura 2000.
Possono emergere casi di totale incompatibilità tra l'opera o l'attività in progetto e le finalità di tutela del sito: dal momento che ogni Stato membro dell'Unione è chiamato (ai sensi della Direttiva "Habitat") a monitorare lo status di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario, interventi ad impatto potenzialmente negativo possono pervenire a una valutazione d'incidenza positiva (e quindi essere autorizzati) solo nel caso che sia possibile individuare e realizzare mitigazioni e/o compensazioni tali da rendere il progetto di prevista realizzazione sostanzialmente compatibile con la tutela delle emergenze naturalistiche che caratterizzano l'area.

In Piemonte la Rete Natura 2000 è costituita da 123 SIC e 51 ZPS, per un totale di quasi 400mila ettari di territorio (circa il 15% dell'intera superficie regionale) che comprende le praterie alpine come la pianura coltivata, le fasce fluviali come i boschi collinari, a testimonianza dell'eccezionale varietà del patrimonio naturale della nostra Regione; sono attualmente allo studio le misure di conservazione (previste dalla recente L.R. 19/09) che faranno dei diversi siti una realtà territoriale concretamente tutelata, nell'ambito della realizzazione della Rete Natura 2000.

Alfaro, il paese delle cicogne

Nel cielo di Racconigi le cicogne sono una presenza costante da una ventina d'anni e alcune coppie nidificano in pieno paese suscitando regolarmente lo stupore dei visitatori della seicentesca residenza sabauda.
Viene da chiedersi quale spettacolo possa regalare allora la presenza non di pochi esemplari, ma centinaia di questi grandi uccelli sui tetti di un piccolo centro abitato: è quanto si verifica nel paese spagnolo di Alfaro, che sorge nella Valle dell'Ebro a un centinaio di chilometri da Pamplona. A fronte di una popolazione umana numericamente simile a quella di Racconigi (circa 9500 abitanti), Alfaro vanta il primato della densità di cicogne bianche più alta d'Europa, con oltre 120 coppie nidificanti: considerando che ciascuna di esse alleva mediamente 3 pulli, al momento dell'involo il cielo di Alfaro si popola di oltre 500 cicogne, con grande orgoglio degli abitanti.
A tale densità, di per sé già straordinaria, si aggiunge (caso unico in Europa) l'eccezionale concentrazione di nidi su un singolo edificio, la chiesa di San Michele Arcangelo (XVI-XVII sec.), pregevole esempio di barocco aragonese: con le numerose cupole, cornici e pinnacoli, l'edificio più importante di Alfaro rappresenta agli occhi delle cicogne il sito ideale per la costruzione del nido, tanto che si calcola che la superficie occupata dagli uccelli si aggiri ormai intorno ai 2000 mq.
Alfaro piace talmente alle cicogne da ospitarle persino nel periodo invernale, che solitamente questa specie trascorre nell'Africa sub-sahariana. Ricordando le antiche credenze popolari che legano la presenza delle cicogne alla nascita dei bambini, viene inevitabilmente da chiedersi se l'elevata percentuale di parti gemellari che si verificano ad Alfaro rispetto al resto della Spagna non sia tutt'altro che casuale.
Le cicogne di Racconigi
La Cicogna bianca compare in molte favole legate alla nascita dei bambini, diffuse soprattutto nel Nord Europa, dove la specie non si è mai estinta. In Italia, invece, dal Settecento risultava assente come nidificante, con comparse regolari ma scarse in periodo primaverile ed autunnale lungo le rotte migratorie. Proprio su uno di questi tragitti, a Racconigi (CN), è stato realizzato nel 1985 il Centro Cicogne e Anatidi, che, grazie alla collaborazione tra LIPU, il Centro svizzero di Altreu e l'ornitologo Bruno Vaschetti, è riuscito a ricreare un gruppo di cicogne nidificanti in libertà che funge da attrazione per quelle selvatiche. Ogni anno una trentina di coppie nidifica attorno a Racconigi, occupando le piattaforme predisposte sui comignoli delle case oppure colonizzando torri campanarie, chiese e castelli. Sono cicogne selvatiche, alcune inanellate in altri Paesi, che si trattengono per il periodo riproduttivo e ripartono ai primi freddi.Nel 2009, un'apposita convenzione tra l'Ente di gestione del Parco fluviale del Po cuneese e il Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi ha dato il via a un progetto di ampliamento della zona umida presente presso il Centro, finanziato dal Settore Pianificazione e Gestione delle Aree Naturali Protette della Regione Piemonte. Nell'arco di tre anni è prevista la realizzazione di un nuovo percorso di visita (con relativi capanni) e di un osservatorio di moderna concezione destinato al birdwatching e alla didattica ambientale.
Considerata l'elevata valenza (riconosciuta da numerose Convenzioni internazionali) che le aree umide rivestono in termini di biodiversità, in ragione delle numerosissime specie di interesse comunitario (uccelli, in primo luogo, ma anche anfibi ed insetti) che ospitano, il progetto in atto costituisce un nuovo tassello nell'ambito delle iniziative volte all'attuazione della Rete Natura 2000 in Italia, come previsto dalle Direttive Comunitarie in materia di conservazione di habitat e biodiversità.
Info: www.cicogneracconigi.it

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