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Luci profonde

Giovedì, 1 Luglio 2010

«Tina gli scoccò un'occhiata soddisfatta. Le sue dita danzarono sulla tastiera e l'immagine cambiò di nuovo. Stavolta apparve un dettaglio del bordo superiore destro. Proprio dove la chiazza illuminata si perdeva nel buio s'intravedeva qualcosa. Una luminosità di un blu intenso attraversata da linee più chiare». Misteriosi organismi bioluminescenti sono i protagonisti del bellissimo thriller ecologico "Il quinto giorno" dell'autore tedesco Frank Schatzing, che immagina una ribellione degli organismi marini contro l'umanità, rea di avere sfruttato e inquinato mari e oceani. Nella realtà, l'atto di denuncia resta attualissimo, come dimostra la recente fuoriuscita di petrolio nel golfo del Messico, e gli oceani continuano a essere il luogo del Pianeta meno conosciuto. In un'immersione ipotetica verso gli abissi, il fenomeno della bioluminescenza è sicuramente uno dei più affascinanti e in un certo senso misteriosi. Già il navigatore greco Anassimene raccontava di un affascinante chiarore del mare che diffondeva raggi verdazzurri se si muoveva l'acqua con un remo. Circa duemila anni dopo, osservando un campione d'acqua al microscopio, alcuni studiosi vi trovarono moltissimi dinoflagellati che, se toccati, emettono impulsi luminosi grazie ad alcuni enzimi in essi contenuti. Ma è nel buio totale degli abissi marini, là dove è sparita completamente la luce del sole, che si hanno i casi più affascinanti di bioluminescenza. Molti abitanti degli abissi, tra cui alcuni pesci e le meduse, sono in grado di produrre la luciferina che, reagendo con l'ossigeno, emette la luce. Chi invece non produce luce propria, come la rana pescatrice, vive in simbiosi con batteri bioluminescenti che ospita in piccole tasche nella pelle. Queste "luci di profondità" non sono però sempre accese. Sia che vengano utilizzate per vedere, sia che servano per essere visti, sono gli organismi che decidono quando accendersi o spegnersi, quando dare un po' di luce al nero profondo degli oceani.
Un'esca luminosa
A oltre mille metri di profondità vive un pesce dall'aspetto abbastanza terrificante, la rana pescatrice, con una grande bocca piena di denti affilati. Ma la cosa più curiosa è la lunga antenna che si stacca dalla fronte e porta alla sua estremità un sacchetto pieno di batteri bioluminescenti. La preda ignara che si avvicina alla luce per cercare di addentarla non sa cosa l'aspetta nel buio circostante. Finirà addentata a sua volta.
Insegne luminose
Può sembrare strano ma la luce nel buio più profondo può servire anche a una preda per difendersi. E' il caso ad esempio delle meduse abissali, come la Periphylla, che normalmente se ne stanno nascoste e immobili. Se però si avvicina un predatore si accendono di colpo come grandi insegne, illuminando anche il predatore che diventerà così perfettamente visibile ai suoi nemici, il più delle volte scappando velocemente.
Un polpo senza ventose
Una delle caratteristiche più note dei polpi che conosciamo e che almeno una volta abbiamo mangiato in insalata è quella di avere numerose ventose sui tentacoli. C'è però un polpo dei mari abissali, lo Stauroteurhis syrtensis, che al posto delle ventose presenta file di fotosfori lampeggianti che utilizza per attirare le sue prede. I piccoli crostacei di cui si nutre sono attirati dalla luce e avvicinandosi finiscono imprigionati in una rete di muco prodotta dallo stesso animale.