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Fauna acquatica

Tra cattiva gestione delle risorse idriche, distruzione degli ambienti acquatici e invasione di specie aliene la sopravvivenza dei pesci dei nostri fiumi è a rischio.

  • Gilberto Forneris Gian Carlo Perosino
  • maggio 2012
  • Mercoledì, 9 Maggio 2012

Quando si parla della tutela della fauna si pensa quasi esclusivamente ai vertebrati e agli Insetti, soprattutto quelli più belli, (farfalle, libellule...) o più noiosi, (mosche, zanzare...) o più pericolosi, (calabroni, vespe...) Tra le cinque classi dei vertebrati gli Uccelli e i Mammiferi sono i più conosciuti. Meno noti, salvo alcune eccezioni quali vipere, rane e rospi, sono i Rettili e gli Anfibi. Ancora meno conosciuti sono i Pesci; eppure costituiscono un gruppo faunistico estremamente importante, sia dal punto di vista naturalistico, sia come bioindicatori. Il fiume è un ecosistema aperto o, per meglio definirlo, un sottosistema che fa parte di un sistema più ampio, il bacino imbrifero, costituito dalla porzione di territorio che raccoglie le acque delle precipitazioni per convogliarle, attraverso il reticolo idrografico, al fiume stesso. La qualità delle acque del fiume dipende dalla qualità complessiva dell'insieme degli ambienti che caratterizzano il territorio che lo alimenta. L'acqua raccoglie dal bacino la materia che alimenta la catena alimentare dell'ecosistema fluviale e il fiume vive quindi non solo di quanto autonomamente produce, ma soprattutto di ciò che ad esso giunge dal più grande sistema di cui fa parte. Si comprende quindi il ruolo strategico degli ecosistemi fluviali sulle terre emerse, non solo come semplici anelli del ciclo dell'acqua. Lo stato degli ecosistemi fluviali è quindi lo specchio di quello dell'intero territorio e si misura mediante l'analisi delle comunità acquatiche, tra le quali quelle costituite dai Pesci. La Direttiva Comunitaria 2000/60/CE, recepita dall'Italia con il D. Lgs. 152/06, prevede precisi obiettivi di qualità dei corsi d'acqua, il conseguimento dei quali va verificato mediante specifici monitoraggi con utilizzo di diversi indicatori, tra i quali i Pesci. Affinché lo stato ecologico di un corso d'acqua si possa giudicare "buono", occorre che la comunità ittica sia simile a quella attesa in assenza di alterazioni ambientali.

La Regione Piemonte è stato promotore e finanziatore di un terzo monitoraggio effettuato nel 2009 su 428 stazioni di campionamento delle nuove reti di monitoraggio regionale (ai sensi del D. Lgs. 152/06) e provinciale, così come lo stesso Assessorato lo era stato del primo, con il coordinamento, in tutti e tre i casi, del Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia della Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di Torino. Se i Pesci forniscono indicazioni valide per definire lo stato ecologico dei fiumi e questi a loro volta riflettono le condizioni dell'intero territorio, allora lo stato dell'ittiofauna piemontese costituisce un buon indicatore di quello dell'ambiente dell'intera regione e a questo proposito gli esiti dei succitati monitoraggi sono purtroppo ampiamente significativi. Preoccupante è la condizione di molte specie, alcune endemiche del bacino del Po, rispetto alle quali le nostre responsabilità sono rilevanti. Infatti la loro scomparsa significherebbe allungare la lista delle specie estinte a livello globale. Gli storioni, che un tempo risalivano il Po fino a Torino, sono estinti a causa degli sbarramenti. Il Cobite mascherato, già raro nel 1988/89 e rarissimo nel 2004, è risultato assente nel 2009: un'altra specie estinta? Discorso analogo vale per il Pigo, pure esso mai rinvenuto nel 2009, seppure oggetto di rare segnalazioni dei pescatori. Altrettanto grave è lo stato della Savetta, confinata con residue popolazioni in alcuni tratti del Po. L'Anguilla, un tempo presente in quasi tutti i corsi d'acqua, dalla pianura fino alla fascia pedemontana, è quasi scomparsa. Su 428 siti delle reti regionale e provinciali monitorate nel 2009, pochi individui sono stati rinvenuti e solo nel Ticino. Il Temolo, che ancora negli anni '80 formava gruppi numerosi nelle correnti dei principali torrenti pedemontani, fu rivenuto nell'11 % delle stazioni nel 1988/89, nel 7 % nel 2004, per subire quindi un crollo al 3 % nel 2009 e con popolazioni demograficamente inconsistenti e mal strutturate. Il Luccio, predatore per eccellenza delle acque dolci, ancora relativamente abbondante alla fine degli anni '80 (11 %), riduce la sua presenza nel 2004 (9 %), per crollare nel 2009 al 2%. Preoccupanti sono pure le situazioni del Persico reale, altro importante predatore delle acque di pianura, sceso dal 19 % nel 1988/89 al 5 % nel 2009, e della Tinca, passata dal 18 % nel 1988/89 al 3 % nel 2009. In sintesi ed escludendo gli Storioni, su 25 specie autoctone per il Piemonte, risulta: • 1 specie probabilmente estinta (Cobite mascherato); • 5 specie a forte rischio di estinzione (Anguilla, Temolo, Pigo, Savetta, Luccio); • 7 specie in forte riduzione (Persico reale, Barbo canino, Lasca, Bottatrice, Spinarello, Cagnetta, Tinca); • la maggior parte delle rimanenti 12 specie (Alborella, Barbo, Gobione, Cavedano, Vairone, Sanguinerola, Triotto, Scardola, Cobite comune, Ghiozzo padano, Trota marmorata, Scazzone), pur presentando decrementi delle consistenze demografiche, sono ancora ben rappresentate, ma per quanto tempo ancora? Sulla base di quanto sopra il giudizio sullo stato dell'ittiofauna in Piemonte è chiaramente "insufficiente", specchio dello stato ambientale dell'intera regione, ma ciò non sorprende più di tanto visto che stiamo parlando di un'area tra le più antropizzate d'Europa. Vi sono anche alcune cause dirette dell'alterazione dello stato dell'ittiofauna. Tra queste la più importante è la forte riduzione delle portate idriche. Nonostante quanto previsto dal PTA regionale (Piano di Tutela delle Acque redatto ai sensi del D. Lgs. 152/99), che prevedeva la garanzia del DMV (Deflusso Minimo Vitale) per tutte le captazioni/ritenzioni idriche entro il 31/12/2008, poco è cambiato. Dall'estate 2009 più nessun fiume avrebbe dovuto essere prosciugato. Ma ancora nell'agosto 2011, nonostante le piogge abbondanti di giugno e luglio, numerosi torrenti e fiumi, compresi quelli più importanti, per lunghi tratti sono stati prosciugati a causa dei prelievi idrici. Responsabili a monte le captazioni per la produzione di energia elettrica e a valle i fabbisogni agricoli. Purtroppo non esiste più, non solo in Piemonte, un solo torrente dell'arco alpino che non sia interessato da questi impatti antropici. Va detto che il sistema agricolo, adottando nuovi sistemi di irrigazione e prevedendo l'accumulo di acqua nei periodi di massime precipitazioni (bacini montani di ritenzione), potrebbe dare un aiuto importante all'ambiente, pur garantendo la quantità d'acqua necessaria per l'irrigazione, mentre andrebbe rivisto il concetto di ecocompatibilità della produzione di energia idroelettrica. Eppure i volumi d'acqua che dovrebbero, attraverso il DMV, garantire l'esistenza dei fiumi costituiscono una frazione decisamente inferiore rispetto a quella destinata agli usi umani. Senz'acqua per i pesci è la fine! Altro importante fattore di impatto è costituito dagli interventi di sistemazione idraulica, ritenuti indispensabili per la "messa in sicurezza dei fiumi". Essi, soprattutto quando effettuati con le tecniche dell'ingegneria tradizionale, anziché quella naturalistica, comportano spesso gravi danni sulla funzionalità ecologica dei fiumi, con evidenti conseguenze sulle comunità acquatiche, soprattutto quelle dei Pesci. Quando i fiumi sono banalizzati a canali con profili uniformi, si perde gran parte della capacità di autodepurazione tipica di questi ecosistemi e diventa più difficile conseguire gli obiettivi di qualità che ci chiede l'Europa. Ma questi sono impatti reversibili e quindi mitigabili con minimo sforzo, mentre più pericolosa in quanto spesso irreversibile è la presenza delle specie alloctone. Con il monitoraggio del 2009 sono state censite più di 40 specie, di cui oltre il 40 % aliene, contro il 32 % nel biennio 1988/89. Sono Pesci in rari casi introdotti accidentalmente; per la maggior parte sono specie introdotte nell'ambito delle attività di gestione della pesca sportiva. Aspio, Barbo europeo, Carassio, Pseudorasbora, Rodeo amaro, Persico sole, Persico trota, Siluro... sono solo una parte di quelle che infestano le nostre acque. Altre se ne aggiungono purtroppo con sempre maggior frequenza e quelle già presenti espandono i loro areali di distribuzione, entrando in concorrenza con quelle autoctone, la maggior parte delle quali già in difficoltà per le alterazioni ambientali succitate. Il risultato finale è l'evidente ed inevitabile perdita di biodiversità e la diminuzione della qualità degli ecosistemi acquatici in Piemonte.

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