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Il grifone è tornato nei cieli del Piemonte

Negli ultimi anni i grandi avvoltoi hanno ripreso a frequentare le Alpi occidentali

  • Luca Giraudo
  • Luglio 2011
  • Venerdì, 1 Luglio 2011

Estintosi come nidificante alla fine del '700 l'avvoltoio Grifone è tornato a veleggiare anche sulle montagne piemontesi. Sempre più frequenti negli ultimi anni sono stati gli avvistamenti del grande rapace Un volo di avvoltoi, maestosi e muti, rotea alto su un pendio assolato... Un'immagine che evoca in chi osserva una sensazione primitiva di morte, il segno inequivocabile che, da qualche parte nella sterminata prateria, un animale ha cessato di vivere e si appresta a essere divorato. Pochi decenni fa era probabilmente questo il sentimento più comune, una scena di vita vissuta per alcune popolazioni italiane; oggi per molte persone questi uccelli evocano solo ammirazione e stupore, e il loro preciso ruolo negli ecosistemi non viene più riconosciuto come segno di sventura. Soltanto i documentari sull'Africa ci fanno ritornare a un evento che la nostra specie ha visto fin dalla notte dei tempi. Evolutosi insieme alle popolazioni di ungulati selvatici delle praterie e delle montagne, il grifone ha saputo adattarsi ai cambiamenti prodotti nei secoli dall'uomo, avvantaggiandosi delle risorse disponibili legate a una pastorizia tradizionale di tipo estensivo. Ma a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, prima a causa di una persecuzione intensa operata con ogni mezzo (abbattimenti diretti, uso di bocconi avvelenati, prelievi per collezionismo), poi per il progressivo abbandono delle attività zootecniche di tipo estensivo che ha toccato i minimi storici negli ultimi decenni, la specie ha subito una notevole contrazione del suo areale ed è rimasta confinata alle grandi aree steppiche montane dell'Europa meridionale (Pirenei, Balcani) e del Medio Oriente (Turchia).

Status delle popolazioni autoctone

L'unica grande popolazione autoctona dell'Europa occidentale è quella spagnola e dei Pirenei francesi; la prosperità di alcune di queste popolazioni è però legata all'alimentazione artificiale, ovvero alla gestione di carnai appositamente riforniti. La popolazione spagnola, stimata in 17.300-18.100 coppie, ha fatto registrare un trend positivo fino al 2005; l'anno successivo con l'applicazione delle direttive europee sullo smaltimento delle carcasse dei domestici ha avuto un drastico crollo del successo riproduttivo, mentre molti individui, anche adulti, hanno abbandonato i siti riproduttivi per vagare su enormi distanze, addirittura fino in Germania. In Francia gli effettivi riproduttivi hanno raggiunto in questi ultimi anni le 525 coppie, a partire da una quarantina di coppie nel 1960. La gestione, dapprima basata su carnai localizzati nei Paesi Baschi e nella valle d'Ossau, ha poi avuto un cambio di indirizzo a partire dai primi anni '90, con la chiusura progressiva dei carnai conclusa nel 1997. Da quel momento la popolazione pirenaica francese si sostiene soltanto grazie alle enormi disponibilità trofiche legate alla zootecnia estensiva. L'areale originario italiano, un tempo esteso su Alpi e Appennini e le isole maggiori, è oggi limitato alla Sardegna, dove resiste l'ultima popolazione italiana. Qui il grifone era diffuso in tutta l'isola (si stimavano 1000-1400 individui nel 1930) e molto abbondante sino agli anni '60 del secolo scorso; ha poi subito un fortissimo calo negli ultimi decenni, principalmente a causa dell'uso di bocconi avvelenati utilizzati dai pastori nella lotta contro volpi e cani randagi. Soltanto i programmi di conservazione realizzati sin dal 1974 hanno evitato l'estinzione totale del grifone nell'isola. Oggi l'unica popolazione superstite vive ella Sardegna nord-occidentale e conta attualmente tra 85 e 90 individui con 29-31 coppie territoriali, concentrati per oltre il 90% nel Bosano. Purtroppo gli episodi di avvelenamento non sono cessati, con casi registrati ancora negli anni fra il 2006 e il 2009.

Progetti di reintroduzione

Come è accaduto per altri avvoltoi, il grifone è stato oggetto di alcuni progetti di reintroduzione avviati negli ultimi trent'anni, soprattutto in Francia: nelle Cevennes, Grand Causses, nel Verdon, nelle Baronnies, nel Vercors, Diois, nelle Navacelles. L'insediamento delle colonie riproduttive francesi ha tratto vantaggio dall'alimentazione artificiale tramite piccoli carnai diffusi sul territorio: l'aumento degli effettivi ha spinto una quota di individui a migrare stagionalmente verso quartieri estivi in parte ubicati ai confini con l'Italia, soprattutto nel territorio del Parc national du Mercantour, che ospita nella stagione estiva una popolazione di circa 20.000 capi ovini. Nel corso dell'estate 2010 sono stati contati circa 360 grifoni estivanti sui settori del Parco e aree limitrofe. In Italia progetti di reintroduzione hanno riguardato il Friuli, regione che conta oggi più di 15 coppie riproduttive, il Parco regionale del Sirente-Velino la Sicilia nel Parco naturale dei Nebrodi e la Calabria nel Parco nazionale del Pollino.

Situazione in Piemonte

Conseguentemente alle reintroduzioni francesi anche sul versante italiano delle Alpi Occidentali le osservazioni di grifone iniziano ad aumentare dalla fine degli anni '90 e poi decisamente dopo il 2000. Si tratta dapprima di pochi individui isolati ma in seguito, dopo il 2000, i gruppi divengono via via più numerosi, fino a contare 28 individui insieme. Il fatto interessante è che contemporaneamente alle osservazioni di esemplari francesi si registrano segnalazioni che vanno attribuite alla popolazione orientale (Croazia). La presenza della specie è più consistente è giugno, quando la popolazione francese si porta sulle Alpi ed esplora le vallate cuneesi per verificarne la disponibilità alimentare. Le osservazioni raccolte in Piemonte fanno rientrare la fenologia in un fenomeno di erratismo, in quanto nessun individuo ha mai dimostrato una regolarità nella rotta seguita e nel periodo di passo e la presenza è sempre stata temporanea, limitata per ogni individuo o gruppo da poche ore a pochi giorni di permanenza nel territorio provinciale. Anche la maggior concentrazione di osservazioni in giugno è riferita a movimenti casuali e temporanei, che non hanno la caratteristica di un vero flusso migratorio.
Ruolo ecologico
È un dato di fatto che gli avvoltoi si cibano di animali morti, che ricercano volando su ampie aree e che sono in grado di utilizzare molto efficacemente, divorando inizialmente le parti molli (grifoni), quindi i tendini e le parti più coriacee (avvoltoio monaco) e infine le ossa (gipeto). Si ritiene che la presenza di queste specie tenda a ridurre il rischio di contagi e diffusione di patologie, in quanto le carcasse vengono individuate in tempi brevi e quindi divorate in pochi minuti. In tal modo la diffusione di infezioni viene ridotta. Un grifone consuma in media 400-500 grammi di carne al giorno, ma poichè non mangia tutti i giorni, quando si alimenta ingurgita anche 1,5-1,7 kg (secondo alcuni anche 2 kg) di carne. Alimentandosi molto velocemente un gruppo di questi avvoltoi riesce a spolpare una carcassa veramente in tempi brevi: osservazioni compiute presso i siti di alimentazione hanno confermato che in 30 minuti circa un gruppetto di 20-30 grifoni riesce a "pulire" una pecora.

Pericoli e minacce

Ancora oggi molti sono i pericoli che possono minacciare il grifone e quasi tutti hanno come causa principale le attività umane, a partire dall'uso di bocconi avvelenati che, seppure quasi mai indirizzati a questa specie, esplicano il loro micidiale effetto soprattutto sulle popolazioni residenti. Un possibile rimedio al problema, a fianco della necessaria repressione, consiste nella realizzazione di "riserve alimentari" recintate in modo tale da costruire una rete di "carnai" ove vengono portate le carcasse degli animali domestici (sotto controllo veterinario). Tale sistema è già stato sperimentato con successo in Sardegna e in altre parti dell'Europa. Le riserve alimentari, oltre a eliminare la concorrenza trofica di volpi, cinghiali, ecc., possono assicurare una fonte alimentare "pulita" per i grifoni. La norme comunitarie che consentono l'utilizzo di animali domestici morti per cause naturali sono attuate in Spagna e Francia e lo potrebbero essere anche in Italia. Le norme di riferimento sono la Direttiva 90/667/CEE, la Decisione 2003/322/CE integrata dalla Decisione 2005/833/CE. Ma anche alcuni tipi di infrastrutture, i cavi elettrici così come i cavi sospesi per il trasporto di legname o altro, possono rivelarsi molto pericolosi per questa e altre specie di uccelli di grandi dimensioni: i primi possono esserlo doppiamente, sia perché causa di elettrocuzione, sia come possibile ostacolo in condizioni di scarsa visibilità. Negli ultimi anni si stanno diffondendo anche in Italia i parchi eolici, filari di turbine lunghi anche chilometri, formati da giganti alti 120 metri che generalmente vengono realizzati sui crinali, in particolare nelle regioni del Centro-Sud, ma adesso anche in Piemonte. È superfluo ricordare che queste installazioni, se non progettate in base ad una seria Valutazione di Impatto Ambientale, possono rivelarsi una trappola per molte specie di uccelli veleggiatori, che condividono l'uso degli stessi spazi aerei occupati dalle pale eoliche. Tale pericolo perdura per tutti i 30 anni di vita dell'impianto e i risultati nefasti possono coinvolgere migliaia di rapaci. Per questo motivo alcune regioni italiane hanno redatto delle linee guida che evidenziano dei criteri per individuare i siti e progettare gli impianti. Infine il disturbo al nido, che almeno in alcune situazioni può essere dovuto ad attività sportive come l'arrampicata e il volo a vela o la fotografia naturalistica. Seppure al momento in Italia le colonie riproduttive sono molto localizzate, un domani queste attività potrebbero costituire un ulteriore fattore limitante per la colonizzazione di nuove aree. Il tutto compone un quadro di minacce diffuse sul territorio, molto spesso sottovalutate e causa di mortalità aggiuntiva e non naturale, non solo per il grifone.

Gestione e monitoraggio

La gestione di una specie come il grifone prevede diversi tipi di approccio integrati fra loro. In Piemonte al momento si tratta di seguire l'evolversi della situazione monitorando sia gli spostamenti degli animali, sia eventuali casi di mortalità dovuti a intervento umano. Il monitoraggio di specie di grandi dimensioni, alta capacità di spostamento e ampio areale come gli avvoltoi, richiede uno sforzo di coordinamento notevole, reso possibile soltanto con il coinvolgimento di moltissime persone ed enti. Come per il gipeto, sul quale si sta lavorando da 25 anni ormai, anche per il grifone è indispensabile un centro di raccolta dei dati al quale confluiscano tutte le informazioni, e che sia in grado a sua volta di trasmettere ad altri centri i dati ricevuti. Per questo motivo la Regione Piemonte, avvalendosi della lunga esperienza della Rete Osservatori Alpi Occidentali, formata da molti enti gestori di aree protette, di altri enti territoriali e di associazioni ornitologiche e coordinata dal Parco Naturale Alpi Marittime (vedere l'ultima pagina del bollettino Infogipeto nel 2011 ha riconosciuto formalmente l'esistenza della Rete, attribuendole compiti specifici nella raccolta dati e nella condivisione delle informazioni a tutti i livelli. La ROAO farà parte inoltre della Rete Italiana Monitoraggio Avvoltoi Nord Italia (R.I.M.A.N.I.), che sarà formalizzata nei prossimi mesi e che coprirà tutte le regioni alpine italiane. Scopo della Rete sarà quello di raccogliere tutte le osservazioni di avvoltoi e di creare un database funzionale all'impostazione di politiche di conservazione dedicate a queste specie così importanti per la biodiversità italiana e altresì per la gestione dei territori montani.

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