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Il geco con foglie sulle dita ...

Interessante e timido, il geco europeo è dotato di strane dita terminanti con espansioni lobate che gli hanno valso il nome comune di Fillodattilo (dal greco, "dita a foglia"). Attualmente è l'unica tra le 41 specie di gechi presenti nel bacino del Mediterraneo a essere considerata "vulnerabile" dall'IUCN (International Union for Conservation of Nature)

  • Emanuele Bigi
  • luglio 2010
  • Domenica, 4 Luglio 2010

Una calda sera d'estate di qualche anno fa sono riuscito a vedere, per la prima volta, uno dei più interessanti e timidi animali della fauna europea. Si tratta di un piccolo geco dotato di strane dita terminanti con espansioni lobate che gli hanno valso il nome comune di Fillodattilo (dal greco "dita a foglia"). Mi trovavo in uno dei siti storici per questo animaletto, attorno alla città di Genova in cui la specie viene da tempo studiata. Aspettai che la luce si facesse fioca, e quando finalmente si fece notte iniziai la ricerca, armato di torcia da speleologo ed ecco che un'immagine - quasi un'idea - si stagliò sulle pietre per un attimo. La figura minuta, appiattita e diafana di un giovane maschio di Euleptes europaea fece capolino tra le imperfezioni della roccia. Più volte mi soffermai a osservare un esemplare in attività, affascinato dall'apparente lentezza che si trasformava in velocità e precisione quando una piccola preda gli passava dinnanzi. Il geco, infatti, appena si accorge dell'insetto, si erge sulle zampe, inizia a "scodinzolare" d'eccitazione, e subito scatta sulla preda. Un attimo, e per questa non c'è più scampo. I cacciatori dalle dita a foglia sembravano, quella sera, quasi dei piccoli leopardi in una savana di roccia.


Biologia

Comunemente definito Tarantolino o Fillodattilo, questo geco dai costumi elusivi è diffuso in un areale punteggiato nel bacino del Mediterraneo, soprattutto sulle isole, con vaste aree dove invece non è mai stato rinvenuto, seppur l'ambiente si presenti idoneo: un enigma per molti studiosi, poiché è da escludersi, almeno nella maggior parte dei casi, che l'intervento umano abbia contribuito alla sua diffusione. Il Tarantolino ha un corpo lungo circa 4 cm, slanciato e appiattito con zampe relativamente corte e dotate d'espansioni appiattite e lobate alle estremità delle dita. La coda normalmente è affusolata, ma se malauguratamente dovesse staccarsi, quella che ricresce è sempre un po' più larga e tozza. La testa è larga e piatta, con occhi grandi e pupille verticali. La pelle, leggermente trasparente e setosa alla vista, ha una livrea di fondo che può variare dal grigio al marroncino, fino al giallino, e può presentare bande o punteggiature più o meno marcate. Il ventre è uniformemente bianco-rosato. Non sono invece presenti tubercoli, caratteristica che lo contraddistingue dalle altre specie europee. Il nostro Tarantolino frequenta ambienti rocciosi, dal livello del mare fino a un massimo di 1.510 metri. I luoghi meglio colonizzati sono le isolette rocciose e i ruderi esposti al sole. In natura sembra preferire le zone caratterizzate da vegetazione a olivo e lentisco. In questi luoghi la specie è adattata a vivere nelle crepe e negli anfratti della roccia e tende a evitare accuratamente abitazioni e altre costruzioni in buono stato, comunemente frequentate invece da altre specie come il Geco Verrucoso o la Tarentola. Questo non significa però che le tre specie non possano convivere. Quando presente, E. europaea risulta di gran lunga il più abbondante dei tre. In alcuni siti è proprio il grande numero di esemplari a essere un "fattore limitante" alla crescita numerica della popolazione, data la mancanza di cibo e nascondigli adeguati. Una curiosità per ora non del tutto chiarita dai ricercatori riguarda la coda: le femmine adulte hanno quasi tutte una coda rigenerata. Inoltre nei giovani e negli adulti con coda mai rigenerata, essa è prensile, cosa poco comune nelle specie capaci di autotomia (capacità di perdere la coda in maniera volontaria). Gli accoppiamenti hanno luogo intorno alla fine di marzo e le prime deposizioni avvengono verso metà maggio, per continuare fino alla fine di luglio. Il fattore che più limita l'attività riproduttiva è la temperatura. È stato comunque notato come la minima temperatura di attività della specie si trovi tra i 10 °C e i 15 °C, con temperature corporee che in alcuni casi raggiungono i 10 °C. Durante questo periodo è più facile sentire i vocalizzi di cui è capace questo geco, ma la motivazione non è comunque ancora chiara. Le uova vengono deposte in luoghi difficilmente accessibili come crepe nei muri, tra le pietre o sotto le cortecce e spesso le femmine depongono gruppi di uova nello stesso luogo. È curiosa anche la propensione a conservare un ricordo del luogo di deposizione e di ritornarvi ogni anno. Per questo è possibile rinvenire delle grosse "zone di deposizione" con diverse decine di uova l'una accanto all'altra, vicino ai resti di quelle degli anni precedenti. L'incubazione durerà circa 60-80 giorni e le schiuse avverranno dalla fine di luglio agli inizi di ottobre. La media di uova deposte per ogni esemplare è di circa 4-6, e la maggioranza delle femmine (l'80% circa) si riproduce ogni anno. I giovani appena nati, lunghi appena 16 mm, crescono in un primo momento piuttosto rapidamente, per poi subire un notevole rallentamento durante il riposo invernale. Dopo la prima muta, che viene frequentemente mangiata, il piccolo inizierà a nutrirsi di piccoli invertebrati notturni. A un'età di due anni circa viene raggiunta la taglia adulta. Si tratta di una specie piuttosto longeva, che ha raggiunto in cattività gli otto anni senza alcuna difficoltà

Conservazione

La specie è attualmente l'unica tra le 41 specie di gechi presenti nel bacino del Mediterraneo a essere considerata "vulnerabile" dallo IUCN (1996) e inclusa nella direttiva Habitat 92/43/CEE del 1992. Gli eventi che potrebbero risultare pericolosi per la specie sono le opere di edilizia e soprattutto di ristrutturazione dei vecchi ruderi nei quali vive, si riproduce e sverna. Per questo è importante ricordare che i gechi, così come altri rettili, sono importanti tasselli dell'ecosistema di cui noi stessi siamo parte e contribuiscono a limitare gli insetti dannosi all'uomo e alle colture, fornendoci un servizio utile e gratuito, se si lascia loro il giusto spazio per vivere

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