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Il dilemma dell'altruismo

Se per noi esseri umani l'altruismo è un modo di essere che coinvolge l'etica e la filosofia di vita, dal punto di vista biologico è considerato "un comportamento che avvantaggia un altro individuo, procurando svantaggio a chi lo esprime". Ma quali sono le specie animali che possono agire per il bene del prossimo, comportandosi in modi apparentemente in contraddizione con le basi della teoria dell'evoluzione?

  • Alessandra Fassio
  • Gennaio 2022
  • Martedì, 15 Febbraio 2022
Asilo dei camosci  | © Angelina Iannarelli Asilo dei camosci | © Angelina Iannarelli

Il MUSE di Trento ospita fino al 3 aprile 2022 la mostra video-fotografica dal titolo "Il dilemma dell'altruismo. A cosa serve l'altruismo in natura?" che ci aiuta a capire meglio alcuni comportamenti del mondo animale. In particolare, ci aiuta a rispondere alla domanda: "Gli animali sono collaborativialtruisti?

Ne abbiamo parlato con i due curatori e ideatori della mostra, Daniela Gentile, wildlife biologist e esperta di conservazione della fauna selvatica e Gabriele Raimondi, documentarista e professionista nel campo delle produzioni video. Ecco cosa ci hanno raccontato. 

Perchè la mostra si intitola "Il dilemma dell'altruismo"?

L'altruismo nel mondo animale è stato per molto tempo, ed è tutt'ora, un tema centrale nello studio della biologia evolutiva e rappresenta uno degli aspetti più affascinanti e misteriosi del comportamento animale. Il dilemma di fronte al quale si sono trovati molti scienziati ha la radice nel fatto che un atto altruistico è un atto che comporta enormi sacrifici per l'individuo che lo compie. Nelle forme più estreme di altruismo, ad esempio, l'individuo altruista rinuncia alla propria riproduzione per aiutare la riproduzione altrui o addirittura perde la propria vita per difendere quella di altri individui.

La domanda che ci si pone è: se i comportamenti altruistici hanno una base di tipo genetico, e se i portatori di questi comportamenti muoiono o non si riproducono, come fanno a trasmettere i loro geni alla generazione successiva? Come fa l'altruismo ad evolvere? Darwin stesso si arrovellò molto su questo punto, che rischiava di minare le basi della sua nascente teoria. Nell'Origine dell'Uomo scriveva infatti: "Colui che è pronto a sacrificare la propria vita, piuttosto che tradire i propri compagni, potrebbe spesso non lasciare discendenti che ereditino la sua nobile natura." La sfida quindi consiste nel riuscire a inquadrare i fenomeni di altruismo all'interno della teoria della selezione naturale. L'approccio multidisciplinare e multifattoriale della moderna biologia evoluzionistica ha fatto in gran parte luce su questo dilemma, anche se molti aspetti rimangono ancora misteriosi.

Come nasce l'idea della mostra?

La voglia di trasferire questa fascinazione ad un pubblico più ampio e di stupirlo con comportamenti enigmatici, curiosi e rari sono i motivi principali che ci hanno spinto a ideare una mostra su questo tema. L'obiettivo è quello di illustrare i comportamenti altruistici inquadrandoli nella cornice della teoria dell'evoluzione. La mostra in realtà allarga la prospettiva anche ad altre dinamiche riscontrabili fra gli animali come la cooperazione e la reciprocità, che sono di più facile interpretazione, cioè che possono essere più facilmente spiegate dalla teoria della selezione individuale. Un'interpretazione superficiale e spesso strumentale dell'opera di Darwin ha imposto la lotta e la competizione come principali motori dell'evoluzione, sia nella natura che nella società umane. Tuttavia la natura mette in atto innumerevoli sistemi solidali e cooperativi, che lo stesso Darwin riconosceva, e che hanno giocato un ruolo determinante in tutta l'evoluzione biologica. L'obiettivo della mostra è quindi anche quello di chiarire che competizione e cooperazione sono entrambi potenti motori evolutivi.

 

Tra le sezioni dell'esposizione si parla di "empatia bestiale": che cosa s'intende?

L'empatia è un fenomeno emotivo e cognitivo che può venirci in aiuto per spiegare alcuni comportamenti altruistici e cooperativi particolarmente complessi ed enigmatici, come quelli che osserviamo nella nostra specie. Per spiegare l'empatia dobbiamo però considerare un altro fenomeno evolutivo: quello dell'exaptation. L'exaptation è un meccanismo per cui un certo tratto, che si è evoluto per una certa funzione e sotto certe pressioni selettive, viene riadattato e riutilizzato per altre funzioni. L'esempio più classico è quello che riguarda l'uso delle piume, inizialmente evolutesi per migliorare la termoregolazione, ma la cui struttura si rivelò poi particolarmente efficace per il volo. Questo meccanismo non riguarda solo strutture o organi, ma può interessare anche i tratti comportamentali, come l'altruismo biologico o la cooperazione. Questi comportamenti in alcune specie potrebbero quindi essere stati alla base dello sviluppo di capacità emotive molto più complesse, come l'empatia cognitiva, una capacità che ci permette di metterci nella prospettiva altrui e di agire in modo da alleviarne le sofferenze o le difficoltà. Per ora questa capacità sembra limitata alla specie umana ma interessanti spunti di riflessione ci vengono anche dal mondo animale.

Parte dell'interesse e delle controversie e che suscita questo argomento è legato al fatto che porta con sé implicazioni di tipo etico e filosofico. Nella nostra specie, ad esempio, i concetti di altruismo e solidarietà sono stati addirittura elevati a norme morali, norme che spesso estendiamo non solo alla nostra famiglia o al nostro gruppo sociale, ma anche a tutta la specie umana, fino ad altre specie.

A questo proposito sono due gli errori in cui non dobbiamo assolutamente incorrere raccontando questo tema. Il primo è l'antropomorfismo: cioè attribuire agli animali intenzioni, emozioni e sensazioni che sono proprie della specie umana, ovvero interpretare i loro comportamenti come faremmo con i nostri. L'altro, di segno opposto ma ugualmente pericoloso che l'etologo De Waal chiama antropodiniego, consiste invece nel rinnegare ogni tipo di continuità emotiva tra gli altri animali e l'uomo. In questo caso il rischio è che, per il troppo scrupolo di cadere nell'antropormorfismo, evitiamo di interrogarci su fenomeni emotivi negli animali che invece sarebbe legittimo investigare da un punto di vista scientifico oppure ci limitiamo ad interpretarli in maniera eccessivamente riduzionista. Compito della scienza è stare in equilibrio tra antroporfismo e antropodiniego. Rimanere vigile e critica, ma lontana dai pregiudizi. E soprattutto aperta e curiosa.

Delle immagini che immortalano momenti straordinari del mondo animale, qual è la vostra preferita?

Gli esempi che più ci hanno più colpito sono sicuramente quelli più enigmatici. Tra questi c'è il caso di un delfino con la colonna vertebrale malformata che è stato accolto in un gruppo di capodogli. Questa osservazione è stata veramente eccezionale sia per la natura particolarmente intensa delle interazioni osservate nel branco, sia per il fatto che molto raramente i capodogli formano associazioni con altre specie. I ricercatori che hanno documentato e seguito questa "strana amicizia" si sono molto interrogati sulla sua possibile spiegazione e hanno vagliato tutte quelle ipotesi che generalmente sono alla base delle associazioni tra specie diverse, come ad esempio l'opportunismo alimentare o la maggiore difesa dai predatori. Ma, per un motivo per un altro, nessuna di queste sembrava offrire una spiegazione solida e soddisfacente di questo caso. La risposta per ora non c'è, ma i ricercatori credono che debba essere cercata nella natura profondamente sociale dei cetacei e nelle loro notevoli abilità cognitive. Caratteristiche che potrebbero trascinare con sé, come altra faccia della stessa medaglia, semplicemente il piacere nello stare insieme e nel socializzare con forme di vita diverse.

Esistono esempi di cooperazione anche tra specie diverse?

In natura esistono molti esempi di interazioni non competitive e non aggressive tra membri di specie diverse. Nella loro forma più estrema queste relazioni si manifestano nelle simbiosi obbligate, cioè quando due specie sono strettamente interdipendenti tra loro e la vita degli individui coinvolti è indissolubilmente legata a quella degli altri. D'altra parte possono limitarsi alla reciproca tolleranza o anche all'opportunismo. Tra questi due estremi c'è una vasta gamma di relazioni cosiddette mutualistiche, in cui le specie traggono reciprocamente vantaggio e in cui le interazioni possono manifestarsi con varie e sorprendenti forme di collaborazione. Nella mostra abbiamo raccolto alcuni esempi particolarmente affascinanti. È il caso della caccia comune tra murene e le cernie, che si basa su forme di comunicazione complesse, come quando la murena, una volta individuata la preda, ne indica il nascondiglio alla cernia per poter sferrare insieme l'agguato. Oppure l'alleanza tra ghiozzi e gamberi per cui, mentre il ghiozzo fa la guardia, il gambero libera dalla sabbia la tana che condividono.

L'altruismo si può misurare con formule matematiche?

Due scienziati hanno a provato a spiegare il fenomeno dell'altruismo servendosi della matematica. Il primo fu William D. Hamilton che, con una semplice formula, mise in relazione i costi di un atto altruistico con il grado di parentela che intercorre tra l'individuo altruista e il beneficiario del suo atto. In questo modo formalizzò uno dei modi in cui l'altruismo può evolvere: la selezione di parentela. In base a questa teoria, un individuo può decidere di aiutarne un altro, anche a costo della propria vita, perché con quell'individuo è strettamente imparentato. In questo modo, anche se sacrifica se stesso, può salvare un numero sufficiente di copie dei propri geni, che sono contenuti nei suoi parenti stretti. Fu però George Price che, con un'elegante equazione presentata su Nature nel 1970, riuscì a tenere insieme tutti i fattori che concorrono all'evoluzione dell'altruismo. Non solo la selezione di parentela dunque, ma anche la selezione di gruppo, che spiega i comportamenti altruistici al di fuori della famiglia. Con questa equazione George Price ha contribuito a porre fine a una fase in cui selezione di parentela e selezione di gruppo erano viste come due teorie contrastanti, invece che due spiegazioni diverse e ugualmente valide dello stesso fenomeno evolutivo, e che possono integrarsi tra loro.

Sulla mostra

La mostra di Trento è arricchita da una serie di interviste di approfondimento, che permettono di leggere l'altruismo e l'empatia da  diversi punti di vista. Tra i realizzatori della mostra vi sono Gaia Cairo, disegnatrice che ha realizzato le illustrazioni originali che introducono ogni sezione della mostra e gli ospiti delle video interviste, Telmo Pievani, evoluzionista e filosofo della scienza dell'Università di Padova, Giorgio Vallortigara - neuroscienziato del CIMEC, Università di Trento e Elisa Demuru - etologa ricercatrice presso l'Università di Lione - Saint Etienne (FR).

 

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