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S.O.S. istrice nell'Astigiano

Evento eccezionale nelle vicinanze della Riserva naturale del Paludo, gestita dal Parco Paleontologico Astigiano. Una delle fototrappole posizionate tra il fitto degli alberi ha ripreso per alcuni minuti due esemplari di istrice intenti a perlustrare il sottobosco nel pieno della notte: una bella sorpresa per l'attività di monitoraggio faunistico in corso. 

  • Alessandria Fassio
  • Venerdì, 30 Aprile 2021
Foto Pixabay Foto Pixabay

E' successo tutto lo scorso 12 aprile, quando il personale del Parco Paleontologo Astigiano è stato allertato da una telefonata che segnalava la presenza di un istrice ferito

(camera-2112207 960 720 in un campo accanto alla strada che conduce a Mongardino (At) a pochissimi metri dalla Aree Naturali della Piana del Tanaro. Il tecnico del parco ha raggiunto il fondovalle dove ha trovato l'animale e ha tempestivamente avvisato gli esperti dell'ambulanza veterinaria che, non senza difficoltà, in quanto l'istrice drizzava gli aculei per difendersi, sono riusciti a recuperarlo.

Il roditore presentava una ferita nel costato ma respirava e reagiva. Dopo esser stato messo in sicurezza è stato trasportato al Centro Recupero Fauna Selvatica Lipu di Tigliole dove verrà curato, tenuto sotto controllo e speriamo presto reintrodotto in natura. 


Un nuovo abitante per la Piana del Tanaro?

La Riserva naturale del Paludo e dei Rivi di Moasca fa parte delle nuove aree protette della Piana del Tanaro in provincia di Asti ed è nata il 21 marzo 2019 (L.R. n°11/2019) insieme alla Riserva Naturale degli Stagni di Belangero, la Riserva Naturale delle Rocche di Antignano e la Riserva Naturale del Rio Bragna.

La Riserva ha lo scopo di tutelare un'area acquitrinosa e paludosa poco conosciuta a livello locale, ma molto ricca di bodiversità nel bel mezzo di monocolture a vigneto e noccioleto che, come tutte le piccole zone umide italiane, svolge un ruolo di primo piano nelle complessive strategie per frenare la perdita di biodiversità .

La porzione più interessante e monitorata della località è collocata tra il Laghetto Sant'Agnese, specchio d'acqua artificiale di proprietà di un'associazione di pescatori, e alcuni canneti naturali di cannuccia di palude (Phragmites australis).

È da notare che l'area protetta confina con l'area di eccellenza paesaggistica, denominata Core Zone 3 (Moscato/S. Stefano Belbo – Canelli), inserita nel progetto di candidatura a patrimonio UNESCO dei "Paesaggi vitivinicoli di Langhe e Monferrato".

Le caratteristiche dell'habitat e le numerose specie ornitiche rilevate attraverso stazioni di inanellamento, caratterizzano l'area come unica nel panorama ambientale e paesaggistico del sud astigiano. La tipologia delle specie rilevate e le numerose ricatture, che si protraggono nel tempo, ne testimoniano l'importanza per garantirne la sopravvivenza sempre più minacciata dalla pressione antropica, dall'agricoltura intensiva e dai cambiamenti climatici.

L'alto valore di biodiversità dell'area

A confermare la ricca biodiversità che contraddistingue i Rivi di Moasca dopo i tassi, i caprioli, i daini, le volpi e le faine, ripresi in più occasioni, è il turno dell'istrice.

Le attività di foto-trappolaggio, coordinate dai guardiaparco, si avvalgono della collaborazione di volontari, e monitorano le zone anche nelle immediate vicinanze dell'area protetta.

L'istrice non è mai stato segnalato in passato in questo territorio. Oggi, gli esperti confermano che nelle regioni dell'Italia nordorientale questo roditore risulta in espansione, nonostante le barriere ecologiche quali i grandi fiumi rappresentino degli ostacoli.

L'area protetta potrebbe dunque rappresentare un rifugio favorevole anche per l'insediamento dell'istrice. Il bosco e le piccole aree umide della zona si presentano infatti particolarmente adatti alla sua presenza. Le indagini di fototrappolaggio proseguiranno nei prossimi mesi per verificare se quella registrata nei giorni scorsi rappresenta una presenza stabile all'interno della Riserva, ed eventualmente per stimare il numero di individui presenti.

L'istrice è un animale notturno dall'aspetto simpatico e anche il carattere molto introverso. Benché sia un mammifero pacifico, questo animale ha un comportamento davvero particolare per difendersi dai nemici, ma con i suoi simili instaura legami che durano per tutta la vita. Conosciuto come istrice o porcospino è di piccole dimensioni la cui lunghezza media va dai 60 agli 80 centimetri (più la coda) per un peso che in genere non supera i 30 kg. Ha orecchie e occhi molto piccoli ed è attrezzato di baffi (vibrisse) estremamente sensibili che l'animale usa per orientarsi, cercare il cibo e avvertire il pericolo.

 

Qual è il suo habitat e di che cosa si nutre?

Gli istrici o porcospini (Hystrix cristata) a differenza dei ricci che sono carnivori, sono mammiferi vegetariani che si nutrono di frutta, erba, rametti e germogli. Vanno matti per uva, patate e mais di cui a volte fanno grosse scorpacciate sottraendoli dai campi. Sono animali che si difendono con particolari strategie solo quando vengono attaccati, insomma, animali schivi ma pacifici. In questi casi, infatti, scuotono la coda e gli aculei per sembrare più grossi, battono i piedi per terra e soffiano come i gatti! Se si arriva al combattimento con un altro animale le loro spine possono conficcarsi nella pelle dell'avversario, ma non sono velenose e quindi non possono essere mortali. Tuttavia possono causare ferite anche serie. Insomma, se non stuzzicati, gli istrici non nuociono a nessuno e soprattutto non sono aggressivi o territoriali: hanno solo bisogno di essere lasciati in pace. 

L'istrice in Piemonte

L'istrice, di origine mediterranea e sub-sahariana, ha un areale in espansione e si pensa che dall'Italia centrale sia risalito lungo il crinale appenninico e dopo averlo superato ha iniziato a colonizzare anche le zone idonee piemontesi e lombarde. Infatti è stata segnalata la presenza in due aree collinari del torinese nel 2014. Questi dati espandono di oltre 70 km verso nord-est l'areale della specie in Piemonte. Inoltre la specie è stata osservata a partire dal 2003 in provincia di Alessandria, in seguito a una probabile espansione dell'areale della specie a partire dalla Liguria (Silvano, 2004; Sindaco, 2006; Sindaco & Seglie, 2009; Silvano, 2010). A partire dal 2011 è stato segnalato anche in provincia di Asti a Mombaruzzo (Mori et al., 2013) e di Cuneo (Dutto et al., 2014); il sito più a nord riportato in letteratura per il Piemonte è localizzato nei pressi di Castellar (Cn).

La presenza in Piemonte è stata accertata in seguito al reperimento di aculei, di un esemplare investito e successivamente soggetto a necrofagia da parte di fauna selvatica e da un avvistamento da parte di cacciatori.

Introdotto dall'uomo o in espansione naturale?

Data la netta disgiunzione dall'areale noto, è ipotizzabile che questi individui abbiano un'origine antropocora, che siano cioè stati introdotti dall'uomo o accidentalmente fuggiti da cattività. Per contro, trattandosi di una specie in espansione e difficilmente osservabile, non si può escludere che abbia naturalmente raggiunto l'area in questione.

La progressiva urbanizzazione e il conseguente abbandono dell'uso tradizionale del suolo in collina e in pianura sono le cause che, probabilmente, hanno favorito lo sviluppo di questa specie attraverso boschi e campi incolti. Anche se questi mammiferi hanno limitate capacità di spostamento e le località segnalate risultano troppo lontane dall'areale peninsulare e dalle aree di sconfinamento è ipotizzabile che si tratti comunque di una popolazione in espansione naturale. I segni della sua presenza sono inequivocabili, la specie ha abitudini notturne, solitaria e particolarmente elusiva e di conseguenza non si può escludere la conquista naturale dell'area né la presenza nei territori intermedi tra le località già note in provincia di Asti e altre località segnalate in provincia di Cuneo. Sebbene l'International Union for Conservation of Nature (IUCN) classifichi la specie come "a minor preoccupazione" una conoscenza dettagliata della sua distribuzione è raccomandata in quanto specie di interesse non solo conservazionistico, ma anche gestionale: nell'areale storico della specie sono lamentati danni a diverse colture agricole; inoltre in Italia, a parte il lupo che potrebbe interagire con l'istrice nella fascia della media collina, non sono noti predatori autoctoni della specie allo stadio adulto.

A partire dalla fine degli anni '70, l'istrice è stato posto sotto protezione legale sia dalla normativa nazionale (Legge 968/1977 e successiva L. 157/1992), sia da quella comunitaria (Direttiva Habitat All. IV e Convenzione di Berna All. II).

Naturalmente, il ritorno naturale dell'istrice nell'Astigiano sarebbe auspicabile, dopo la presenza di tante specie aliene a cui ormai purtroppo non facciamo più caso, ma che hanno inferto un duro colpo alle specie autoctone e ai nostri habitat naturali (pensiamo a: nutria, siluro, gambero rosso della Luisiana, cimice, ailanto, acero negundo, scoiattolo grigio, ecc...). 

 

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