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Lampreda di mare, una vita in risalita

Sono tra i primi vertebrati comparsi sulla Terra (500 milioni di anni fa), prima ancora dei dinosauri, e la loro vita frenetica e complessa è immutata da allora. Oggi però con gli sbarramenti sui fiumi, l'inquinamento, l'alterazione del regime idrologico e la pesca illegale questi antichissimi animali sono a rischio.

  • Claudia Fachinetti
  • Febbraio 2021
  • Martedì, 9 Febbraio 2021
Esemplare di ammocete  | Foto L.Ciuffardi Esemplare di ammocete | Foto L.Ciuffardi

 

La lampreda di mare - Petromyzon marinus, appartiene alla classe degli Agnati (che significa privi di mascella) antichi vertebrati acquatici che possiamo considerare veri e propri "fossili viventi". Guai a chiamarli pesci perché, a parte il legame con l'acqua, queste creature sono davvero uniche a cominciare dal loro apparato boccale costituito da sei piastre munite di robusti denti cornei che servono all'adulto per ancorarsi ai pesci marini di cui sono parassiti. Le larve, o ammoceti, invece hanno la bocca a ferro di cavallo, priva di denti, e vivono infossate nel letto dei fiumi filtrando microrganismi animali e vegetali. Una volta adulti – possono raggiungere il metro di lunghezza – in autunno, migrano in mare (specie anadroma) dove vivono, appunto, da parassiti. Per sopportare gli sbalzi di salinità le lamprede hanno cellule specializzate sulla superficie delle branchie, capaci di regolare il passaggio degli ioni.

Nascono nei fiumi e qui tornano a riprodursi

Le vittime delle lamprede di mare adulte sono pesci di taglia media, tra cui specie "migratrici" come trote e salmoni a altri prettamente marini come merluzzi, sgombri e aringhe, ma anche animali più grandi come delfini e squali, ai quali provocano ulcere nella pelle per succhiarne il sangue la cui fuoriuscita è facilitata dalla produzione di sostanze anticoagulanti. Dopo circa quattro-sette anni trascorsi soprattutto in mare aperto, anche oltre i 500 metri di profondità (ci sono ritrovamenti oltre i 4000 m.!), le lamprede sono pronte e riprodursi ma per farlo devono risalire i corsi d'acqua e raggiungere i siti idonei alla riproduzione (siti di frega) posti nel tratto medio dei fiumi, dove il fondale ghiaioso è adatto alla deposizione delle uova. In questo periodo gli animali cessano di alimentarsi e il loro intestino si atrofizza. La bocca viene utilizzata esclusivamente come strumento per facilitare la risalita lungo il fiume, attaccandosi alle pietre (il latino lampetra significa "lecca pietre") e, a destinazione, per "costruire i nidi". Una volta deposte le uova le lamprede muoiono.

Maschi o femmine?

Gli ammoceti hanno genere indifferenziato fino all'anno d'età quando si sviluppano le gonadi. Un recente studio dell'US Geological Survey condotto in Nord America, dove la lampreda di mare sta creando problemi alla pesca nei Grandi Laghi, facendo diminuire gli stock ittici, ha dimostrato che esiste una correlazione fra disponibilità alimentari e determinazione del sesso nelle larve. Nei luoghi con minori risorse trofiche lo sviluppo larvale è più lento e, dai controlli effettuati, ciò determinerebbe un maggior numero di maschi. Per contro, nelle aree con abbondanza di risorse trofiche lo sviluppo è più rapido e questo favorirebbe maggiormente lo sviluppo di femmine (più grandi e quindi più uova). Secondo gli scienziati questa scoperta potrebbe essere importante sia per diminuire il numero di questi parassiti dove sono in eccesso, sia per poterne incrementare il numero laddove, come in Europa, sono in pericolo di estinzione.

In Italia sono a rischio

La lampreda di mare era diffusa fino agli anni Sessanta in tutto il territorio italiano ma è via via scomparsa a causa della distruzione del suo habitat, della pesca e dell'inquinamento, fino a essere considerata virtualmente estinta, con soli pochi e isolati esemplari rinvenuti alla foce di alcuni fiumi. In particolare, la costruzione di dighe e sbarramenti lungo i corsi d'acqua, con la riduzione della portata idrica ha impedito alla lampreda di mare di svolgere il suo ciclo vitale e migrare dal fiume al mare e viceversa.

Ma alla fine del 2004, in occasione di recuperi di fauna ittica mediante elettropesca in un canale contiguo al Fiume Magra, in Liguria, furono rinvenuti 112 esemplari di questa specie tra cui 33 ammoceti. Il bacino Magra-Vara risultava, quindi, l'unico sito certo, in Italia, per la riproduzione della lampreda di mare, considerato un'importante indicatrice dello stato di salute dei fiumi. Questo significativo risultato diede il via a una seri di successivi monitoraggi e interventi volti a valutare la reale diffusione della specie e a predisporre azioni di tutela e incremento. Tra questi il progetto Life P.A.R.C. "Petromyzon and river continuity" che ha coinvolto la Regione Liguria, l'Università di Genova, Il Parco naturale regionale di Montemarcello Magra-Vara e altre istituzioni locali. Nel corso di tre anni di attività, il progetto ha portato miglioramento degli habitat fluviali, con la creazione di otto "passaggi per pesci", presso i sette sbarramenti trasversali valutati "non superabili" e che limitavano i movimenti delle lamprede. Complessivamente è stata ripristinata la continuità fluviale ed ecologica di circa 50 km di corso d'acqua. Questo risultato ha portato all'incremento dei siti di riproduzione per la lampreda di mare nonché benefici anche ad altre specie ittiche come la cheppia e la lampreda di fiume (Lampetra fluviatilis), specie che si credeva completamente estinta nel territorio. Entrambe le specie sono tutelate anche dalla Convenzione di Berna.

Tutte in pericolo

Sebbene in America settentrionale la lampreda di mare sia considerata addirittura in sovrannumero, in Italia, secondo la IUCN, questa specie resta "in pericolo critico di estinzione" perché l'alterazione dell'habitat è significativa e sarebbero necessari numerosi interventi di naturalizzazione come quelli sui Fiumi Magra e Vara. Anche le altre tre specie italiane, la lampreda di fiume, quella di ruscello o minore Lampetra planeri (lampreda minore) e la Lethenteron zanandreai (lampreda padana) sono considerate rare e a grave rischio. In Piemonte la lampreda è chiamata col nome comune di lampreiùn o lampré, nel caso della lampreda padana che una volta rappresentava un ingrediente tipico del fritto misto alla piemontese.

 

 

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