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Il rospo con gli occhi da vipera

Sebbene abbia occhi con pupilla da vipera, la strenezza del Pelobate fosco insubrico non risiede tanto nella sua morfologia, né nel fatto che se spaventato emani un forte odore di aglio, ma nel suo comportamento: è infatti difficilissimo vederlo e dunque monitorare la sua presenza. 

  • Alessandra Pucci
  • Maggio 2020
  • Mercoledì, 13 Maggio 2020
Pelobate fosco  | Christian Fischer / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) Pelobate fosco | Christian Fischer / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)

Di animali misteriosi la Natura ne ha creati tanti, ma alcuni meritano davvero una menzione speciale: è questo il caso del nostro protagonista, una specie di rospo, tecnicamente un Anfibio anuro, chiamato Pelobate fosco insubrico.
Non si tratta di un rospo comune, come quelli che di tanto in tanto, in primavera, troviamo schiacciati dalle auto sulle strade, tecnicamente detti Bufo bufo. Stiamo parlando di un rospo diverso, più piccolo e dalla forma tondeggiante, con una colorazione molto variabile, tendenzialmente bruna sul dorso e chiara sull'addome, con grandi macchie olivastre, zampe posteriori forti e dotate di robusti speroni e, caso unico tra gli Anfibi italiani, pupilla verticale - "come le vipere", starete pensando.

Quello strano odore di aglio

La vera stranezza, però, non risiede tanto nella sua morfologia, né nel fatto che se spaventato emani un forte odore di aglio, cosa peraltro già piuttosto curiosa per un animale, ma nel suo comportamento: il nostro rospo speciale è infatti quasi un fantasma. Passa praticamente tutta la sua esistenza interrato nel suolo, a decine di centimetri di profondità, tecnicamente è un animale fossorio; durante la maggior parte dell'anno esce in superficie solo di notte quindi gli umani, tolti alcuni impallinati, tecnicamente detti erpetologi, non lo incontrano mai. Così capita che, durante una conferenza organizzata in uno dei siti di presenza accertata, per illustrare le misure di conservazione della specie, salti su un uditore e dica "Ma guardate che qui quest'animale non c'è. Noi non l'abbiamo mai visto!". E invece c'è e viene costantemente monitorato perché si tratta di una specie rara, presente solo nella Pianura Padana, tecnicamente una specie endemica. Proprio per questo motivo è inserita negli allegati della Direttiva Habitat fra le specie a protezione rigorosa e i siti che la ospitano sono in genere identificati come siti Rete Natura 2000, tecnicamente la rete ecologica europea.

Mal d'amore per venire allo scoperto

Alla fine di marzo il nostro protagonista inizia a sentire la primavera, o forse il mal d'amore, e, complici le prime piogge, viene allo scoperto, anche durante le ore diurne, per raggiungere i siti di riproduzione. I luoghi preferiti per gli accoppiamenti sono gli stagni ad uso irriguo, le risaie, i maceratoi in cui una volta veniva annegata la canapa, i canali di drenaggio dei coltivi, tecnicamente i corpi d'acqua temporanei di origine antropica. Qui i maschi e le femmine si radunano e si trasformano in animali acquatici, immergendosi sul fondo e iniziando, entrambi, a cantare, così da potersi facilmente individuare anche nell'acqua torbida. Ennesima bizzarria: i canti dei Pelobati, a differenza di quelli delle rane e delle raganelle che tessono la colonna sonora delle nostre serate primaverili, non sono udibili perché vengono emessi sott'acqua. Per ascoltarli bisogna procurarsi un idrofono!

Formata la coppia, il maschio si posiziona dietro la femmina, stringendole l'addome con le zampe anteriori, compiendo tecnicamente un amplesso inguinale. Man mano che la femmina depone le uova, piccole sfere di colore nero organizzate in più file all'interno di un cordone gelatinoso, il maschio le feconda, eseguendo tecnicamente una fecondazione esterna. La femmina si occupa di ancorare i cordoni fecondati alla vegetazione acquatica o al substrato in modo che non vengano trascinati via dalla corrente. Lo sviluppo dell'uovo in girino, tecnicamente l'embriogenesi, dura dai 5 agli 11 giorni, a seconda della temperatura dell'acqua. Le piccole virgole nere dei girini, prevalentemente erbivore e detritivore, crescono fino a raggiungere 12-13 cm di lunghezza, stabilendo il record di grandezza di tutti gli Anfibi europei. Nel giro di circa 90 giorni, il girino si trasforma in un giovane immaturo, tecnicamente completa la metamorfosi, e riconquista l'ambiente terrestre andando a cercare un luogo in cui nascondersi fino alla primavera successiva.

Il monitoraggio dei volontari 

Anche quest'anno, incuranti delle difficoltà che il genere umano si trovava ad affrontare a causa del Coronavirus, i Pelobati si sono accoppiati: di certo lo hanno fatto nei siti Rete Natura 2000 "Stagni di Poirino – Favari", "Laghi di Ivrea" e "Scarmagno – Torre Canavese (Morena destra)" gestiti dalla Città metropolitana di Torino, dove ad osservarli, monitorarli, contarli, in una parola proteggerli, c'erano i volontari del WWF – Associazione Cascina Bellezza e dell'Associazione Erpetologica Italiana, operativi nonostante le complicazioni generate dal rispetto delle normative imposte dall'emergenza sanitaria.

L'intervento dei volontari, in particolare a Poirino e a Burolo, risulta indispensabile per garantire che l'acqua permanga nei siti di riproduzione da marzo a fine giugno cioè per il periodo necessario a completare tutte le fasi acquatiche del ciclo biologico del Pelobate. Negli ultimi anni la stagione delle piogge ha dato segni di aritmia preoccupante, nonostante le certezze di Trump: una specie rara, endemica e dalla biologia tanto complessa come il Pelobate non può permettersi di saltare una, due stagioni riproduttive, rischia di giocarsi l'estinzione. Il supporto dell'uomo si rivela dunque prezioso strumento di conservazione, così come i finanziamenti del Programma di sviluppo rurale che, negli anni scorsi, hanno consentito di realizzare nuove zone umide idonee alla riproduzione, impianti di adduzione idrica di emergenza, sistemi di regolazione dei livelli idraulici, contenimento di alcune specie esotiche invasive, come il gambero della Louisiana, vorace predatore di uova e girini.

L'attenzione degli Enti che si occupano d conservazione della biodiversità è sempre alta sulla specie Pelobate: lo testimonia il progetto "Insubricus", elaborato da una partnership fra Città metropolitana di Torino ed Enti parco piemontesi e lombardi e candidato a finanziamento nell'ambito del programma Life Nature. In attesa di sapere se il progetto sarà approvato e finanziato dalla Commissione Europea, sfruttiamo le tante occasioni di riflessione che la pandemia ci offre per scegliere che tipo di relazione vogliamo instaurare con la Natura, augurandoci che: "In questa primavera l'Europa cambierà, la gente è più sincera, la pace arriverà" (cit. Pino Daniele).

 

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