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Stambecchi di oggi e stambecchi di ieri

Il ritorno delle stambecco sulle nostre Alpi è anche uno dei più simbolici ritorni delle Aree Protette regionali. Questo nostro rapido aggiornamento ha in verità preso spunto da una 'particolare intervista', raccolta dal sottoscritto e dal collega - allora guardiaparco - Elio Giuliano, il 21 luglio 2004 al Colle delle Vallette, 2450 m, Comune di Villarfocchiardo, Parco naturale Orsiera Rocciavré.
Fu pubblicata anche su Piemonte Parchi, n. 147: se volete, potete leggerla anche nel nostro archivio

  • Luca Giunti
  • Marzo 2020
  • Venerdì, 28 Febbraio 2020
Lo stambecco Gian e il guardiaparco Elio Giuliano | Foto L. Giunti Lo stambecco Gian e il guardiaparco Elio Giuliano | Foto L. Giunti

Gli stambecchi (Capra ibex) sono stati reintrodotti in molte aree delle Alpi, spesso protette come Parchi, Riserve, SIC, ZPS e ZSC, prelevandoli dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, unica zona dove non sono stati sterminati dalla caccia. Al contrario del lupo - il cui ritorno è dovuto a dispersione naturale – si tratta quindi di una diffusione artificiale. Curiosamente, il predatore per eccellenza e il simbolo delle alte vette alpine hanno sfiorato insieme l'estinzione, toccando una striminzita "quota 100" esemplari tra '800 e '900. Oggi entrambi sono in ripresa, grazie soprattutto alla migliorata sensibilità per l'ambiente e gli ecosistemi, che fa ben sperare per il futuro, nonostante tutto.

Dopo una decade (1995 – 2005 circa) dedicata alle reintroduzioni, oggi lo stambecco è oggetto di studi internazionali volti a capirne gli spostamenti naturali, il patrimonio genetico e le migliori azioni di conservazione.

Monitoraggio e gestione dello Stambecco alpino dal Lago di Ginevra al Mediterraneo: il progetto LEMED IBEX

Il progetto LEMED IBEX 2017-2020 si prefigge di migliorare la conservazione dello stambecco sulla dorsale alpina tra Italia e Francia, attraverso una gestione internazionale condivisa che comprende protocolli di monitoraggio comuni, analisi genetiche e sanitarie, individuazione dei corridoi ecologici idonei a garantire il contatto delle varie sottopopolazioni. Sono previste azioni di sensibilizzazione degli operatori locali, per mediare tra le esigenze di conservazione e quelle di utilizzo del territorio. Prende il nome "LEMED" dall'unione del toponimo "Lemano" del Lago di Ginevra e del Mar Mediterraneo verso il quale si affacciano le Alpi Marittime e il Massiccio del Mercantour, entrambi parchi partner del progetto e a questo si aggiunge il nome latino dello stambecco alpino: (Capra) IBEX.

Gli obiettivi del progetto si articolano in 3 gruppi omogenei di attività identificati dalla sigla WP (work packages): WP 2, Comunicazione e sensibilizzazione; WP 3, Stato delle popolazioni e strategie di conservazione; WP 4, Corridoi ecologici e conoscenze utili alla gestione.
La prima azione prevede informazione rivolte a turisti e studenti, allevatori e rifugisti, guide e accompagnatori, amministratori e giornalisti. La comunicazione avviene mediante filmati, programmi didattici per le scuole, conferenze, convegni e siti web.
La seconda individua gli elementi di pericolo per la conservazione degli stambecchi, valutando i rischi sanitari e la variabilità genetica, fattori che - insieme al disturbo antropico degli animali e dei loro habitat - possono influire negativamente sulla resistenza delle varie popolazioni. Infatti alcune di esse, in particolare quelle reintrodotte a partire da pochi individui, hanno tassi di crescita bassi con patologie e livelli di mortalità più alti rispetto ad altre. Le analisi vengono condotte su campioni biologici prelevati mediante tecniche poco invasive.
L'ultima serie di azioni identifica i potenziali corridoi ecologici utilizzati dagli stambecchi e ne garantisce la tutela, per favorire lo scambio genetico tra le sub-popolazioni e la ricolonizzazione dei territori maggiormente vocati. Per stabilire le interconnessioni tra le varie popolazioni, circa 90 individui sono stati dotati di collare con localizzatore GPS per seguirne gli spostamenti sull'arco alpino transfrontaliero. Con i dati spaziali acquisiti verrà redatta una cartografia aggiornata della distribuzione e degli ambiti territoriali più adatti per la mobilità e gli insediamenti dello stambecco.

Incontro con Gian, vecchio stambecco dell'Orsiera

Signor Gian, per cominciare una breve presentazione...

Ehm, sono nato in val di Rhemes, diciassette anni fa. Quando avevo tre anni il mio branco, guidato da una mia zia anziana, ha trascorso l'estate in Piemonte. In inverno loro sono tornati in val d'Aosta mentre io mi sono aggregato ai gruppi della valle Orco. Lì sono cresciuto, ho imparato a combattere a cornate e mi sono accoppiato due volte. Ero pronto alla terza stagione degli amori, quando siete arrivati voi...

Ci parli di questa "operazione"...

Ehm, io posso solo dire che nel 1995, sopra Chiapili, pascolavo tranquillo quando ho sentito su un fianco una forte puntura, che mi ricordo ancora adesso. Mi è venuta una grande stanchezza e mi sono addormentato. Quando mi sono svegliato sotto gli zoccoli non ho più sentito il solido gneiss grigio del Gran Paradiso, ma queste verdi rocce rotte che voi chiamate calcescisti. I compagni che ho trovato qui mi hanno spiegato che mi trovavo ormai in un altro Parco – l'Orsiera Rocciavré – e che altri stambecchi avevano subito la mia stessa sorte. Sembra che in tempi remoti fossimo ben presenti anche su queste montagne, ma la caccia ha sterminato tutta la mia specie, e altre come orsi e lupi.

E' per questo che il Parco del Gran Paradiso, dopo aver salvato i propri stambecchi dall'estinzione, ha deciso di usarli per ripopolare le altre montagne.
Già. Voi umani fate sempre così: prima combinate disastri e poi cercate i rimedi, tanto chi ci va di mezzo sono sempre gli animali. Così in anni diversi avete catturato e liberato dodici stambecchi. Qualcuno è già morto, uno era malato e l'avete abbattuto, ma molti hanno creato un bel branco, e si sono rinsaldati, dopo aver gironzolato per varie montagne. I primi tempi anch'io ho viaggiato un bel po'. Sono andato per cresta fino al Pintas, e poi tra Orsiera, Villano e Rocciavré mi sono stabilito qua, intorno al Pian Reale. Prima ancora, avete portato molti miei cugini in Val Troncea e sulle creste intorno al Rocciamelone, tra Valli di Lanzo e Val Susa.

E lei come si trova in questo ambiente?

A dir la verità, all'inizio non ero felice per niente. Intanto il collare che mi avete messo: è largo, ma dà fastidio lo stesso. Gli orecchini, poi: per fortuna sono riuscito a romperli e dopo pochi anni non li avevo più. All'ambiente dopo un po' mi sono abituato. Le montagne ad esempio sono più basse, e cade meno neve - anche se qualche nuovo arrivato ci racconta che anche in Val d'Aosta sta diminuendo: sarà ancora una volta colpa vostra?
Poi l'erba ha un gusto diverso, non cattivo, ma più secca che al Granpa. Saranno i minerali differenti. E poi ero avvezzo a incontrare molta gente per tutta l'estate, e qualcuno d'inverno, mentre qui – a parte pastori e guardiaparco – in estate passeranno si e no trenta persone, e d'inverno zero! Anche il mio branco era molto più numeroso, ma ci abbiamo dato dentro, e oramai siamo una trentina. Qualcuno è perfino arrivato per conto suo: ricordate Roby e Tronchetto, giunti dal Queyras per due estati consecutive?

Perché l'hanno chiamata Gian?

Ehm, dovreste spiegarmelo voi. Io so che noi ci riconosciamo dall'odore, e in tutta la natura soltanto voi, homini sapientes, avete bisogno di attribuire nomi a cose a animali. Sarà una maniera per affermarvi, per dimostrare a voi stessi di possedere in qualche misura il mondo - avete letto Fromm? - o forse una brutta copia della Genesi: ma lì a dare i nomi era Dio, mica voi. Comunque vi siete sbizzarriti: qui ci avete chiamato prima con i nomi delle vostre montagne, poi con quelli dei dipendenti. A me è toccato in sorte quello di un guardiaparco che poi è diventato il più alto in grado (oggi in pensione,. NdR). Un po' come me che ora sono, per anzianità, il capobranco: almeno gli ho portato fortuna!

Lei è dunque il più anziano. Come si sente?

Ehm, dica pure il più vecchio. Ho il pelo più bianco della vostra barba. Però guardate che stanghe. Fino a tre o quattro anni fa ne ero fiero, e non perdevo occasione per usarle contro gli altri maschi. Oggi ormai non mi servono ad altro che a grattarmi la schiena. Per il resto non mi posso lamentare. I giovani mi rispettano e mi lasciano tranquillo. Soltanto i nuovi nati ogni tanto esagerano con i salti, e mi disturbano, ma del resto sono così spontanei... Lo sapete che molti sono miei nipoti?

Come passa le giornate?

E come volete che le passi? Ho 15 anni suonati! Mi muovo poco, passo molto tempo su questa cengia riparata e fresca. L'erba è abbondante, anche se sempre più secca. Rumino, e penso. Certo mi piacerebbe rivedere il Granpa, ma non credo che ce la farò. Un viaggio così... Mi accontento di guardare Malanotte, Cristalliera e Pian Paris, e spero di passare il prossimo inverno. Altrimenti, pazienza: ritroverete le mie corna per i vostri musei.

Permette che facciamo una foto?

Ehm, va bene. Non sarà la prima, ma le altre volte ero più giovane. Fate alla svelta però. Vorrei riposare.

Arrivederci. Gian: chissà se ci vedremo ancora.
Io resterò sempre qui. Non so voi due.

Curiosità per chi ci legge: le foto pubblicate sono state scansionate da diapositive: nel 2004 non esisteva (ancora!) la fotografia digitale. 

Per saperne di più

Pragelato - Storie di Stambecchi in Piemonte - Convegno del 20 ottobre 2017
www.pngp.it/conservazione-e-ricerca/lemed-ibex 

it.marittimemercantour.eu/progetti/progetto-alcotra-lemed-ibex 
www.ecrins-parcnational.fr/actualite/lemed-ibex-programme-europeen-bouquetin-alpes-0 

 

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