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Appennino piemontese, sulle tracce del gatto selvatico europeo

Presente nel Torinese fino ai primi decenni del XX Secolo e nell'area pedemontana delle Alpi Liguri e Marittime fino al momento in cui fu tutelato, oggi questa specie potrebbe essere sulla via del ritorno. 

  • Patrizia Gavagnin *
  • Gennaio 2019
  • Martedì, 29 Gennaio 2019
Di Aconcagua (talk) - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7377328 Di Aconcagua (talk) - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7377328

L'areale nord-occidentale è uno degli areali descritti in l'Italia per il gatto selvatico europeo, uno dei due felidi della fauna italiana. Aree distributive: il Piemonte e la Liguria occidentali. Gli esemplari individuati nelle collezioni, confermano la presenza nel Torinese fino ai primi decenni del secolo XX e la permanenza nell'area pedemontana delle Alpi Liguri e Marittime fino almeno al conseguimento della sua tutela legale.

Gli ultimi ritrovamenti

Dopo il conseguimento della tutela legale, per lungo tempo non sono stati riscontrati esemplari e segni che potessero accreditarne la presenza del gatto selvatico, tanto da indurre a ritenere estinto l'areale. Nell'anno 2017 due ritrovamenti fortunati hanno mutato il quadro: due esemplari significativi un maschio adulto di circa 2-3 anni e una femmina adulta gravida con due feti di circa 40 giorni, entrambi con una decisa eredità selvatica. L'esemplare maschio proviene da una località delle Alpi Liguri imperiesi sul confine con la Francia, in un'area già nota per segnalazioni storiche. La femmina è stata rinvenuta nell'Appennino Piemontese tra le province di Alessandria e Genova, in un'area che era ritenuta esterna all'areale descritto in precedenza. Il ritrovamento di questi due esemplari in carne ha consentito attente valutazioni e l'esecuzione delle analisi genetiche e, dopo un lungo periodo di assenza di dati, diventa possibile ritenere ancora attuale l'areale occidentale.

Una specie poco conosciuta

Occorre prima di tutto infrangere la cortina di oblìo sulla specie selvatica calata al Nord Ovest con il conseguimento della tutela legale e il divieto di caccia derivanti dalla Legge n. 968/77. Il gatto selvatico era fino a quel momento cacciabile e il prelievo si esercitava principalmente per la commercializzazione della pelle. Si trattava di una caccia particolare, eseguita principalmente mediante l'uso di trappole e appostamento, anche se non sono da escludere catture nel corso della caccia in braccata: si trattava in gran parte di attività condotte da cacciatori specializzati su quella caccia, fattore che ha contribuito a favorire la perdita di informazioni sul carnivoro una volta che queste catture sono diventate illegali. Il gatto selvatico europeo è animale scarsamente conosciuto e molto spesso si verifica che venga considerato "selvatico" un qualsiasi gatto individuato nell'ambiente naturale lontano dall'abitato.

L'esperienza condotta nell'areale orientale suggerisce l'utilità di creare occasioni informative diffuse, nelle aree vicine alle zone di espansione e non, allo scopo di descrivere la specie, illustrare le caratteristiche principali utili a una prima identificazione e conseguire notizie e segnalazioni da approfondire.
A seguito di questi eventi è sempre risultato un incremento di notizie da sottoporre a verifica. La determinazione del gatto selvatico europeo è basata sull'individuazione delle caratteristiche diagnostiche del mantello e sui valori morfometrici che si possono conseguire esaminando un'esemplare rinvenuto morto o valutando attentamente gli scatti ottenuti da una fototrappola. Nelle aree di espansione si verifica in maggiore misura la suscettibilità al traffico stradale a cui la specie è particolarmente soggetta e si riscontrano più facilmente esemplari investiti, diventa pertanto importante poterli riconoscere creando una rete di informazione e un sistema di allerta per non rischiare di perdere dati preziosi. Trovare un esemplare in carne consente di effettuare le analisi genetiche per confermare il quadro di attribuzione e ampliare il data-base degli esemplari. La carta vincente è descrivere il carnivoro e promuovere eventi formativi e informativi che possano consentire, estendendone la conoscenza, di individuare nuovi dati di presenza.

* Patrizia Gavagnin è biologa della fauna

 

 

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