Sarebbe davvero un peccato perdersela, la mostra 'Bestiale! Animal film star' esposta nei fantasmagorici spazi del Museo del Cinema di Torino, aperta al pubblico fino al prossimo 8 gennaio 2018.
Da sempre gli animali fanno parte dell'immaginario cinematografico e l'esposizione della Mole Antonelliana celebra gli animali diventati icone del grande schermo: dai memorabili Rin Tin Tin, famoso come il cane che salvò (economicamente) la Warner Bros, e Lassie, fino alla nuova ondata di protagonisti a quattro zampe che hanno caratterizzato la produzione contemporanea; dall'asino Balthazar del film di Bresson allo squalo di Spielberg, ricordando tutti quegli animali che sono stati fonti di ispirazione per storie con protagonisti cavalli, scimmie, orche, leoni, delfini, canguri, pappagalli, maiali, mucche. Animali-attori entrati nell'immaginario collettivo, icone di film e considerati divi, nelle stesse logiche dello star system, al punto che la cagnetta Lassie - nel film Torna a casa Lassie (1943) interpretata in bianco e nero dal longevo Collie maschio di nome Pal - identificò per molto tempo con il suo nome l'intera razza Collie. O al punto che per Uggie, il Jack Russel Terrier noto soprattutto per la sua performance in The Artist, si scatenò una campagna affinché gli Academy Adwards e i Bafta lo includessero nelle nomination degli oscar al pari degli attori umani e grazie alla quale calcò effettivamente il celebre palco dell'Academy nella notte degli Oscar da vero protagonista del film che nel 2012 vinse cinque statuette.
Una mostra 'bestiale'
Il percorso espositivo della mostra è articolato in dieci sezioni tematiche che - raccontando allo spettatore un universo dove fotografie, manifesti, storyboard, costumi di scena, memorabilia e animatronics - dialogano con le sequenze dei film assemblati in montaggi speciali, ma è la rampa che percorre la Mole in altezza a riportare la nostra memoria su film e animali difficili da dimenticare.
Due i temi principali che accompagnano la costante e trasversale presenza degli animali nella storia del cinema: l'animale inteso come stella del cinema e il ruolo dell'animale-attore. Qual è la relazione tra icona popolare e animale in carne e ossa? Ed esiste una 'recitazione animale', soprattutto oggi che animatronics ed effetti speciali digitali spingono gli animali a sembrare sempre più esseri umani? Queste le domande che i cinefili si pongono, ancora oggi.
Fin dagli esordi, il cinema ha tentato di umanizzare gli animali, trasformandoli in attori antropomorfi - cioè attribuendo loro caratteristiche e qualità umane - oppure ha attribuito loro un significato metaforico. Ma umanizzare le bestie significa anche portare l'uomo a ridere di se stesso. Così si spiega l'inaspettato successo di Francis, il mulo parlante - in realtà una mula, Molly - che debuttò nel 1950. Non è il primo animale che parla nel cinema, ma è il primo che denota un'intelligenza superiore a quella umana, in grado di fare dell'ironia sui nostri comportamenti.
Quel maialino che cambiò la cinematografia
L'antropomorfizzazione è continuata sul grande schermo fino agli Anni '90, momento in cui l'intento si è spinto oltre: ovvero rappresentare sul grande schermo animali che ragionano e pensano. È il caso di Babe, la più importante star tra gli animali da fattoria del grande schermo, interpretato da ben 48 maialine femmine. È da qui che partita una nuova concezione dell'animale nel cinema, supportata e rafforzata dalle elaborazioni fatte al computer e dalle animatronics.
Babe fu il primo caso di una resa così realistica del labiale e dell'espressività del maialino pastore tanto da suscitare simpatia nei confronti di tutte le scrofe che non vogliono più essere mangiate. Il successo del film creò un'occasione che gli animalisti cavalcheranno negli Stati Uniti e che li portò a denunciare il maltrattamento subito dai suini negli allevamenti intensivi.
Il maialino coraggioso è anche un esempio di animale, star del cinema e beniamino del grande pubblico, che ha cambiato il tipo di relazione tra esseri umani e non. Storia che si è ripetuta con Keiko, l'orca che interpretò Free Willy - Un amico da salvare e che suo malgrado riconquistò una libertà dagli acquari non voluta e che in mare aperto trovò la morte.
Quando gli animali sono amici
In 'Bestiale! Animal film star' trovano posto anche storie a lieto fine, come quella della leonessa Elsa, star del film tratto dal libro di Joy Adamson (1960) e della successiva serie televisiva Nata libera, in cui una leonessa adottata da cucciola riesce a ritornare, libera, in natura. Correvano gli Anni Sessanta, particolarmente sensibili alla tutela della fauna e della natura selvaggia; anni in cui non a caso nasce, in Svizzera, il World Wilflife Fund, oggi noto come WWF.
Spesso gli animali nel cinema - il cane, soprattutto - sono stati rappresentati come grandi amici dell'uomo: pensiamo ad Hachiko, cane davvero esistito in Giappone che dopo la morte improvvisa del suo padrone si è recato per dieci anni ad aspettarlo alla stazione dove era solito prendere il treno e dove oggi campeggia la sua statua celebrativa costruita nel 1935. Non sono comunque mancate neppure rappresentazioni più complicate, della relazione uomo-animale, dando spazio a storie anche fortemente conflittuali.
Un filone diverso nella rappresentazione dell'animale comincia negli anni Sessanta, dove il regista gli attribuisce un valore simbolico per rappresentare lati oscuri della relazione dell'uomo con il mondo che lo circonda: pensiamo Bresson, con il film Au hazard Balthazar, oppure al gabbiano di Jonathan Livingston.
Andrà poi ad affermarsi, soprattutto negli anni Ottanta, una prospettiva nuova, dove al centro della storia c'è il punto di vista dell'animale: succede nei film L'orso di Jean-Jacques Annaud ma anche in Gorilla nella nebbia di Dian Fossey. Negli ultimi trent'anni, lo sviluppo delle tecnologie di ripresa e di computer grafica hanno avvicinato l'uomo a simulare percezioni proprie degli animali e ce ne siamo ben accorti se abbiamo visto il Popolo migratore, oppure La marcia dei pinguini, o ancora La vita negli oceani.
Animali e cinema, oltre il valore simbolico
L'animale nel cinema è stato spesso un simbolo, al di sopra di ogni umana comprensione, basti pensare a Moby Dick la più famosa balena bianca, catalizzatrice di un sentimento di paura ma anche di rivincita impersonate dal torvo Gregory Peck; o ancora alla testa mozzata del cavallo nella memorabile scena del film Il Padrino - parte I dove una vittima della mafia aveva osato dire no a un'offerta che, invece, non avrebbe dovuto rifiutare.
La mostra porta poi lo spettatore a riflettere sulla licantropia, uno dei temi preferiti del cinema horror, con personaggi al limite tra fantascienza e paura, in cui animali e uomini si mescolano e si confondo fino ad arrivare agli animali nemici dell'uomo.
Indimenticabile il film Uccelli di Hitckock, o di nuovo lo Squalo di Spielberg, o tutti quei gatti - soprattutto neri - presi in prestito dai racconti di Edgar Allan Poe. È però da notare che, spesso, la cattiveria degli animali è la conseguenza di un comportamento umano scorretto, che di solito vuole usare l'animale, o meglio sfruttarlo, per esperimenti scientifici o addirittura qualcosa di peggio.
Tra le sezioni del percorso espositivo ne troviamo una dedicata agli animali da compagnia delle star di Hollywood; un'altra dedicata ai giochi (da tavolo o meno) che hanno per protagonisti gli attori-animali e un'altra ancora che descrive l'impiego degli animali nel cinema erotico. L'ultima sezione è un'approfondita riflessione sugli abusi subiti dagli animali sul set: abusi su cui vigilano, e da tempo, Enpa e LAV in Italia e - a livello internazionale - l'American Humane Association.
Una mostra per tutti
Per godersi gli oltre 440 pezzi in mostra, sapientemente curata da Davide Ferrario e Donata Pesenti Campagnoni, con la collaborazione di Tamara Sillo e Nicoletta Pacini - sono a disposizione del pubblico anche informazioni ad accesso facilitato. In un apposito totem all'inizio del percorso, si possono prendere in consultazione le schede della mostra ad alta leggibilità in diverse lingue, testi facilitati in italiano e inglese, mappe concettuali per DSA, testo in Braille per non vedenti. Lungo il percorso espositivo sono presenti etichette braille sul corrimano e QR codes/NFC per attivare i contenuti audio-video con interprete LIS (Lingua Italiana dei Segni) e sottotitoli in italiano.
Comunque, appena entrati nella Mole, nell'area Caffè Torino, si trovano tre modelli visivo tattili di animali - attori di successo. Una di questi è Cita: ma voi, ve la ricordate?