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Cane salva lupo

"Avvelenare è un atto vigliacco. È una questione morale prima ancora che legale. Chi dissemina bocconi avvelenati pensa di colpire "solo" chi gli dà fastidio (il lupo, il cane del vicino che abbaia troppo, i gatti randagi che sporcano), ma in realtà commette un gesto di odio verso tutti e tutto: animali, persone, ambiente. Colpisce crudelmente i padroni degli animali domestici che si imbattono nelle esche, senza curarsi del dolore che provocherà loro la perdita di un cane o di un gatto."

  • Toni Farina
  • Dicembre 2015
  • Martedì, 1 Dicembre 2015
La squadra cinofila Foto Toni Farina La squadra cinofila Foto Toni Farina

Quanto sopara è estratto da un comunicato dell'Ente di Gestione delle Aree protette delle Alpi Cozie, partner di progetto LIFE WOLFALPS.
Il comunicato è stato redatto in occasione di un episodio di avvelenamento accaduto nell'inverno 2015 in bassa Val di Susa. Coinvolti un pastore maremmano e un border collie, vittime di polpette avvelenate lungo la strada che da Mompantero conduce a La Riposa, località di partenza per la salita al Rocciamelone.

Nel comunicato si afferma ancora:
"Il danno ambientale causato dalle esche avvelenate è enorme. Il veleno provoca infatti la morte a catena di moltissimi animali selvatici come lupi, volpi, faine, tassi, rapaci notturni e diurni, uccisi direttamente dal veleno o dal consumo della carcassa avvelenata di un animale intossicato. Senza contare un rischio poco noto, ma gravissimo: la disseminazione sul terreno di sostanze velenose inquina il suolo e le acque con il rischio che i principi tossici entrino nella catena alimentare tramite assorbimento e vengano ingeriti dalle persone con conseguenze neurologiche devastanti".

Un danno per gli ecosistemi naturali e per le persone

Ogni anno in Italia migliaia di animali muoiono dopo aver ingerito bocconi avvelenati. Il numero preciso è difficile da stimare perché la stragrande maggioranza delle carcasse non viene ritrovata. Il veleno non sceglie le sue vittime, uccide a tradimento animali selvatici rari e protetti come lupi e grandi rapaci, ma anche volpi, tassi e decine di mammiferi e uccelli di piccola taglia.
Il veleno entra nella catena alimentare e non risparmia gli animali domestici: il bilancio dei cani e dei gatti che ogni anno i veterinari non arrivano a salvare dalle esche avvelenate è un vero bollettino di guerra. Uccide gli animali, altera le catene alimentari, può contaminare i corsi d'acqua:
Il danno agli ecosistemi si somma al rischio, non così remoto, di ingestione e intossicazione per le persone:

"Una delle vittime ha toccato l'esca con le mani. Un po' più tardi, senza pensarci, si è acceso una sigaretta: tanto è bastato a ucciderlo".
È accaduto in Andalusia. A raccontarlo è Raúl Martín Molina, addestratore cinofilo professionale specializzato nel contrasto all'uso dei veleni.
"La diffusione dei bocconi avvelenati è un problema di salute pubblica, di sicurezza del territorio". Si tratta di veri e propri atteggiamenti criminosi che potrebbero indurre un sindaco a interdire l'allevamento e al turismo un'intera zona", afferma Mauro Fissore, responsabile del Settore Vigilanza del Parco del Marguareis.

Una pratica scellerata. E tollerata ...

Per contenere il fenomeno il Ministero della Salute ha emanato l'ordinanza "Norme sul divieto di utilizzo o di detenzione di esche o di bocconi avvelenati", entrata in vigore nel 2009. Il provvedimento non è però bastato a porre un argine e l'utilizzo di esche avvelenate è proseguito: colpevolmente tollerato in ambito rurale e alpino.
Le motivazioni di un avvelenatore sono varie: dai motivi più futili, come disfarsi una volta per tutte del fastidioso cane o gatto dei vicini, troppo rumoroso o intraprendente, a tentativi illegali quanto inutili del mondo zootecnico e venatorio di risolvere il conflitto con i predatori. Si va dalla concorrenza fra cercatori di tartufo alle dispute (ai danni del cani!) fra cercatori di tartufi e cacciatori per l'utilizzo dei territori. O, ancora, alla lotta al randagismo "fai da te" a un uso troppo disinvolto dei topicidi. Per non dire di veri e propri atti di puro sadismo. E se un tempo l'impiego dei veleni era socialmente accettato (ignari dell'impatto delle sostanza tossiche sull'ambiente), oggi l'avvelenamento non è più tollerabile.
Il veleno non è mai la soluzione. Nei casi in cui un animale, selvatico o domestico, costituisca un danno o una minaccia, sono altre le direzioni da percorrere, altre le soluzioni, e nessuna prevede l'uso di sostanze tossiche!

Conoscere, conoscere, conoscere

Per valutare meglio l'entità e la distribuzione del fenomeno, il progetto europeo LIFE WOLFALPS ha realizzato la prima "Indagine sul bracconaggio e sull'avvelenamento di lupi e altri animali selvatici sulle Alpi". L'indagine è stata effettuata integrando le informazioni raccolte dai differenti enti che si occupano di registrare i dati. La notevole quantità di dati acquisiti da vari enti è tuttavia soltanto la punta di un iceberg, la stima minima di un fenomeno la cui proporzione e gravità sono davvero impressionanti.
Il rapporto costituisce comunque un punto di partenza importante. Dai dati emergono le zone maggiormente interessate, i mezzi e le sostanze tossiche più diffusi.

Un po' di storia: LIFE Antidoto, LIFE Pluto, LIFE WolfAlps

La tradizione delle squadre cinofile arriva da lontano: dall'Andalusia, dove all'inizio degli anni 2000 un impiego massiccio del veleno aveva portato sulla soglia dell'estinzione molte specie di rapaci. Con l'attuazione di Life Antidoto, primo progetto europeo in materia, è divenuta operativa nel dicembre del 2004 la prima unità cinofila specializzata. I risultati sono stati davvero lusinghieri ed è partendo da questo successo che, tre anni più tardi, il progetto "Antidoto" ha esportato anche in Italia le competenze delle unità cinofile spagnole.
È così nata in Abruzzo, nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, una prima squadra. LIFE Antidoto è poi proseguito con LIFE Pluto, "simpatico" nome disneyano del progetto che porterà alla formazione di 6 unità cinofile antiveleno del Corpo Forestale dello Stato operative in Appennino.
Sodale di LIFE Pluto sulle Alpi è il citato progetto LIFE WolfAlps.
I sei cani del progetto alpino arrivano dalla penisola iberica, dall'allevamento di Raúl Martín Molina, addestratore cinofilo professionale. Sotto la sua guida, cani e conduttori si sono incontrati per la prima volta a novembre 2014, per iniziare un percorso di formazione coordinato dal Corpo Forestale dello Stato.
Per cinque giorni Raùl ha istruito i conduttori sui fondamenti teorici dell'addestramento e ha fatto pratica insieme a loro a Entracque, nel Parco naturale delle Alpi Marittime, beneficiario coordinatore del progetto LIFE.
Il nucleo ha raggiunto la piena operatività nella primavera del 2015. Adesso In Piemonte lavorano il labrador Nala, insieme a un operatore del Parco naturale del Marguareis, l'epagneul breton Luna con un operatore dei Parchi naturali delle Alpi Cozie e i pastori belga malinois Kira e Puma, in squadra con due agenti del Corpo Forestale dello Stato.
Fondamentale per il buon funzionamento della squadra "uomo-cane" è l'addestramento, che vale per entrambi e non si improvvisa. Il lavoro è continuo: terminata la prima fase con operatori specializzati si prosegue con esercitazioni di routine periodiche, utili per mantenere l'allenamento e, allo stesso tempo per consolidare il legame. Un elemento fondamentale: prima ancora dell'addestramento conta il rapporto fra l'operatore e il suo animale. Fiducia e rispetto reciproci, senza non esiste squadra.

Un po' di cronaca

Il primo "caso" importante capitato alle squadre cinofile piemontesi si è verificato nell'inverno 2015 in bassa Val di Susa. Era il tardo pomeriggio di sabato 14 marzo quando un pastore maremmano e un border collie sono rimasti vittima di polpette avvelenate lungo la strada che da Mompantero conduce a La Riposa, punto di partenza per la salita al Rocciamelone e meta di passeggiate per molti escursionisti.
Fondamentale per salvare la vita ai due cani sono stati l'attenzione dei loro padroni, che hanno capito subito che cosa fosse successo ai loro amici a quattro zampe, e il tempestivo intervento del veterinario. Immediatamente è stata attivata la procedura prevista dall'ordinanza del Ministero della Salute: il veterinario dell'ASL competente ha avvisato il Sindaco di Mompantero e gli agenti di zona, i guardiaparco dell'Ente di gestione dei Parchi delle Alpi Cozie, gestore del SIC del Rocciamelone, e gli agenti del Corpo orestale dello Stato del Comando di Bussoleno. Qui sono entrate in gioco le unità cinofile, che hanno permesso il recupero di decine di esche avvelenate in un'area molto ampia nonché la bonifica della zona. Le esche sono state quindi affidate all'Istituto Zooprofilattico di Torino per l'analisi di laboratorio, che ha permesso di individuare con precisione la sostanza tossica usata. Insieme agli altri indizi a disposizione, si confida che le informazioni raccolte grazie alle unità cinofile possano contribuire a individuare il colpevole, che rischia fino a 18 mesi di carcere: l'indagine di polizia giudiziaria è tuttora in corso.

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