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Una sirena in via di estinzione

Il dugongo, tra leggenda e realtà

  • Loredana Matonti
  • ottobre 2015
  • Giovedì, 15 Ottobre 2015
dugongo mentre si immerge-baia di Abu Dabbab, Mar Rosso foto di Loredana Matonti-baia di Abu Dabbab Mar Rosso dugongo mentre si immerge-baia di Abu Dabbab, Mar Rosso foto di Loredana Matonti-baia di Abu Dabbab Mar Rosso

"Ho visto tre sirene emergere dall'acqua. Ma non sono così belle come le dipingono, benché in un certo qual modo posso dirvi che hanno forma umana..."

Così' scriveva Cristoforo Cristoforo, nel lontano 1493, nel suo diario di bordo durante uno dei suoi viaggi alla scoperta del Nuovo Mondo verso Hispaniola (l'odierna Haiti).
Assieme ai suoi marinai dovette sorprendersi non poco vedendo fuoriuscire dall'acqua dei buffi esseri, dalle sembianze vagamente umane e con una grande pinna caudale orizzontale. In quel periodo perdipiù, erano diffusissime le leggende riguardo le sirene, mitiche creature metà donna e metà pesce che attiravano i marinai con il loro bellissimo aspetto e con la loro voce ammaliante, per poi ucciderli.
Fortunamente per il nostro esploratore e il suo equipaggio, le creature avvistate non erano mostri terribili, ma probabilmente innocui Mammiferi marini erbivori, che appartengono appunto all'ordine dei Sirenidi, le uniche "sirene" oggi scientificamente conosciute.

Sono quattro le specie attualmente viventi che appartengono a tale all'ordine: il dugongo, il lamantino dei Caraibi, il lamantino africano e il lamantino delle Amazzoni, che vivono in acque dolci e in acque marine, tropicali e subtropicali. Grandi mammiferi mansueti e dolci, tutti sempre più rari e minacciati di estinzione. Come i Cetacei sono perfettamente adattati all'ambiente acquatico, ma devono emergere in superficie per inalare ossigeno.

In particolare il dugongo (Dugongo dugon) ha una struttura tozza e compatta che gli ha fatto guadagnare il popolare soprannome di "mucca di mare". Anche la testa ha una forma insolita, caratterizzata da minuscoli occhi e orecchie e da un grosso paio di spesse labbra, queste ultime caratteristiche possedute solo da questa specie e giustificate dalla sua particolare dieta, che gli conferiscono quella simpatica espressione, quasi "sorridente".

Chissà, forse gli uomini di un tempo videro proprio una femmina di dugongo, che allatta il suo cucciolo con vere mammelle pettorali, sorreggendolo con le pinne, proprio come farebbe una donna col suo neonato! Indubbiamente si tratta di animali mansueti e simpatici ma, ad onor del vero, non si può altrettanto affermare siano anche avvenenti e somiglianti a belle ragazze...Ma forse tali sembravano ai marinai dopo qualche pinta di rhum e molti mesi passati in mare senza vedere una donna. Comunque è singolare la ricorrenza di una descrizione simile delle sirene in culture e paesi molto diversi e lontani fra loro, il che fa aleggiare ancora del mistero sull'interpretazione di tali avvistamenti e sull'affascinate mito.

E' curioso per esempio che dall'Egitto al Kenia, dall'Indonesia al Brasile, il dugongo sia chiamato nelle rispettive lingue locali con un nome che fa esplicito riferimento alla figura femminile. In Indonesia poi, si crede che i dugonghi siano proprio reincarnazioni di donne e considerati spiriti benigni. In Thailandia le lacrime di dugongo erano considerate una potente pozione amorosa, così come in Indonesia; si credeva che mischiate a del profumo avessero il potere di attrarre il sesso opposto, ricordando in questo le credenze sulle sirene ammaliatrici. A Palau, una nazione del Pacifico che si estende su 340 isole, sopravvive la leggenda che i dugonghi una volta erano proprio esseri umani o che giovani donne potessero trasformarsi in questi docili mammiferi.

Alcune culture lo vogliono portatore di sfortuna, mentre altre ritengono la sua presenza di buon augurio. Nelle isole Filippine in passato si utilizzavano le sue ossa per fabbricare amuleti contro gli spiriti maligni. In Cina, al contrario, per secoli il dugongo è stato considerato un animale dai poteri 'miracolosi' e la sua uccisione causa di sfortuna. Così anche nel Borneo malese; i pescatori associano al dugongo credenze superstiziose e non lo cacciano, rimettendolo in libertà se resta impigliato nelle loro reti.

La dieta del dugongo è basata esclusivamente sulle piante marine (della famiglia Potamogetonaceae, anche se non disdegna le Hydrocharitaceae e le Cymodoceaceae), che è solito brucare nelle acque più basse, dove i predatori non si avventurano quasi mai. Proprio l'alimentazione è l'attività cui il dugongo si dedica maggiormente durante la giornata: può arrivare a mangiare ben 30 kg di alghe al giorno! Per farlo adopera le sue muscolose labbra, molto utili per strappare le alghe dal fondale, e le pinne anteriori, che usa quasi come mani per reggere il cibo.
La sua carne pare sia deliziosa e in passato, prima che ne fosse vietata la caccia spietata, era ricercata come piatto d'elite in mense principesche, come anche il grande Giulio Verne racconta nel suo famoso romanzo "Ventimila leghe sotto i mari".
Anche la pelle, molto robusta, era altrettanto quotata e c'è chi, come Eduard Rüppell, un naturalista del XIX secolo, equiparò la parola araba "tucash" (dugongo) con "Tacas" (tenda), deducendo da ciò che anche il Tabernacolo (la dimora trasportabile della presenza divina, che accompagnava gli Israeliti durante le loro peregrinazioni nel deserto e la loro conquista della Terra Promessa) era ricoperto proprio di pelli di dugongo e designò l'animale "Halicore tabernaculi".

E' molto difficile stimare oggi la popolazione superstite: indagine accurate sono state fatte solo in zone limitate e spesso risalgono a molti anni fa. Il dugongo è diffuso solamente nell'Oceano Indiano come in Sri Lanka, all'estremità occidentale di quello Pacifico e in corrispondenza dell'Australia, dell'Indonesia, della Thailandia (in particolare nel mare nelle andamane nell'arcipelago di Trang, spesso avvistato nei pressi dell'isola di koh Libong) e nel Mar Rosso.
La rarità degli avvistamenti, ha spinto importanti organizzazioni mondiali, come il WWF e la IUCN, a dichiarare il dugongo un animale in via d'estinzione e da salvaguardare.
Solo fino a pochi secoli fa era presente anche l'Oceano Atlantico ed il Mar Mediterraneo, zone da cui ora il dugongo è completamente estinto. E ancora oggi, nonostante il divieto di caccia, un altro pericolo incombe su questi pacifici animali: i motori delle barche.
Le gentili creature che hanno ispirato i miti delle sirene rischiano così di diventare a loro volta soltanto una leggenda...

Anche per questo, poter nuotare fianco a fianco con la femmina immortalata in queste immagini, con la sua espressione sorridente e mansueta, è un'esperienza indimenticabile, un'emozione che rapisce l'anima, proprio come farebbe una sirena.

 

Biologia e comportamento
Il più antico resto di dugongo, risalente a 6000 anni fa, si trova in Giappone, nell'arcipelago di Ryu Kyu: le ossa di questo primitivo animale ci hanno rivelato che esso è stato lasciato praticamente invariato dall'evoluzione fino al giorno d'oggi.
Può superare i 3 metri di lunghezza, per un peso compreso tra 400 e 500 kg. La femmina risulta spesso leggermente più lunga e pesante del maschio, ma non abbastanza da poter parlare di dimorfismo sessuale.
Possiede una pinna caudale orizzontale, divisa in due lobi, simile a quella dei cetacei, usata come elemento propulsore a cui si associa un corpo estremamente massiccio provvisto di due ghiandole mammarie toraciche e due pinne pettorali corte, ma molto flessibili e dotate di unghie. Sono usate per portare il cibo alla bocca, per accarezzare gli altri individui e per la locomozione.
La sua pelle è, al pari degli altri sirenidi, usata principalmente come accumulatore di materia grassa, risorsa che torna utile durante l'inverno come protezione termica dalle basse temperature. Essa è inoltre estremamente resistente e dotata di ottime capacità rigenerative.

Animale sociale, spesso vive anche in gruppi composti da tre o quattro individui, in cui può essere presente anche più di un maschio, comportamento questo non riscontrabile che in poche altre specie viventi. La socialità è per questa specie più un mezzo di difesa che un sistema di attacco.
L'accoppiamento è un'operazione molto lunga e lenta, che può durare anche diverse ore. Spesso la scelta del partner avviene secondo un rituale per il quale più maschi si contendono, lottando, la stessa femmina; è stato però documentato anche un comportamento differente, per cui un gran numero di individui maschi si reca in un'unica zona, e le femmine scelgono liberamente con chi accoppiarsi. Durante questo periodo i dugonghi maschi, solitamente non molto territoriali, divengono estremamente aggressivi.
La femmina partorisce un solo cucciolo, che subito provvede ad allattare, adoperando le pinne anteriori come braccia per mantenere il piccolo vicino a sè.

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